A differenza del processo civile – che conosce, com’è noto, tre criteri di attribuzione della competenza –, il processo amministrativo fa riferimento, in generale, a due soli parametri: la competenza territoriale e quella funzionale, entrambi espressamente definiti “inderogabili”, pur residuando un’ulteriore ipotesi di competenza per materia, articolata territorialmente, disciplinata tra le ipotesi di competenza territoriale, inerente alle controversie riguardanti pubblici dipendenti (art. 13, comma 2, c.p.a.), le quali sono attribuite inderogabilmente al TAR nella cui circoscrizione vi è la sede di servizio.
Il rapporto tra i due criteri di competenza territoriale previsti dall’art. 13, comma 1, c.p.a. segue, dunque, una logica di complementarietà e di reciproca integrazione: il criterio principale è quello della sede dell’autorità che ha adottato l’atto impugnato, ma nel caso in cui la potestà pubblicistica spieghi i propri effetti diretti esclusivamente nell’ambito territoriale di un Tribunale periferico, il criterio della sede cede il passo a quello dell’efficacia spaziale.
La ratio sottesa al c.d. criterio dell’efficacia consiste nel radicare la competenza del Tribunale Amministrativo Regionale più vicino al ricorrente, quando gli effetti lesivi dell’atto siano limitati ad un ristretto ambito territoriale nel quale egli si trova, anche se l’autorità emanante, centrale o periferica, abbia sede altrove.
In questo modo si attua il decentramento della competenza territoriale ex art. 125 Cost., secondo una logica di prossimità, che esclude la possibilità, in senso inverso, di riconoscere ipotesi ulteriori di competenza in capo al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, accentrando la competenza territoriale in capo a questo Tribunale al di là delle ipotesi, già numerose, previste dalla legge (art. 13, comma 3, e art. 14 c.p.a.), e in contrasto con l’esigenza, avvertita già dalla relazione di accompagnamento al codice del processo amministrativo, di evitare un eccessivo aggravio per il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
Pertanto, il criterio principale di riparto della competenza per territorio, fondato sulla sede dell’autorità che ha emesso l’atto impugnato, è suscettibile di essere sostituito da quello inerente agli effetti diretti dell’atto qualora detta efficacia si esplichi esclusivamente nel luogo compreso in una diversa circoscrizione di Tribunale amministrativo regionale.
La competenza territoriale è, dunque, determinata in via principale in base alla sede dell’ente che ha emesso l’atto; tale criterio viene integrato (rectius sostituito) da quello ulteriore e speciale correlato all’efficacia del provvedimento amministrativo impugnato e dunque agli effetti diretti dello stesso. In sostanza, il criterio della sede dell’Autorità che ha assunto l’atto impugnato è sostituito da quello dell’efficacia spaziale qualora questa si produca in un solo ambito territoriale.
Ne segue, in primo luogo, che, qualora un atto di un’autorità statale centrale, che ha sede in Roma, esplichi i propri effetti solo nell’ambito di una circoscrizione territoriale ben delimitata e diversa dalla circoscrizione territoriale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, il criterio dell’efficacia opererà, con la devoluzione della controversia al Tribunale “periferico”.
In secondo luogo, e non diversamente dalla prima ipotesi, anche un provvedimento emanato da un’Autorità periferica avente sede nella circoscrizione di un TAR, se esplica i propri effetti in un solo ambito territoriale, radica la competenza in questo ambito territoriale, secondo il sopra citato criterio dell’efficacia spaziale del provvedimento impugnato.
Viceversa, quando l’efficacia spaziale di un provvedimento è circoscritta ad una Regione diversa da quello in cui ha sede l’Autorità emanante, sarà il Tribunale nel cui ambito territoriale si esplicano gli effetti dell’atto ad essere investito della relativa competenza e non il Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’Autorità emanante.
Soltanto per gli atti emanati da un’Autorità periferica aventi efficacia non limitata ad un preciso ambito territoriale (e, dunque, aventi efficacia ultraregionale, intesa come non limitabile alla circoscrizione di una singola Regione) riprenderà vigore il criterio della sede dell’Autorità emanante per individuare il Tribunale competente, al pari degli atti statali non limitabili territorialmente quoad effectum.
