Cass. penale, Sez. V, 3 ottobre 2022, n. 37178
In materia di eventi dannosi verificatosi nel corso delle competizioni sportive, fino agli ultimi approdi del giudice di legittimità che, nel mettere in discussione l’esistenza stessa di una causa di giustificazione non codificata nel settore dell’attività sportiva agonistica, ha riconosciuto comunque la necessità di ricorrere, anche in tale settore, ai principi generali in materia di colpa, ponendo una netta distinzione tra l’inosservanza della regola cautelare sportiva e la individuazione di una regola cautelare, rilevante ai fini della responsabilità penale, che connoti di antidoverosità la condotta dell’atleta impegnato nella gara o nella pratica sportiva.
La verifica della causalità della colpa e l’indagine sulla ricorrenza della esigibilità della condotta doverosa e della prevedibilità dell’evento in capo all’agente dannoso risultano ancora più stringenti nello specifico settore delle competizioni sportive ove la disciplina regolamentare è diretta primariamente ad assicurare la regolarità della competizione e ad indicare i criteri in base ai quali il gesto sportivo, pure violento o pericoloso, è ammesso, tenuto conto della natura e delle caratteristiche della gara, ovvero è sanzionabile, quale illecito sportivo.
Invero, le regole del gioco non sono necessariamente regole cautelari dalla cui inosservanza consegua automaticamente, come sostenuto dal ricorrente, un addebito di colpa penale in presenza di eventi dannosi collegati eziologicamente al gesto sportivo, laddove la “violazione di una regola del gioco che sanziona un fallo di gioco non può al contempo dar luogo a colpa penale perchè quelle regole definiscono comportamenti resi leciti dalla accettazione da parte di tutti i partecipanti” e dalla loro inosservanza consegue una sanzione sportiva o disciplinare che assume rilevanza nell’ambito della stessa gara in cui è intervenuta la violazione, mediante l’applicazione di una punizione, una penalità o una squalifica, che potrebbe avere conseguenze anche nelle gare successive.
Si vengono così a delineare due diverse aree, quella sportiva e quella penale, coperte da regole diverse, perchè dirette a gestire “rischi” diversi: quelli sportivi, conosciuti e accettati dagli atleti, i quali in tale ambito sono consapevoli della potenziale lesività di determinate azioni di gioco, quale conseguenza possibile della pratica sportiva svolta; quelli penali, quale conseguenza dannosa di azioni che esorbitano dall’ordinario sviluppo del gioco o della pratica sportiva interessata, aventi cioè un “quid pluris” che le rende perseguibili penalmente in quanto caratterizzate da dolo, allorquando siano volontariamente rivolte a procurare nocumento all’avversario ovvero da colpa” allorquando si travalichi, per colpa appunto, il confine della lealtà sportiva tradendo l’affidamento serbato degli altri partecipanti alla competizione sul rispetto dei limiti della stessa.
In ogni caso ne consegue che la verifica della colpevolezza nei delitti colposi di evento nell’ambito delle competizioni sportive non si esaurisce nell’accertamento della inosservanza da parte dell’atleta ad una specifica prescrizione del regolamento sportivo, ma deve estendersi alla individuazione di una regola cautelare che assuma rilievo ai fini penali, idonea a definire il comportamento doveroso secondo standard di prudenza e di diligenza che non esorbitino dalle regole del gioco e non si pongano in contrasto con il naturale sviluppo della pratica sportiva, confliggendo al contempo con i principi di correttezza e di lealtà che sovraintendono la competizione sportiva, valutazione questa rimessa al giudice di merito, tenuto conto delle peculiarità del caso concreto, che non risulta suscettibile di sindacato da parte del giudice di legittimità se sorretta da motivazione non contraddittoria e non caratterizzata da manifesta illogicità.