Cass. civile, Sez. III, 22 settembre 2023, n. 27151
Nelle fattispecie di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni professionali – si è ulteriormente precisato- è configurabile un evento di danno, consistente nella lesione dell’interesse finale perseguito dal creditore (la vittoria della causa nel contratto concluso con l’avvocato; la guarigione dalla malattia nel contratto concluso con il medico), distinto dalla lesione dell’interesse strumentale di cui all’art. 1174 c.c. (interesse all’esecuzione della prestazione professionale secondo le leges artis), e viene dunque in chiara evidenza la questione del nesso di causalità materiale, che rientra nel tema di prova di spettanza del creditore, mentre il debitore, ove il primo abbia assolto il proprio onere, resta gravato da quello “di dimostrare la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione”.
Va, pertanto, data continuità al principio di diritto in base al quale “ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, è onere del danneggiato provare il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre è onere della parte debitrice provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione; l’onere per la struttura sanitaria di provare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile sorge solo ove il danneggiato abbia provato il nesso di causalità fra la patologia e la condotta dei sanitari.
1. A.A. (odierna ricorrente) convenne dinanzi al Tribunale di Napoli lo studio (Omissis) Srl (odierno controricorrente; di seguito, per brevità: “lo studio polidiagnostico”), per sentirlo dichiarare responsabile, e conseguentemente condannare al risarcimento del danno biologico permanente (35/40%) e dei postumi permanenti, oltre ulteriori danni morali e patrimoniali subiti a seguito della imprudente e negligente condotta professionale della fisioterapista incaricata dallo studio.
2. Al riguardo l’attrice espose: (1) di essere stata sottoposta ad intervento chirurgico di artroprotesi totale di anca non cementata presso l’Ospedale (Omissis); (2) che all’atto delle dimissioni le vennero prescritte dai sanitari dell’Ospedale 30 sedute di fisiokinesiterapia; (3) che allo scopo contattò lo studio Polidiagnostico, il quale dispose che una propria fisioterapista si sarebbe recata presso il suo domicilio per effettuare il ciclo prescritto; (4) che la fisioterapista, nonostante le prescrizioni dei sanitari dell’Ospedale (Omissis) avessero indicato che la posizione ortostatica e la deambulazione dovevano effettuarsi con l’uso di un girello deambulatore, decise di farla camminare senza girello, facendole utilizzare, in sostituzione del girello, una sedia da cucina, che determinava la effettuazione di movimenti abnormi a carico dell’anca, anche perchè essa era del tipo non cementata e impiantata su un osso ospite che, alla sua età, 73 anni, non aveva la resistenza di un osso giovane; (5) che da tale comportamento erano derivate complicanze, nonchè il prolungamento del periodo di invalidità temporanea totale pari a 30 giorni, e del periodo di invalidità temporanea parziale pari a 60 giorni valutato al 50%; (6) che la valutazione del danno biologico permanente era stata quantificata dal CTU medico-legale nella misura del 35/40 %.
3. La struttura sanitaria si costituì chiamando in garanzia la propria compagnia assicuratrice Allianz Spa la quale, costituendosi a propria volta, eccepì l’inoperatività della copertura assicurativa per essersi l’evento verificato prima dell’inizio dell’efficacia temporale della copertura stessa.
4. La causa venne istruita con escussione di testi e CTU medico-legale.
5. Con sentenza n. 4706/2016 il Tribunale di Napoli dichiarò la responsabilità esclusiva dello studio (Omissis) Srl nella produzione dell’evento dannoso, condannandolo al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 42.001,75, oltre agli interessi e spese del grado. Condannò inoltre Allianz a tenere indenne la struttura sanitaria convenuta dal pagamento di tutte le somme di cui la stessa era tenuta a rispondere.
6. Avverso la predetta sentenza lo studio Polidiagnostico propose gravame dinanzi alla Corte d’appello di Napoli chiedendo la riforma della sentenza appellata con rigetto della domanda risarcitoria della A.A. per infondatezza e carenza di prova, e comunque per avere essa agito con negligenza ed imperizia (art. 1227, 1 co., c.c.); in via gradata, di accertare ex art. 1227 c.c. il concorso di colpa dell’A.A. nella misura dell’80% e, accogliendo le conclusioni del proprio CTP, dichiarare il danno biologico dovuto nella misura del 5%; infine, di condannare Allianz a garantirlo, provvedendo al pagamento diretto nei confronti dell’A.A., o comunque condannarla a manlevarlo rispetto a quanto dovesse essere eventualmente riconosciuto a proprio carico.