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 7 di A.P. del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Sidiki Kanu, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Stradella, 15;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per regolamento di competenza proposto d’ufficio
ai sensi dell’art. 15, comma 5, c.p.a., con l’ordinanza collegiale n. -OMISSIS- del 29 ottobre 2020 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. IV, in ordine alla declaratoria di inammissibilità della domanda di concessione della cittadinanza italiana.
Visto il regolamento di competenza proposto d’ufficio dal TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 29 ottobre 2020, n. -OMISSIS-;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 15 e 16, cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2021 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti e rilevato che l’udienza si svolge ai sensi degli artt. 25 del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 e 4 comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
1. Oggetto del presente giudizio è il regolamento di competenza proposto d’ufficio, a sensi dell’art. 15, comma 5, c.p.a., dall’ordinanza collegiale 29 ottobre 2020, n. -OMISSIS- del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. IV, in ordine alla declaratoria di inammissibilità della domanda proposta dall’originario ricorrente, -OMISSIS-, cittadino egiziano, alla Prefettura di Milano, per la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), L. n. 91-1992.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, con l’ordinanza 6 agosto 2020, n. -OMISSIS-, si era dichiarato incompetente a conoscere dell’azione giudiziaria del ricorrente, indicando il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, come competente a conoscere tale azione.
L’impugnato provvedimento della Prefettura di Milano prot. n.-OMISSIS-del 10 marzo 2020 ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza dell’interessato, avendo respinto l’istanza già in fase di protocollazione, senza procedere al suo inoltro al Ministero dell’Interno per la successiva fase istruttoria, perché priva di un elemento essenziale e, cioè, la legale residenza dello straniero dal 13 marzo 2014 al 19 giugno 2014, essendo stato questi cancellato per irreperibilità, e perché sarebbe stato autocertificato per il 2015 un reddito, pari ad € 13.280,00, ritenuto inferiore ai parametri richiesti in base al nucleo familiare dichiarato.
2. L’ordinanza di remissione di questo Consiglio, al fine di determinare definitivamente, come prescrive l’art. 16, comma 3, c.p.a., se, ai sensi dell’art. 13 c.p.a., sia competente a conoscere del ricorso il Tribunale Amministrativo Regionale nella cui circoscrizione ha sede la Prefettura, che ha emesso il decreto di inammissibilità, o invece il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, ha chiesto a questa Adunanza se:
– in via generale, la ratio sottesa al c.d. criterio dell’efficacia, previsto dall’art. 13, comma 1, secondo periodo, c.p.a., sia solo quella di temperare il c.d. criterio della sede e, cioè, finalizzata a radicare, secondo un più generale principio di prossimità, che presiede ad entrambi i criteri, e secondo una logica di decentramento, la competenza territoriale del Tribunale “periferico” in ordine ad atti emanati da amministrazioni aventi sede in una circoscrizione di un Tribunale, ma esplicanti effetti diretti limitati alla circoscrizione territoriale di un altro Tribunale, o se interpretato e contrario, esso, secondo una logica di accentramento, per converso determini anche un ampliamento, rispetto a quanto prevede l’art. 13, comma 3, c.p.a., della competenza territoriale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, quando l’atto sia adottato da un organo periferico dello Stato o da un’amministrazione non statale, ma esplichi effetti diretti lesivi ultraregionali, non limitati o comunque non agevolmente circoscrivibili all’ambito territoriale esclusivo di una sola Regione;
– conseguentemente e in concreto, se il decreto di inammissibilità dell’istanza finalizzata ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana, adottato dalla Prefettura, abbia effetti diretti limitati al solo ambito territoriale in cui ha sede la Prefettura o se esso invece, in quanto idoneo a interrompere il procedimento per la concessione della cittadinanza nonché ad incidere sullo status dell’interessato, esplichi gli stessi o analoghi effetti erga omnes e territorialmente illimitati che ha un decreto di rigetto della medesima istanza emesso in via centrale dal Ministero dell’Interno.
3. La questione posta dalla Sezione remittente riguarda la competenza territoriale a conoscere dell’impugnazione del provvedimento, adottato dalla Prefettura, con la quale è stata dichiarata inammissibile una domanda di concessione di cittadinanza italiana.
La questione presenta due profili: l’impugnazione degli atti di un’amministrazione periferica o di un ente avente sede nella regione in relazione alla portata e all’applicazione del criterio di efficacia regionale o ultaregionale; nello specifico, la portata, regionale o estesa al territorio nazionale, del provvedimento in concreto impugnato.
