Cass. civile, Sez. Un. 5 marzo 2025, n. 5841 – Pres. D’Ascola, Rel. Iannello
Il mutuo è un contratto reale, che si perfeziona con la consegna (traditio) della cosa data a mutuo (res), la quale però, per essere tale, deve essere idonea a consentire il conseguimento della “disponibilità giuridica” della res da parte del mutuatario, per effetto della creazione, da parte del mutuante, di un autonomo titolo di disponibilità, tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio della controparte, a prescindere da ogni successiva manifestazione di volontà del mutuante. L’accredito della somma mutuata sul conto corrente del mutuatario integra la c.d. “disponibilità giuridica” delle somme erogate, anche nel caso di immediata riappropriazione delle somme stesse da parte della banca, e ciò in ciascuna delle seguenti ipotesi:
1) che tale riappropriazione sia stata previamente autorizzata dal mutuatario (che così, appunto, ne dispone confermando di aver previamente conseguito la disponibilità giuridica della somma mutuata);
2) che la riappropriazione sia la naturale conseguenza della ”purgazione” di un saldo passivo di conto corrente, dal momento che la disponibilità “giuridica” delle somme è proprio ciò che ha consentito l’estinzione o la riduzione del precedente saldo debitore, e la riferibilità di quella destinazione solutoria al mutuatario deriva dall’accettazione, al momento della stipula del mutuo, del suo regolamento su conto corrente che il mutuatario, essendone anche l’intestatario, ben sapeva o doveva sapere essere in passivo;
3) che la riappropriazione sia stata compiuta autonomamente e senza autorizzazione della banca mutuante, venendo in tal caso in rilievo una condotta illecita – aggredibile, se del caso, dall’interessato, in sé e per sé, con i rimedi restitutori e/o risarcitori appropriati – che resta, però, pur sempre fatto distinto dal mutuo e dalla erogazione delle somme che lo ha perfezionato attraverso l’accredito e che non può valere a elidere la realtà effettuale del fatto che lo precede, vale a dire l’accredito e la disponibilità giuridica delle somme che con esso si determina.
l “mutuo solutorio” non definisca una figura contrattuale atipica, né· diversa dal contratto tipico di mutuo. Esso ha piuttosto una valenza meramente descrittiva di un particolare utilizzo del mutuo.
Non si tratta di un mutuo di scopo.
Nel m1utuo di scopo una parte si obbliga a fornire le risorse economiche necessarie per il conseguimento dii una finalità legislativamente prevista ad un’altra parte, la quale si impegna non soIo a restituire l’importo ricevuto ma anche a svolgere le attività necessarie per il raggiungimento dello scopo, sicché l’impegno, assunto dal mutuatario si inserisce nel sinallagma contrattuale assumendo rilevanza sotto il profilo causale.
Tutto ciò n1n si verifica nel mutuo solutorio, nel quale l’utilizzo della somma non attiene al momento genetico del contratto di mutuo e non ne caratterizza la causa, ma, quale elemento logicamente successivo, si colloca interamente su di un piano ulteriore e distinto: ciò non sempre né necessariamente in senso cronologico, ma certamente in senso logico e giuridico dal momento che proprio la disponibilità giuridica del le poste attive sul conto corrente corrente l’imputazione giuridica ed economica dei movimenti contabili successivi.
Non è dunque possibile qualificare ili mutuo solutorio come pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché tale spostamento invece vi ,è ed è anzi presupposto dell’operazione: l’accredito in conto corrente delle somme erogate non solo è sufficiente, ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo, ma anzi proprio la possibilità di un loro impiego è condizione :per estinguere il debito già esistente.
Non vi sono, inoltre, ragioni che possano giustificare una aprioristica stigmatizzazione dell’operazione in termini di nullità negoziale.
La destinazione, ancorché immediata, delle somme mutuate ad estinzione di esposizioni pregresse, non presenta di per sé carattere di intrinseca illegittimità – salvo l’accertamento di peculiari condotte delittuose ridondante, sul piano negoziale, in un vizio di nullità essendo anzi essa stessa espressione di un principio di ordine pubblico e risultando peraltro tipizzata dal legislatore per alcune figure di finanziamento (art. 2 L. 8 agosto 1977 n. 546; art. 43 D.L. 18 novembre 1966 n. 976 (convertito dalla L. 23 dicembre 1966, n. 1142); art. 16 r.D.L. 15 aprile 1926, n. 765).
Ciò, certo, non esclude che, in concreto, il c.d. mutuo solutorio possa mascherare un atto in frode ai creditori o un mezzo anomalo di pagamento.
Una tale finalizzazione dell’operazione rileva però sotto il profilo del l’inefficacia (revocatoria ordinaria o fallimentare), non dell’invalidità, non verificandosi alcuna violazione di norme imperative.
In particolare, la stipulazione di un contratto di mutuo con la contestuale concessione d’ipoteca sui beni del mutuatario, ove non risulti destinata a procurare a quest’ultimo un’effettiva disponibilità, essendo egli già debitore in virtù di un rapporto obbligatorio non assistito da garanzia reale, è revocabile, in presenza dei relativi presupposti, in quanto diretta, per un verso, ad estinguere con mezzi anormali la precedente obbligazione e, per altro verso, a costituire una garanzia per il debito preesistente, dovendosi ravvisare il vantaggio conseguito dalla banca non già nella stipulazione del negozio in sé, ma nell’impiego dello stesso come mezzo per la ristrutturazione di un passivo almeno in parte diverso.
Né, ove si tratti di mutuo fondiario, la sua finalizzazione al ripianamento di debiti pregressi può configurare causa di nullità del contratto per mancanza di causa o la sua risoluzione per inadempimento.
Anche per il mutuo fondiario (il quale si caratterizza per la concessione da parte degli istituti di credito di un finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su un bene immobile, con un limite di finanziabilità fissato all’80% del valore degli immobili offerti in garanzia: art. 38 t.u.b.) è pacifica l’opinione – e va qui ribadito – che lo scopo del finanziamento esuli dalla causa del contratto, rappresentata, al contrario, dall’immediata disponibilità di denaro, a fronte della concessione di una garanzia immobiliare ipotecaria, e dall’obbligo di restituzione della somma erogata.
Si esclude, dunque, che il mutuo fondiario sia un mutuo di scopo “poiché nessuna delle norme da cui è regolato impone una specifica destinazione del finanziamento concesso né vincola il mutuatario al conseguimento di una determinata finalità e l’istituto mutuante al controllo dell’utilizzazione della somma erogata, ma si qualifica nella specificità in funzione della possibilità di prestazione, da parte del mutuatario che sia proprietario di immobili rustici o urbani, di garanzia ipotecaria.