7. Allianz si costituì nel giudizio di appello, per un verso associandosi ai motivi di impugnazione della sentenza dedotti dallo studio Polidiagnostico, e per l’altro verso proponendo appello incidentale in relazione all’applicazione degli artt. 1899 e 1917 c.c., per le ragioni sopra esposte con riguardo alla inoperatività della copertura assicurativa.
8. Costituendosi a propria volta, la A.A., per quanto rileva in questa sede, eccepì l’inammissibilità dell’appello, chiedendone gradatamente il rigetto.
9. Con sentenza n. 862/2020, depositata in data 24/2/2020, la Corte d’Appello di Napoli ha accolto parzialmente l’appello principale e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la responsabilità concorrente della A.A. nella causazione del fatto dannoso nella misura del 50%, rideterminando di conseguenza di risarcimento dei danni in Euro 21.000,87. Ha inoltre accolto l’appello incidentale di Allianz e, in riforma della sentenza gravata, ha rigettato la domanda di manleva dello studio Polidiagnostico.
10. Avverso la predetta sentenza A.A. propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui lo studio (Omissis) Srl resiste con controricorso.
11. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c. 12. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1 co., n. 3, c.p.c., “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., c. 1.”, ritenendo che la Corte territoriale abbia errato nel dichiarare la propria concorrente responsabilità, ai sensi dell’art. 1227, 1 comma, c.c., per non essersi procurata da sè il girello deambulatore, pervenendo su tale presupposto al riconoscimento del concorso di colpa della ricorrente nella misura del 50%.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1 co., n. 3, c.p.c., “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.”, ritenendo che la Corte territoriale abbia violato i principi materia di riparto dell’onere probatorio, con il motivare che fosse compito della A.A. procurarsi il girello e, di conseguenza, attribuendo alla stessa l’onere di provare di aver noleggiato un deambulatore/girello, mentre avrebbe dovuto attribuire allo studio Polidiagnostico l’onere di provare che la fornitura del girello non costituiva oggetto del contratto.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1 co., nn. 3 e 5, c.p.c., “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1176 e 1218 c.c.”. A detta della ricorrente, incombeva alla struttura sanitaria l’obbligo di accertamento delle proprie condizioni, che risultavano dal certificato di dimissione dell’Ospedale Rizzali, prima di utilizzare la sedia per l’esecuzione della fisiokinesiterapia che ha determinato la rifrattura e il conseguente aggravamento dello stato patologico a carico dell’arto inferiore sinistro.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, assumendo che la Corte territoriale ha omesso l’esame della CTU che ha accertato l’aggravamento dello stato patologico a carico dell’arto inferiore sinistro riportato dalla stessa a causa della fisiokinesiterapia domiciliare eseguita dalla fisioterapista dipendente dello studio Polidiagnostico senza il girello prescritto dai medici dell’Ospedale, ma con una sedia.
5. Il primo, secondo e terzo motivo di ricorso, in quanto logicamente connessi, possono essere trattati congiuntamente.
5.1 Premesso che il primo motivo propone una inammissibile rivalutazione del merito di tutti i fatti di causa, che esula dal sindacato di legittimità, notazione che invero può essere estesa anche al secondo e terzo motivo, va osservato che le censure della ricorrente attengono alla ripartizione dell’onere della prova in materia di responsabilità sanitaria.
5.2 Questa Corte, con orientamento consolidatosi sin dagli ultimi anni dello scorso millennio, e del tutto conforme (sino all’entrata in vigore della L. 24/2017, che ha espressamente qualificato in termini aquiliani la responsabilità del sanitario) ha chiarito che, nell’ipotesi in cui il paziente alleghi di aver subito danni in conseguenza di una attività svolta dal medico (eventualmente, ma non necessariamente, sulla base di un vincolo di dipendenza con la struttura sanitaria) in esecuzione della prestazione che forma oggetto del rapporto obbligatorio tra quest’ultima e il paziente, tanto la responsabilità della struttura quanto quella del medico vanno qualificate in termini di responsabilità contrattuale: la prima, in quanto conseguente all’inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto atipico di spedalità o di assistenza sanitaria, che il debitore (la struttura) deve adempiere personalmente (rispondendone ex art. 1218 c.c.) o mediante il personale sanitario (rispondendone ex art. 1228 c.c.); la seconda, in quanto conseguente alla violazione di un obbligo di comportamento fondato sulla buona fede e funzionale a tutelare l’affidamento sorto in capo al paziente in seguito al contatto sociale avuto con il medico, che diviene quindi direttamente responsabile, ex art. 1218 c.c., della violazione di siffatto obbligo (a partire da Cass., 22/1/1999, n. 589, cfr., tra le tante, Cass., 19/4/2006, n. 9085; Cass., 14/6/2007, n. 13953; Cass. 31/3/2015, n. 6438; Cass. 22/9/2015, n. 18610).
5.3 Ciò premesso, il criterio di riparto dell’onere della prova in siffatte fattispecie non è pertanto quello che governa la responsabilità aquiliana (nell’ambito della quale il danneggiato è onerato della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi dell’illecito ascritto al danneggiante), ma quello che governa la responsabilità contrattuale, in base al quale il creditore che abbia provato la fonte del suo credito ed abbia allegato che esso sia rimasto totalmente o parzialmente insoddisfatto, non è altresì onerato di dimostrare l’inadempimento o l’inesatto adempimento del debitore, spettando a quest’ultimo la prova dell’esatto adempimento (Cass., Sez. Un., 30/10/2001, n. 13533; conformi, ex multis, Cass. 11/2/2021, n. 3587; Cass., 4/1/2019, n. 98; Cass., 20/1/2015, n. 826).
5.4 Nelle fattispecie di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni professionali – si è ulteriormente precisato- è configurabile un evento di danno, consistente nella lesione dell’interesse finale perseguito dal creditore (la vittoria della causa nel contratto concluso con l’avvocato; la guarigione dalla malattia nel contratto concluso con il medico), distinto dalla lesione dell’interesse strumentale di cui all’art. 1174 c.c. (interesse all’esecuzione della prestazione professionale secondo le leges artis), e viene dunque in chiara evidenza la questione del nesso di causalità materiale, che rientra nel tema di prova di spettanza del creditore, mentre il debitore, ove il primo abbia assolto il proprio onere, resta gravato da quello “di dimostrare la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione” (Cass. 18392/2017; Cass., 11/11/2019, n. 28991; Cass., 31/8/2020, n. 18102).
5.5 Va, pertanto, data continuità al principio di diritto in base al quale “ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l’inesatto adempimento della prestazione sanitaria, è onere del danneggiato provare il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre è onere della parte debitrice provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione; l’onere per la struttura sanitaria di provare l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile sorge solo ove il danneggiato abbia provato il nesso di causalità fra la patologia e la condotta dei sanitari” (così Cass., Sez. III, sent. 26/7/2017, n. 18392).
5.6 La Corte territoriale ha correttamente motivato nel senso che, dall’istruttoria svolta, è emerso incontrovertibilmente, come prescritto dal presidio ospedaliero (Omissis) all’atto delle dimissioni, che era compito della A.A. procurarsi il “girello” deambulatore e il rialzo per il water, che la A.A. avrebbe dovuto applicare il supporto detto “rialzo” sul water e che dette prescrizioni non erano state rispettate dalla stessa. Inoltre, l’uso improprio di una sedia per deambulare in luogo dell’apposito girello è stato posto in autonomia dalla stessa A.A.. Sulla base di tali emergenze probatorie la Corte territoriale ha ravvisato un concorso di colpa della danneggiata A.A., che ha ritenuto congruo stimare nella misura del 50% (così da p. 15, 3p., a p. 16, 2 p. della sentenza).
5.7 La sentenza gravata ha pertanto deciso le questioni di diritto in modo conforme ai principi sopra riportati in materia di riparto dell’onere probatorio e di nesso di causalità, e la ricorrente non offre elementi per mutare l’orientamento della stessa, ciò che rende i motivi in esame inammissibili anche ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, c.p.c. 6. Sul quarto motivo. Il quarto motivo è infondato, posto che la sentenza gravata ha tenuto conto delle risultanze della CTU, dandone compiuto conto della motivazione, in particolare rilevando come il mancato utilizzo del girello sia stato imputabile al concorso di colpa della ricorrente.
7. Il ricorso è pertanto inammissibile, per le ragioni sopra esposte.
8. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate con dispositivo in favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.400,00, oltre agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, oltre al rimborso spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente studio (Omissis) Srl Ai sensi dell’art. 13, 1 comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 03 luglio 2023.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2023