Nel diritto processuale, come è noto, la competenza attiene, in prima approssimazione, ai rapporti tra uffici giudiziari appartenenti alla medesima giurisdizione, ognuno investito di una certa “frazione di giurisdizione”, secondo il riparto stabilito dal legislatore.
La pedissequa applicazione delle norme sull’attribuzione della giurisdizione e della competenza permette, in tal modo, di individuare quel “giudice naturale precostituito per legge”, dal quale, ai sensi dell’art. 25 Cost., nessuno può essere distolto.
Più in specifico, si deve rilevare che, a differenza del processo civile – che conosce, com’è noto, tre criteri di attribuzione della competenza –, il processo amministrativo fa riferimento, in generale, a due soli parametri: la competenza territoriale e quella funzionale, entrambi espressamente definiti “inderogabili”, pur residuando un’ulteriore ipotesi di competenza per materia, articolata territorialmente, disciplinata tra le ipotesi di competenza territoriale, inerente alle controversie riguardanti pubblici dipendenti (art. 13, comma 2, c.p.a.), le quali sono attribuite inderogabilmente al TAR nella cui circoscrizione vi è la sede di servizio.
Il rapporto tra i due criteri di competenza territoriale previsti dall’art. 13, comma 1, c.p.a. segue, dunque, una logica di complementarietà e di reciproca integrazione: il criterio principale è quello della sede dell’autorità che ha adottato l’atto impugnato, ma nel caso in cui la potestà pubblicistica spieghi i propri effetti diretti esclusivamente nell’ambito territoriale di un Tribunale periferico, il criterio della sede cede il passo a quello dell’efficacia spaziale.
La conclusione si evince dalla parola «comunque» inserita nel secondo periodo della norma richiamata, atta ad indicare che si deve avere riguardo, per individuare il Tribunale amministrativo regionale competente per territorio, in primo luogo all’efficacia dell’atto: se questa è limitata ad una determinata Regione, sarà competente il Tribunale competente per tale Regione.
Naturalmente, se il criterio della sede e quello dell’efficacia spaziale dell’atto impugnato finiscano per coincidere, la controversia si radica nella competenza territoriale dello stesso TAR.
4. La ratio sottesa al c.d. criterio dell’efficacia è rimasta identica a quella tradizionalmente già riconosciuta nella lettura delle norme sulla competenza contenute nell’abrogata l. n. 1034-1971, rispetto alla quale il c.p.a. non ha inteso in alcun modo innovare, e consiste nel radicare la competenza del Tribunale Amministrativo Regionale più vicino al ricorrente, quando gli effetti lesivi dell’atto siano limitati ad un ristretto ambito territoriale nel quale egli si trova, anche se l’autorità emanante, centrale o periferica, abbia sede altrove.
In questo modo si attua il decentramento della competenza territoriale ex art. 125 Cost., secondo una logica di prossimità, che esclude la possibilità, in senso inverso, di riconoscere ipotesi ulteriori di competenza in capo al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, accentrando la competenza territoriale in capo a questo Tribunale al di là delle ipotesi, già numerose, previste dalla legge (art. 13, comma 3, e art. 14 c.p.a.), e in contrasto con l’esigenza, avvertita già dalla relazione di accompagnamento al codice del processo amministrativo, di evitare un eccessivo aggravio per il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma.
Pertanto, il criterio principale di riparto della competenza per territorio, fondato sulla sede dell’autorità che ha emesso l’atto impugnato, è suscettibile di essere sostituito da quello inerente agli effetti diretti dell’atto qualora detta efficacia si esplichi esclusivamente nel luogo compreso in una diversa circoscrizione di Tribunale amministrativo regionale (cfr. Consiglio di Stato, Ad. plen., 24 settembre 2012, n. 33; Consiglio di Stato, Ad. plen.,19 novembre 2012, n. 34; Consiglio di Stato, sez. III, 24 marzo 2014, n. 1383).
La competenza territoriale è, dunque, determinata in via principale in base alla sede dell’ente che ha emesso l’atto; tale criterio viene integrato (rectius sostituito) da quello ulteriore e speciale correlato all’efficacia del provvedimento amministrativo impugnato e dunque agli effetti diretti dello stesso.
In sostanza, il criterio della sede dell’Autorità che ha assunto l’atto impugnato è sostituito da quello dell’efficacia spaziale qualora questa si produca in un solo ambito territoriale.
