La convivenza more uxorio determina, sulla casa di abitazione dove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità; conseguentemente, l’estromissione violenta o clandestina del convivente dall’unità abitativa, compiuta dal partner, giustifica il ricorso alla tutela possessoria nei confronti dell’altro, quand’anche il primo non vanti un diritto di proprietà sull’immobile che, durante la convivenza, sia stato nella disponibilità di entrambi. La tesi secondo cui la relazione di fatto del convivente sarebbe un mero strumento del possesso o della detenzione di altro soggetto, paragonabile a quella dell’ospite o del tollerato, è contraria alla rilevanza giuridica e alla dignità stessa del rapporto di convivenza di fatto, la quale – con il reciproco rispettivo riconoscimento dei diritti del partner, che si viene progressivamente consolidando nel tempo, e con la concreta di una condotta spontaneamente attuata – dà vita anch’essa, ad un autentico consorzio familiare, investito di funzioni promozionali.
7214_Cassazione civile 21 marzo 2013 (661.85 Kb)