5. Ne segue, in primo luogo, che, qualora un atto di un’autorità statale centrale, che ha sede in Roma, esplichi i propri effetti solo nell’ambito di una circoscrizione territoriale ben delimitata e diversa dalla circoscrizione territoriale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, il criterio dell’efficacia opererà, con la devoluzione della controversia al Tribunale “periferico”.
In secondo luogo, e non diversamente dalla prima ipotesi, anche un provvedimento emanato da un’Autorità periferica avente sede nella circoscrizione di un TAR, se esplica i propri effetti in un solo ambito territoriale, radica la competenza in questo ambito territoriale, secondo il sopra citato criterio dell’efficacia spaziale del provvedimento impugnato.
E’ evidente che se l’ambito di efficacia spaziale del provvedimento è circoscritto alla Regione in cui ha sede l’Autorità periferica, sarà indifferente individuare la competenza del Tribunale Regionale secondo il criterio della sede dell’Autorità periferica medesima o quello dell’efficacia spaziale.
Viceversa, quando l’efficacia spaziale di un provvedimento è circoscritta ad una Regione diversa da quello in cui ha sede l’Autorità emanante, sarà il Tribunale nel cui ambito territoriale si esplicano gli effetti dell’atto ad essere investito della relativa competenza e non il Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’Autorità emanante.
Soltanto per gli atti emanati da un’Autorità periferica aventi efficacia non limitata ad un preciso ambito territoriale (e, dunque, aventi efficacia ultraregionale, intesa come non limitabile alla circoscrizione di una singola Regione) riprenderà vigore il criterio della sede dell’Autorità emanante per individuare il Tribunale competente, al pari degli atti statali non limitabili territorialmente quoad effectum, così come esplicita l’art. 13, comma 3, c.p.a.
Tale principio, in sostanza, era stato già affermato in materia di Consiglio di Stato, Ad. plen., 24 settembre 2012, n. 33; Consiglio di Stato, Ad. plen.,19 novembre 2012, n. 34 e da Consiglio di Stato, Ad. Plen., 4 febbraio 2013, n. 4, tutte in tema di informativa antimafia tipica.
Posteriormente, le pronunce sul medesimo tema (ordinanze nn. 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26 del 31 luglio 2014) parrebbero aver in parte contraddetto i principi sopra indicati, ma occorre rilevare che tali ultime ordinanze erano polarizzate sulla questione della connessione di impugnazioni, non affrontavano funditus il tema specifico dell’efficacia spaziale del provvedimento e, comunque, sono relative ad un provvedimento il cui giudizio è connotato da spiccate peculiarità di tipo acceleratorio, ove prevalgono anche ragioni legate al criterio della concentrazione delle tutele.
6. In sintesi, dunque, la ratio sottesa al c.d. criterio dell’efficacia, previsto dall’art. 13, comma 1, secondo periodo, c.p.a., è indubbiamente quella di temperare il c.d. criterio della sede, radicando, secondo un più generale principio di prossimità, che costituisce corollario del principio di difesa ex art. 24 Cost., e secondo una logica di decentramento della giurisdizione amministrativa, che è accolto dal legislatore costituzionale all’art. 125 Cost., la competenza territoriale del Tribunale “periferico” in ordine ad atti emanati da amministrazioni aventi sede in una circoscrizione di un Tribunale, ma esplicanti effetti diretti limitati alla circoscrizione territoriale di un altro Tribunale.
7. Affermato tale principio di diritto, resterebbe assorbita, ai fini della determinazione della competenza territoriale, l’indagine giudiziale sulla tipologia e sugli effetti dell’atto impugnato per stabilire se ci si trovi di fronte ad un’ipotesi di atto ad efficacia limitata ad una determinata regione (nel caso di specie, peraltro, coincidente con la sede dell’Autorità periferica emanante) oppure ad un atto ad efficacia ultraregionale. Dal principio di diritto enunciato, infatti, deriva senz’altro la competenza territoriale del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, come esattamente rileva l’ordinanza di rimessione. L’Adunanza plenaria ritiene tuttavia di affrontare anche la questione della natura dell’atto impugnato.
Nel caso di specie, come aveva già a suo tempo chiarito il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio nell’ordinanza 6 agosto 2020, n. -OMISSIS-, non si è al cospetto di un provvedimento di diniego della cittadinanza, ma di una decisione prefettizia di inammissibilità, che si esaurisce sul piano procedimentale e non attribuisce né nega lo status di cittadino valido erga omnes, sicché, anche sotto tale profilo, non sussiste alcuna ragione per giustificare la deroga alla competenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, competente ai sensi dell’art. 13, comma 1, c.p.a..
Trattasi, infatti, di atto emanato da un organo periferico dello Stato con efficacia non esorbitante la circoscrizione territoriale della regione in cui ha sede il detto organo. Esso non è in alcun modo equiparabile al diniego di cittadinanza, provvedimento emanato da un organo centrale dello Stato, idoneo ad incidere sullo status del soggetto interessato con efficacia erga omnes e, quindi, con efficacia su tutto il territorio nazionale.
Va al riguardo considerato, in primo luogo, che il decreto di inammissibilità non preclude la possibilità, per l’interessato, di ripresentare la domanda anche il giorno successivo all’adozione del decreto prefettizio, mentre il decreto di rigetto, adottato centralmente dal Ministero dell’Interno, preclude allo straniero la riproposizione della domanda per cinque anni.
Anche sotto il profilo del procedimento amministrativo, peraltro, il trasferimento delle competenze in capo all’amministrazione centrale è solo eventuale e subordinato, appunto, alla previa verifica di ammissibilità della domanda, svolta dalla prefettura, che ha il compito in una fase preliminare di verificare la regolarità e la completezza della domanda, ma non ha il potere di entrare nel merito della sussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda di concessione della cittadinanza, la cui valutazione spetta, in una fase successiva e in via esclusiva, all’amministrazione centrale.
Pertanto, la valutazione compiuta dalla prefettura nel caso di specie non incide sulla pretesa sostanziale dello straniero e, dunque, sul suo status, ma solo sul profilo preliminare, inerente alla regolarità della domanda, con la conseguenza che al relativo provvedimento di inammissibilità non può connettersi un’efficacia erga omnes, e quindi ultraregionale, propria, invece, di un provvedimento che, entrando nel merito, presuppone un giudizio circa la spettanza del bene della vita, peraltro riconoscibile, nel caso di specie, solo dall’autorità centrale.
In altre parole, il provvedimento di inammissibilità non è un atto di diniego della cittadinanza, ma un atto di un organo periferico che si inserisce nell’iter amministrativo, determinandone l’arresto e, come tale, non è un atto idoneo ad incidere sullo status del soggetto interessato con efficacia erga omnes.
Conseguentemente, nel caso di specie, il criterio per la determinazione della competenza, riguardato anche sotto il profilo dell’efficacia dell’atto, è quello stabilito dall’art. 13, comma 1, c.p.a. (c.d. criterio della sede), ai sensi del quale è competente il Tribunale nella cui circoscrizione territoriale ha sede l’organo statale periferico emanante, in conformità al precedente orientamento seguito da questo Consiglio di Stato.
8. In conclusione, l’Adunanza Plenaria stabilisce i seguenti principi di diritto:
a) la ratio sottesa al c.d. criterio dell’efficacia, previsto dall’art. 13, comma 1, secondo periodo, c.p.a., è quella di temperare il c.d. criterio della sede, secondo un più generale principio di prossimità e secondo una logica di decentramento, e radica quindi la competenza territoriale del Tribunale “periferico” in ordine ad atti emanati da amministrazioni aventi sede in una circoscrizione di un diverso Tribunale o di un’autorità centrale, ma esplicanti effetti diretti limitati alla circoscrizione territoriale del Tribunale “periferico” medesimo; è del pari competente il Tribunale amministrativo “periferico” nel caso di impugnazione di un atto emesso da un’autorità statale periferica, ancorché l’atto esplichi la sua efficacia non limitatamente al territorio di quella regione;
b) il decreto di inammissibilità dell’istanza finalizzata ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana è emanato da autorità periferica dello Stato e ha effetti diretti limitati al solo ambito territoriale in cui ha sede il Tribunale.
Deve essere dichiarata, di conseguenza, la competenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano.
Nulla per le spese di lite, trattandosi di regolamento di competenza sollevato d’ufficio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul regolamento di competenza in epigrafe, stabilisce i principi di diritto di cui al par. 8 della motivazione.
Dichiara la competenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano.
Nulla per le spese di lite.
Dispone che la Segreteria provveda agli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2021 con l’intervento dei magistrati: