Se è vero che gli artt. 24, 103 e 113 Cost., in linea con le acquisizioni della giurisprudenza del Consiglio di Stato, hanno posto al centro della giurisdizione amministrativa l’interesse sostanziale al bene della vita, deve anche riconoscersi che attribuire rilevanza, in casi particolari, ad interessi strumentali può comportare un ampliamento della tutela attraverso una sua anticipazione e non è distonico rispetto ai ricordati precetti costituzionali, sempre che sussista un solido collegamento con l’interesse finale e non si tratti di un espediente per garantire la legalità in sé dell’azione amministrativa, anche al costo di alterare l’equilibrio del rapporto tra le parti proprio dei processi a carattere dispositivo. In conclusione, la scelta del legislatore di fare emergere, all’interno del procedimento di gara, un distinto interesse strumentale a contestare l’ammissione di altri concorrenti non altera la struttura soggettiva della giurisdizione amministrativa e pertanto non è lesiva degli invocati parametri costituzionali.
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, primo e secondo periodo, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), aggiunto dall’art. 204, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con ordinanze del 20 luglio e del 20 giugno 2018, rispettivamente iscritte ai numeri 138 e 141 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 40 e 41, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visti gli atti di costituzione di La Cascina Global Service srl e della Antinia srl, in proprio e nella qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese formato con le mandanti Eco Travel srl, Laveco srl e Maio.com srl;
udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2019 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi gli avvocati Michele Perrone per La Cascina Global Service srl e Angelo Giuseppe Orofino per la Antinia srl, in proprio e nella qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese formato con le mandanti Eco Travel srl, Laveco srl e Maio.com srl.
RITENUTO IN FATTO
1.− Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, con due ordinanze di analogo tenore, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo e secondo comma, 103, primo comma, 111, primo e secondo comma, 113, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, primo e secondo periodo, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), aggiunto dall’art. 204, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), «nella parte in cui onera l’impresa partecipante alla gara ad impugnare immediatamente le ammissioni delle altre imprese partecipanti alla stessa gara, pena altrimenti l’incorrere nella preclusione di cui al secondo periodo della disposizione (“L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale”) e laddove comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto avverso l’aggiudicazione definitiva da parte di chi ha omesso di impugnare tempestivamente l’ammissione dell’aggiudicataria».
2.− Nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 138 del reg. ord. 2018 il TAR Puglia è investito del ricorso avverso l’aggiudicazione della gara per l’affidamento del servizio di assistenza ai passeggeri a ridotta mobilità presso l’aeroporto di Bari e Brindisi, proposto dalla impresa seconda classificata, che lamenta l’illegittimità dell’ammissione alla gara dell’aggiudicataria.
Nel giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 141 del reg. ord. 2018, invece, lo stesso rimettente è chiamato a decidere sull’impugnazione – proposta da un’impresa partecipante alla gara telematica a procedura aperta per l’affidamento di servizi integrati di raccolta, trasporto e smaltimento di rifiuti ospedalieri per le aziende sanitarie della Regione Puglia – dell’ammissione di due concorrenti, ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 al decreto legislativo n. 104 del 2010 (d’ora in avanti: cod. proc. amm.).
3.− In entrambi i giudizi il rimettente motiva la rilevanza delle questioni sollevate.
3.1.− Con la prima ordinanza il TAR Puglia afferma:
a) di potersi interrogare d’ufficio sulla legittimità costituzionale delle norme regolanti i presupposti di ammissibilità e ricevibilità del ricorso, tra cui rientra la condizione dell’azione dell’interesse ad agire;
b) l’applicabilità, ratione temporis, delle norme indubbiate, ai sensi degli artt. 216, comma 1, e 220 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (d’ora in avanti: codice dei contratti pubblici), poiché il bando di gara è dell’8 agosto 2017, e quindi successivo all’entrata in vigore del codice medesimo (avvenuta il 19 aprile 2016);
c) la ricorrenza del presupposto normativo, cui è ancorata l’operatività del rito «super accelerato», della pubblicazione del provvedimento di ammissione, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici;
d) la ricorrenza di una contestazione attinente alla fase di ammissione e, in particolare, al requisito di capacità tecnica richiesto dal bando al punto 5A, lettera B) («esecuzione di contratti analoghi a quello oggetto di gara nel triennio antecedente alla data di scadenza della presente procedura di gara»), che non sarebbe in possesso del soggetto indicato come ausiliario nel contratto di avvalimento, con conseguente applicabilità del rito di cui all’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm.;
e) che dal rigetto delle questioni di legittimità costituzionale sollevate deriverebbe la necessità di adottare una pronunzia di rito dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso, per avere la ricorrente omesso di contestare tempestivamente l’ammissione della controinteressata, mentre, per converso, l’eventuale accoglimento delle questioni comporterebbe l’adozione di una sentenza di merito.
3.2.− Con la seconda ordinanza il rimettente svolge le medesime considerazioni di cui alle lettere a), b) e c) che precedono.
Aggiunge, poi, il TAR Puglia che l’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale sollevate comporterebbe l’adozione di una sentenza di inammissibilità del ricorso, per essere stato impugnato un atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo; per contro, in caso di rigetto delle questioni, il rimettente dovrebbe adottare una pronunzia di merito che accerti la sussistenza o meno dei presupposti per l’ammissione alla procedura dei due raggruppamenti controinteressati.
4.− In punto di non manifesta infondatezza, le ordinanze seguono un identico percorso argomentativo.
4.1.− Secondo il rimettente, l’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm. si pone in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, «di cui agli artt. 3, comma 1, 24, commi 1 e 2, 103, comma 1, 111, commi 1 e 2 e 113, commi 1 e 2 Cost.», perché impone «di impugnare, nel termine decadenziale di trenta giorni, decorrente dalla pubblicazione sul profilo del Committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1 d.lgs. n. 50/2016, un atto per sua natura non immediatamente lesivo, quale appunto l’ammissione alla gara, pena altrimenti l’incorrere nella preclusione di cui al secondo periodo con conseguente declaratoria d’inammissibilità del ricorso proposto avverso l’aggiudicazione definitiva».
La ratio della novella recata dal nuovo codice dei contratti pubblici andrebbe ravvisata nella «celere definizione del giudizio prima che si giunga al provvedimento di aggiudicazione in modo tale da individuare in modo certo e non più discutibile la platea dei soggetti ammessi in gara in un momento antecedente rispetto all’esame delle offerte ed alla conseguente aggiudicazione».
Le disposizioni censurate, quanto al provvedimento recante le ammissioni dei concorrenti, sarebbero certamente innovative rispetto al quadro normativo e giurisprudenziale previgente, attribuendo in via preventiva natura lesiva ad un atto tipicamente endoprocedimentale, la cui impugnazione sarebbe in sé priva di utilità concreta ed attuale per un partecipante che, nel momento in cui è costretto per legge al ricorso giurisdizionale, ancora ignora l’esito finale della procedura selettiva: in tal modo esse si porrebbero in contrasto con il principio fondamentale, desumibile dall’art. 100 del codice di procedura civile (applicabile anche al processo amministrativo in forza del rinvio esterno di cui all’art. 39 cod. proc. amm.), «della necessità, quale condizione dell’azione, della esistenza di un interesse ad agire concreto ed attuale al ricorso in corrispondenza di una lesione effettiva di detto interesse».
Il ricorso giurisdizionale sarebbe sempre stato considerato un rimedio non dato nell’interesse astratto della giustizia o per ottenere la mera enunciazione dei parametri di legalità dell’azione amministrativa disancorati da un effettivo vantaggio del ricorrente.
L’interesse al ricorso, che deve essere caratterizzato dai predicati della personalità, attualità e concretezza, potrebbe essere anche strumentale, cioè rivolto «ad ottenere la caducazione del provvedimento amministrativo al fine di rimettere in discussione il rapporto controverso e di eccitare il nuovo (o il non) esercizio del potere amministrativo, in termini potenzialmente idonei ad evitare un danno ovvero ad attribuire un vantaggio».
La sufficienza di un interesse di carattere strumentale sarebbe stata posta alla base del riconoscimento della legittimazione ad impugnare l’atto di aggiudicazione da parte di un soggetto che non sia stato in grado di partecipare ad una procedura di evidenza pubblica, ovvero sia stato escluso da una trattativa privata e aspiri, per effetto dell’accoglimento del ricorso, alla ripetizione o alla indizione della procedura selettiva. A tale categoria concettuale, poi, si sarebbe fatto riferimento per ammettere la legittimazione di un’impresa a contestare la scelta dell’amministrazione di gestire un servizio pubblico attraverso il modulo della convenzione con altri enti locali invece di ricorrere alla gara.
Secondo il TAR Puglia, si dovrebbe quindi affermare che nel processo amministrativo il risultato utile che il ricorrente deve dimostrare di potere perseguire non può «isterilirsi nella semplice garanzia dell’interesse legittimo e, men che meno, nella rivendicazione popolare della legittimità ex se dell’azione pubblica».
Il requisito dell’attualità dell’interesse non potrebbe considerarsi sussistente quando il pregiudizio derivante dall’atto amministrativo sia meramente eventuale, quando cioè non è certo, al momento dell’emanazione del provvedimento, se si realizzerà in un secondo tempo la lesione della sfera giuridica del soggetto: tale sarebbe il caso di specie, poiché l’ammissione non determinerebbe un vulnus immediato al partecipante, essendo necessaria, per la sua verificazione, l’aggiudicazione definitiva in favore del concorrente ammesso.
Coerentemente, la giurisprudenza del Consiglio di Stato richiederebbe, al fine dell’ammissibilità del ricorso, la necessaria esistenza di un interesse personale, concreto ed attuale al conseguimento di un vantaggio materiale o morale, non potendosi piegare l’esercizio della giustizia amministrativa ad una funzione di oggettiva verifica, di carattere generale, del rispetto della legalità dell’azione amministrativa, e cioè di giurisdizione di diritto oggettivo, scollegata da una posizione legittimante del ricorrente.
Secondo il rimettente, dunque, le disposizioni censurate introducono una ipotesi di giurisdizione amministrativa oggettiva, «eccentrica rispetto ad un sistema di giustizia amministrativa tradizionalmente impostato sulla giurisdizione/giustizia di diritto “soggettivo” e sul “potere” ex art. 24, comma 1, Cost. in capo all’attore».
Il concetto stesso di tutela degli interessi legittimi richiamato dagli artt. 24, 103 e 113 Cost. implicherebbe «necessariamente i menzionati caratteri della personalità, attualità e concretezza del sostrato processuale della posizione giuridica soggettiva dell’individuo (i.e. interesse legittimo) dinanzi all’esercizio del potere autoritativo», mentre le disposizioni censurate costituirebbero una «illegittima deviazione rispetto al quadro costituzionale predetto».
Essendo esse finalizzate ad incaricare un soggetto privato della tutela di un interesse pubblico, con costi eccessivi, sarebbe palese la loro irragionevolezza e contrarietà al rispetto del principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale.
Le norme in esame, infatti, onererebbero l’impresa partecipante alla gara di impugnare le ammissioni degli altri partecipanti, ma tale impugnazione potrebbe rivelarsi inutile ove la stessa ricorrente risulti essere aggiudicataria, ovvero, all’opposto, si collochi in graduatoria in una posizione che non le consenta di ottenere il bene della vita cui aspira, ossia l’aggiudicazione.
Il contrasto con i menzionati princìpi costituzionali che garantiscono l’effettività della tutela giurisdizionale sarebbe ancora più evidente, ove si consideri che l’impugnazione in materia di appalti pubblici è soggetta ad un contributo unificato di importi elevati (da 2.000 a 6.000 euro, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis, lettera d, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A»).
4.2.− Le norme censurate sarebbero anche contrarie al principio di eguaglianza e irragionevoli.
Al terzo periodo del comma 2-bis della disposizione censurata, infatti, il legislatore ha considerato inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività, sostanzialmente confermando la regola generale tradizionale, che però sarebbe irragionevolmente derogata dai primi due periodi del medesimo comma, con riferimento ad un atto endoprocedimentale, quale l’ammissione, privo di lesività dal punto di vista del concorrente, ma evidentemente ritenuto lesivo dal punto di vista dell’interesse generale all’anticipata ed incontestata formazione della platea dei partecipanti alla gara, della cui tutela è costretto a farsi carico il concorrente medesimo.
Un interesse al ricorso meramente ipotetico avverso le ammissioni sarebbe stato tramutato dal legislatore del 2016 in un interesse concreto e attuale, introducendo una sorta di presunzione legale ed astratta, mentre analoga operazione sarebbe stata esclusa con riferimento a tutti gli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività.
Il sistema così congegnato dal legislatore – prosegue il rimettente – potrebbe astrattamente far scivolare il contenzioso sugli appalti verso un modello di giustizia di diritto oggettivo contrario agli artt. 24 e 113 Cost., alla cui stregua la giurisdizione amministrativa è orientata ad apprestare tutela ad una posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, che nel caso di specie è dato dall’aggiudicazione della gara.
Tali dubbi sarebbero stati di recente evidenziati anche dall’ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, 17 gennaio 2018, n. 88, che ha sollevato la «corrispondente questione pregiudiziale» dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, al fine di verificare la compatibilità dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm. con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela giurisdizionale.
Il contrasto con i princìpi costituzionali sarebbe ancora più palese, se si considerano gli ingenti esborsi economici che sono necessari per promuovere «eventualmente anche plurimi e distinti ricorsi giurisdizionali avverso distinte ammissioni».
Le norme censurate, dunque, secondo il TAR Puglia, potrebbero avere un effetto dissuasivo di iniziative processuali notevolmente «anticipate» (e sensibilmente costose) rispetto al verificarsi della concreta lesione, così ulteriormente aggravando la violazione del diritto costituzionale di difesa, ovvero, all’opposto, un effetto di proliferazione dei ricorsi giurisdizionali che non sarebbe compatibile con il principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost.
Il rimettente ricorda poi la costante giurisprudenza costituzionale, secondo cui nella disciplina degli istituti processuali il legislatore gode di ampia discrezionalità, sindacabile solo ove venga superato il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà.
Osserva il TAR Puglia che nella sentenza n. 241 del 2017 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’ultimo periodo dell’art. 152 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, che prevedeva la sanzione dell’inammissibilità del ricorso in caso di mancata indicazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, affermando che «L’obiettivo di evitare la strumentalizzazione del processo, attraverso la sanzione di inammissibilità, va bilanciato con la garanzia dell’accesso alla tutela giurisdizionale e della sua effettività. Seppure, infatti, la declaratoria di inammissibilità non precluda la riproposizione dell’azione giudiziaria, essa si traduce comunque in un aggravio per la parte, che dovrà ricominciare ex novo il giudizio. Pertanto, le conseguenze sfavorevoli derivanti dall’inammissibilità non sono adeguatamente bilanciate dall’interesse ad evitare l’abuso del processo che è già efficacemente realizzato dalla disciplina introdotta dalla novella di cui all’art. 52 della legge n. 69 del 2009. L’eccessiva gravità della sanzione e delle sue conseguenze, rispetto al fine perseguito, comporta, quindi, la manifesta irragionevolezza dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ.».
Ad avviso del rimettente, traslando il ragionamento operato da questa Corte con la citata sentenza n. 241 del 2017 alla fattispecie oggetto di causa, si potrebbe giungere alla conclusione che la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto avverso l’aggiudicazione definitiva per omessa tempestiva impugnazione dell’ammissione dell’impresa aggiudicataria si risolve in un aggravio eccessivo per la ricorrente, che – diversamente dall’ipotesi allora oggetto di scrutinio – neanche potrebbe cominciare ex novo il giudizio.
Secondo il TAR Puglia, dunque, il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti sarebbe stato operato in modo non proporzionato, ossia comprimendo eccessivamente la garanzia dell’accesso alla tutela giurisdizionale e la sua effettività.
Il contrapposto interesse pubblico ad evitare l’abuso del processo, peraltro, sarebbe già adeguatamente tutelato dal citato art. 13, comma 6-bis, lettera d), del d.P.R. n. 115 del 2002, che prevede elevati importi del contributo unificato da versare per le controversie assoggettate al rito degli appalti pubblici.
In conclusione, l’eccessiva gravità della «sanzione» dell’inammissibilità rispetto al fine perseguito dal legislatore comporterebbe la manifesta irragionevolezza dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm.
Ad analoghe conclusioni si perverrebbe anche alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 121 e n. 44 del 2016, che, nel ribadire l’ampia discrezionalità del legislatore nella conformazione degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta irragionevolezza, avrebbero escluso la legittimità costituzionale di oneri o adempimenti che rendano impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale.
Nel caso di specie sarebbe infatti configurabile una ipotesi di impossibilità o di estrema difficoltà dell’esercizio del diritto di difesa e dello svolgimento dell’attività processuale, considerati, da un lato, l’onere di immediata impugnazione delle ammissioni senza alcuna utilità per l’operatore economico nel momento in cui è imposto dall’ordinamento, e, dall’altro, la previsione del gravoso contributo unificato.
4.3.− Ancora, la necessità di proporre plurimi ricorsi avverso le singole ammissioni relative alla medesima procedura di gara si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza, con il principio di effettività della tutela giurisdizionale (si invocano gli artt. 24, primo e secondo comma, 103, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 113, primo e secondo comma, Cost.), con il principio del giusto processo (di cui all’art. 111, primo comma, Cost.), con il principio di ragionevole durata del processo (di cui all’art. 111, secondo comma, Cost.) e con i princìpi di economia e concentrazione processuale.
Le norme censurate comporterebbero, infatti, «l’eventualità» di un’ingiusta declaratoria di inammissibilità del ricorso avverso l’aggiudicazione definitiva o, all’opposto, il rischio che il contenzioso in materia di ammissioni si trasformi in una «guerra» di tutti gli ammessi contro tutti.
A ciò dovrebbe poi aggiungersi la necessità non solo di impugnare tempestivamente l’ammissione di tutti i partecipanti alla gara, ma anche, successivamente, di proporre un separato giudizio avverso l’aggiudicazione definitiva, con ulteriore aggravio per la parte tenuta alla corresponsione di un altro contributo unificato.
4.4.− Quanto alla violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., stante il tenore inequivoco dell’art. 120, comma 2-bis, vi sarebbe una tensione non sanabile in via interpretativa con il diritto fondamentale ad un giusto ed effettivo processo sancito dagli artt. 6 e 13 CEDU.
Analogamente a quanto dedotto con riferimento al corrispondente principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale, anche quello convenzionale implicherebbe (specie alla luce dei costi di accesso alla giustizia amministrativa) la libertà del ricorrente di autodeterminarsi in ordine alla concretezza ed attualità dell’interesse ad agire contro le altrui ammissioni alla gara, e quindi di stabilire, senza coartazione alcuna, se l’azione giurisdizionale risponda ad un suo effettivo interesse, e di astenersi dall’agire in giudizio, se detto interesse sia ritenuto insussistente.
5.− Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in alcuno dei due giudizi.
6.− Nel primo si è costituita La Cascina Global Service srl, ricorrente nel giudizio a quo, instando per la dichiarazione di fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.
Nel secondo si è costituita l’Antinia srl, in proprio e nella qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese formato con le mandanti Eco Travel srl, Laveco srl e Maio.com srl, controinteressata costituitasi nel giudizio a quo, anch’essa instando per la dichiarazione di fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate.
7.− La parte costituita Antinia srl, con memoria depositata presso la cancelleria della Corte il 15 ottobre 2019, ha dedotto, in via preliminare, il permanere della rilevanza delle questioni sollevate, anche in seguito all’abrogazione delle norme censurate ad opera del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici), convertito, con modificazioni, nella legge 14 giugno 2019, n. 55, e, nel merito, ha ulteriormente illustrato le ragioni a sostegno della loro fondatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.− Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con due ordinanze di analogo tenore, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), aggiunto dall’art. 204, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), nella parte in cui onera l’impresa partecipante alle procedure di affidamento dei contratti pubblici di impugnare nel termine decadenziale di trenta giorni il provvedimento che determina le ammissioni delle concorrenti all’esito della valutazione di requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali (primo periodo), a pena di preclusione della facoltà di fare valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure, anche con ricorso incidentale (secondo periodo).
Con una prima articolata questione il rimettente lamenta, in sostanza, la violazione dei princìpi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale (art. 3 e 24 Cost.), perché, da un lato, il legislatore avrebbe introdotto un onere di impugnazione di un atto per sua natura non immediatamente lesivo, il cui esercizio, peraltro economicamente gravoso, potrebbe rivelarsi inutile, ove al termine della gara il ricorrente risulti aggiudicatario o, per converso, si collochi in una posizione della graduatoria che comunque non gli consenta di ottenere il bene della vita cui aspira; dall’altro, la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto avverso l’aggiudicazione per omessa tempestiva impugnazione dell’ammissione dell’aggiudicatario sarebbe una «sanzione» eccessiva, che sacrifica in maniera sproporzionata il diritto di accesso alla tutela giurisdizionale e la sua effettività in favore del contrapposto interesse pubblico ad evitare l’abuso del processo, già adeguatamente tutelato dall’art. 13, comma 6-bis, lettera d), del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», che prevede elevati importi del contributo unificato da versare per le controversie assoggettate al rito degli appalti pubblici.
L’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010 (d’ora in avanti: cod. proc. amm.), poi, violerebbe gli artt. 24, 103 e 113 Cost., perché i caratteri della personalità, attualità e concretezza dell’interesse ad agire caratterizzerebbero il sistema soggettivo di giustizia amministrativa, delineato in Costituzione come rivolto ad apprestare tutela ad una posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, mentre le disposizioni censurate, imponendo l’impugnazione di un atto non immediatamente lesivo, introdurrebbero una ipotesi di giurisdizione di diritto oggettivo, volta alla verifica della legalità dell’azione amministrativa e scollegata con la posizione soggettiva del ricorrente, che in tal modo verrebbe indebitamente gravato della tutela di un interesse pubblico.
Le norme censurate, ancora, violerebbero l’art. 3, primo comma, Cost., perché irragionevolmente diversificano le ammissioni e gli altri atti endoprocedimentali, i quali, a differenza delle prime, non sono impugnabili, ai sensi del terzo periodo dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm.
Sarebbero altresì violati gli artt. 24 e 111 Cost., perché, considerato anche il cumularsi dei costosi contributi unificati dovuti sia per il ricorso contro l’ammissione sia per quello contro l’aggiudicazione, il meccanismo introdotto dal legislatore avrebbe l’effetto di dissuadere il concorrente dal promuovere iniziative giurisdizionali in assenza di una lesione concreta ed attuale ovvero, all’opposto, l’effetto di moltiplicarle.
Infine, secondo il rimettente, le norme censurate violerebbero l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, perché anche gli invocati parametri convenzionali assicurerebbero la effettività della tutela giurisdizionale e quindi la libertà del ricorrente di autodeterminarsi in ordine alla concretezza ed attualità dell’interesse ad agire contro le altrui ammissioni alla gara, e quindi la libertà di stabilire, senza coartazione alcuna, se l’azione giurisdizionale risponda ad un suo effettivo interesse.
1.1.− I giudizi vanno riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia, avendo ad oggetto identiche questioni di legittimità costituzionale.
2.− L’art. 1, comma 22, lettera a), del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici), convertito, con modificazioni, nella legge 14 giugno 2019, n. 55, ha abrogato (anche) il comma 2-bis dell’art. 120 cod. proc. amm., recante le norme oggetto dei dubbi di legittimità costituzionale del rimettente (nonostante l’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato, nel parere n. 782 del 22 marzo 2017, avente ad oggetto le «Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50», avesse piuttosto suggerito una modifica del procedimento di gara, volta a separare temporalmente la fase di ammissione/esclusione da quella di aggiudicazione, o, in alternativa, «l’opzione zero» di non modificare il rito ed attendere una verifica di impatto della regolamentazione in grado di metterne in luce i vantaggi e gli svantaggi).
L’intervenuta abrogazione nelle more del giudizio di legittimità costituzionale non incide sulla rilevanza delle questioni, poiché, ai sensi dell’art. 1, comma 23, del citato d.l. n. 32 del 2019, «Le disposizioni di cui al comma 22 si applicano ai processi iniziati dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» e quindi non riguardano i processi a quibus.
3.− Sempre in punto di rilevanza, nel giudizio promosso con ordinanza iscritta al n. 138 del reg. ord. 2018, il TAR Puglia, adito per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva (oltre che per la dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato e per il risarcimento in forma specifica), osserva che dal rigetto delle questioni di legittimità costituzionale sollevate deriverebbe, in applicazione dell’art. 120, comma 2-bis, secondo periodo, la necessità di adottare una pronunzia di rito dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso, per avere la ricorrente omesso di contestare tempestivamente l’ammissione della controinteressata. Per contro, l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale comporterebbe l’applicabilità delle ordinarie coordinate ermeneutiche in tema di interesse ad agire, da cui discenderebbe l’ammissibilità del ricorso e la necessità di adottare una sentenza di merito.
Nel giudizio promosso con ordinanza iscritta al n. 141 del reg. ord. 2018, il rimettente, adito ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis, primo periodo, per l’impugnazione del provvedimento di ammissione dei concorrenti, osserva, invece, che dal rigetto delle questioni di legittimità costituzionale deriverebbe l’ammissibilità del ricorso, mentre il loro accoglimento comporterebbe l’adozione di una sentenza di inammissibilità, per essere stato impugnato un atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo.
La motivazione è corretta, perché in entrambi gli speculari giudizi (uno sull’aggiudicazione e l’altro sull’ammissione) il giudice a quo deve fare applicazione dell’art. 120, comma 2-bis, per decidere sull’ammissibilità dei ricorsi.
4.− È poi non implausibile la motivazione del rimettente sull’applicabilità ratione temporis delle norme censurate, ai sensi del combinato disposto degli artt. 204 e 220 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (d’ora in avanti: codice dei contratti pubblici), sulla ricorrenza del presupposto di operatività della pubblicazione del provvedimento di ammissione, ai sensi dell’art. 29 del codice dei contratti pubblici, e, quanto al giudizio promosso con l’ordinanza iscritta al n. 138 del reg. ord. del 2018, sulla sussistenza di una controversia avente ad oggetto il possesso in capo all’aggiudicataria di un requisito tecnico-professionale richiesto a pena di esclusione.
5.− Prima di affrontare il merito delle questioni, è opportuno brevemente tratteggiare la genesi e il contenuto delle norme oggetto dei dubbi di legittimità costituzionale.
5.1.− L’art. 1, comma 1, lettera bbb), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), pur in assenza di un’indicazione in tal senso delle direttive europee, aveva delegato il Governo a revisionare e razionalizzare il rito abbreviato previsto per i giudizi concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, «anche mediante l’introduzione di un rito speciale in camera di consiglio che consent l’immediata risoluzione del contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione; previsione della preclusione della contestazione di vizi attinenti alla fase di esclusione dalla gara o ammissione alla gara nel successivo svolgimento della procedura di gara e in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di valutazione delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria e definitiva».
In esecuzione di tale dettagliato criterio di delega, l’art. 204 del codice dei contratti pubblici aveva interpolato l’art. 120 cod. proc. amm., introducendo ai commi 2-bis, 6-bis e 9 un nuovo rito, variamente denominato “super accelerato”, “super veloce”, “super speciale”, speciale “di terzo grado”.
Esso, infatti, era speciale rispetto a quello di cui all’art. 120 cod. proc. amm. (rubricato «Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a»), il quale, a sua volta, è speciale rispetto a quello previsto dall’art. 119 (rubricato «Rito abbreviato comune a determinate materie»), il quale, a sua volta ancora, è speciale rispetto all’ordinario processo di cognizione.
Il legislatore aveva quindi previsto che «il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali» dei concorrenti andava impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici; e che «l’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale».
A seguito di un vivace dibattito giurisprudenziale, l’art. 19 del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), modificando il citato art. 29 del codice dei contratti pubblici, aveva rafforzato il sistema di comunicazione e pubblicità degli atti di ammissione ed esclusione, chiarendo che il termine d’impugnazione decorreva dal momento in cui essi, corredati di motivazione, fossero resi disponibili all’impresa concorrente.
L’art. 120, comma 2-bis, poi, al terzo periodo, recepiva la regola giurisprudenziale secondo cui non sono impugnabili gli atti del procedimento di gara «privi di immediata lesività», ivi compresa la proposta di aggiudicazione (così superando l’orientamento giurisprudenziale che rendeva facoltativa l’impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria, di cui essa ha preso il posto).
Il rito “super speciale” non apportava alcuna innovazione con riferimento alle esclusioni, perché la giurisprudenza amministrativa ha sempre ritenuto che esse fossero immediatamente lesive e quindi autonomamente impugnabili, mentre il radicale cambio di rotta riguardava la previsione dell’onere di impugnazione dell’altrui ammissione alla gara, che da sempre era stata considerata contestabile esclusivamente al momento dell’aggiudicazione, quando si conoscono il vincitore e gli altri concorrenti “perdenti”, che solo allora acquistano interesse a fare valere l’illegittimità dell’ammissione dell’aggiudicatario e dei soggetti che li precedono in graduatoria.
Il rito si caratterizzava per una (ulteriore) abbreviazione di tutti i termini processuali ed una logica iperacceleratoria di tutte le attività processuali (commi 6-bis e 9).
6.− Nel merito, con la prima questione il rimettente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., perché, in violazione dei princìpi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale (artt. 3 e 24 Cost.), impone al soggetto partecipante alla gara, in un momento in cui non ha alcun interesse concreto all’attivazione dell’iniziativa giurisdizionale, un onere di impugnazione economicamente gravoso, cui è correlata una «sanzione» eccessiva e sproporzionata, ossia la preclusione a fare valere le doglianze avverso le ammissioni nei giudizi a valle sull’aggiudicazione, che sola, per contro, fa sorgere in capo al concorrente l’interesse concreto ed attuale al ricorso.
7.− È noto che il legislatore gode di ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali (ex multis, sentenze n. 172, n. 160, n. 139 e n. 45 del 2019, n. 225, n. 77 del 2018, n. 241, n. 94 del 2017) e nella fissazione di termini di decadenza o prescrizione, ovvero di altre disposizioni condizionanti l’azione (tra le tante, sentenze n. 45 del 2019, n. 6 del 2018, n. 94 del 2017 e n. 155 del 2014), «con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n. 23 del 2015 e n. 157 del 2014), che si ravvisa, con riferimento specifico all’art. 24 Cost., ogniqualvolta emerga un’ingiustificabile compressione del diritto di agire (sentenze n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004)» (sentenza n. 121 del 2016).
In particolare, questa Corte ha costantemente affermato che l’art. 24 Cost. non comporta che il cittadino debba conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i medesimi effetti, purché non vengano imposti oneri o prescritte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell’attività processuale (tra le tante, sentenze n. 199 del 2017, n. 121 e n. 44 del 2016).
8.− Nella specie, la ragione dell’introduzione del rito “super speciale” è stata individuata nell’esigenza di «definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte» (Consiglio di Stato, Adunanza della commissione speciale, parere n. 855 del 1° aprile 2016, avente ad oggetto lo schema di decreto legislativo recante «Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione», ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n.11), con la conseguente creazione di un «nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda» (Consiglio di Stato, sezione quinta, 14 marzo 2017, n. 1059).
Ciò al fine precipuo di evitare «che con l’impugnazione dell’aggiudicazione possano essere fatti valere vizi attinenti alla fase della verifica dei requisiti di partecipazione alla gara, il cui eventuale accoglimento farebbe regredire il procedimento alla fase di ammissione (con grave spreco di tempo e di energie lavorative, oltre pericolo di perdita del finanziamento, il tutto nell’ottica dei princìpi di efficienza, speditezza ed economicità, oltre che di proporzionalità del procedimento di gara)» (Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale del 22 marzo 2017, parere n. 782 citato).
In questo stesso senso si è pronunciata anche la Corte di giustizia, chiamata dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte a decidere sulla compatibilità del rito in questione con la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela (e, in particolare, con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, e con l’art. 1, paragrafi 1 e 2-quater, della direttiva n. 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori). Il giudice europeo, nel fornire risposta positiva, condizionata all’effettiva conoscenza delle ragioni poste a fondamento dei provvedimenti di ammissione ed esclusione, ha osservato che «la realizzazione completa degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 89/665 sarebbe compromessa se ai candidati e agli offerenti fosse consentito far valere, in qualsiasi momento del procedimento di aggiudicazione, infrazioni alle norme di aggiudicazione degli appalti, obbligando quindi l’amministrazione aggiudicatrice a ricominciare l’intero procedimento al fine di correggere tali infrazioni» (Corte di giustizia, quarta sezione, ordinanza del 14 febbraio 2019, in causa C-54/18, Cooperativa Animazione Valdocco Soc. coop. soc. Impresa Sociale Onlus).
8.1.− Si è poi rilevato dall’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato (nel citato parere n. 782 del 2017) che con l’introduzione del rito “super speciale” il legislatore aveva anche inteso porre rimedio alla proliferazione incontrollata dei giudizi “retrospettivi”, incentrati, attraverso il fuoco incrociato dei ricorsi principali e incidentali escludenti, sui requisiti di ammissione alla gara, così neutralizzando, per quanto possibile, «l’effetto “perverso” del ricorso incidentale», anche alla luce del difficile dialogo con la Corte di Giustizia in relazione a tale istituto (dialogo reso ancora più problematico dalla recente sentenza, 5 settembre 2019, sezione decima, in causa C-333/18, Lombardi srl, resa su rinvio pregiudiziale dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato).
9.− Alla stregua di tali considerazioni, tutte condivisibili, la scelta di introdurre il rito in esame non può ritenersi irragionevole, né l’onere di immediata impugnazione e la correlata preclusione processuale, secondo lo schema classico del giudizio impugnatorio, sono tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa.
10.− Quanto alla dedotta violazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost., va invece verificato l’assunto del rimettente, secondo cui l’aver imposto l’attivazione processuale in un momento in cui il ricorrente non ha un interesse concreto all’impugnazione configurerebbe un’ipotesi di giurisdizione di tipo oggettivo.
11.− Non vi è dubbio che, alla luce degli invocati parametri costituzionali, la giurisdizione amministrativa, nelle controversie tra amministrati e pubblico potere, sia primariamente rivolta alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive e solo mediatamente al ripristino della legalità dell’azione amministrativa, legalità che pertanto può e deve essere processualmente perseguita entro e non oltre il perimetro dato dalle esigenze di tutela giurisdizionale dei cittadini.
Nel caso di specie, tuttavia, deve escludersi che il legislatore abbia configurato una giurisdizione di tipo oggettivo volta a tutelare in via esclusiva o prioritaria l’interesse generale alla correttezza e trasparenza delle procedure di affidamento, avendo piuttosto inteso dare autonoma rilevanza all’interesse strumentale o procedimentale del concorrente alla corretta formazione della platea dei soggetti partecipanti alla gara (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 26 aprile 2018, n. 4), interesse che è proprio e personale del concorrente, poiché la maggiore o minore estensione di quella platea incide oggettivamente sulla chance di aggiudicazione (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 11 maggio 2018, n. 6).
Nello stesso senso si è espressa la Corte di giustizia, secondo cui il rischio che un provvedimento illegittimo di ammissione di un concorrente a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico possa cagionare un danno «è sufficiente a giustificare un immediato interesse ad impugnare detto provvedimento, indipendentemente dal pregiudizio che può inoltre derivare dall’assegnazione dell’appalto ad un altro candidato» (Corte di giustizia, quarta sezione, ordinanza 14 febbraio 2019, in causa C-54/18, Cooperativa Animazione Valdocco Soc. coop. soc. Impresa Sociale Onlus), il che evidentemente presuppone il riconoscimento della chance di aggiudicazione come utilità intermedia autonomamente tutelata.
11.1.− Del resto, non mancano nell’ordinamento altre ipotesi positivizzate, in via normativa o giurisprudenziale, di tutela di interessi non “finali” (Consiglio di Stato, sezione sesta, 25 febbraio 2019, n. 1321). È il caso, per restare nell’ambito delle procedure di affidamento, dell’interesse strumentale alla edizione della gara che sia illegittimamente mancata, laddove il ricorrente non agisce, nell’immediato, per l’aggiudicazione ma per il suo interesse a partecipare alla procedura; ovvero, dell’interesse strumentale alla sua caducazione, pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, sempre che sussistano in concreto ragionevoli possibilità di ottenere l’utilità richiesta (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenze 25 febbraio 2014, n. 9, e 7 aprile 2011, n. 4).
11.2.− In effetti, se è vero che gli artt. 24, 103 e 113 Cost., in linea con le acquisizioni della giurisprudenza del Consiglio di Stato, hanno posto al centro della giurisdizione amministrativa l’interesse sostanziale al bene della vita, deve anche riconoscersi che attribuire rilevanza, in casi particolari, ad interessi strumentali può comportare un ampliamento della tutela attraverso una sua anticipazione e non è distonico rispetto ai ricordati precetti costituzionali, sempre che sussista un solido collegamento con l’interesse finale e non si tratti di un espediente per garantire la legalità in sé dell’azione amministrativa, anche al costo di alterare l’equilibrio del rapporto tra le parti proprio dei processi a carattere dispositivo.
12.− In conclusione, la scelta del legislatore di fare emergere, all’interno del procedimento di gara, un distinto interesse strumentale a contestare l’ammissione di altri concorrenti non altera la struttura soggettiva della giurisdizione amministrativa e pertanto non è lesiva degli invocati parametri costituzionali.
13.− Le norme censurate resistono anche al più volte ripetuto rilievo, trasversale a tutte le questioni, che il rito in esame inciderebbe sul diritto di difesa per via dei costi eccessivi imposti alla parte ricorrente, che si troverebbe a dovere versare uno o più (elevati) contributi unificati per i giudizi intrapresi avverso le ammissioni ed un altro (parimenti elevato) contributo unificato per il ricorso avverso l’aggiudicazione, sicché, in sostanza, essa sarebbe dissuasa dal proporre iniziative giurisdizionali «anticipate».
Tale aspetto – anche se indubbiamente merita un’attenta riflessione, come già segnalato dall’Adunanza della commissione speciale del Consiglio di Stato nel parere n. 855 del 21 marzo 2016 – è, nell’argomentazione del rimettente, ancillare rispetto alla tesi principale, sicché, una volta ritenuta legittima l’emersione legislativa dell’interesse procedimentale alla corretta cristallizzazione della platea dei concorrenti, esso non mantiene un’autonoma forza logica.
In ogni caso, il costo in tesi eccessivo del cumulo dei contributi unificati non può essere motivo di illegittimità costituzionale delle norme istitutive del rito “super speciale” ma, eventualmente, di quelle che regolano l’imposizione o la misura del contributo medesimo, norme, quest’ultime, non oggetto dell’odierno scrutinio di costituzionalità.
14.− Il TAR Puglia lamenta, poi, la violazione del principio di eguaglianza, perché le disposizioni censurate irragionevolmente diversificherebbero le ammissioni rispetto agli altri atti endoprocedimentali, per i quali il terzo periodo dell’art. 120, comma 2-bis, ribadisce la regola della non immediata impugnabilità.
15.− L’infondatezza della questione è implicita nelle considerazioni già svolte: al riconoscimento, nel caso di specie, della rilevanza dell’interesse strumentale consegue la legittimità del diverso trattamento normativo.
16.− In un breve passaggio delle ordinanze il rimettente deduce la congiunta violazione degli artt. 24 e 111 Cost., perché il rito “super speciale”, in alternativa al già cennato effetto dissuasivo delle iniziative giurisdizionali, «potrebbe» avere «un effetto di proliferazione dei ricorsi» non compatibile con il principio di ragionevole durata del processo.
17.− La questione, non ulteriormente sviluppata, è inammissibile per contraddittorietà e perplessità, poiché il TAR Puglia stringatamente prospetta una violazione alternativa ed opposta di differenti parametri costituzionali: il rito “super speciale” potrebbe avere un effetto dissuasivo delle controversie o, al contrario, un effetto moltiplicativo delle stesse.
18.− Da ultimo, il rimettente dubita della legittimità costituzionale delle norme censurate per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, perché tali parametri convenzionali, nell’assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale, implicherebbero la libertà del ricorrente di autodeterminarsi in ordine alla concretezza ed attualità dell’interesse ad agire contro le altrui ammissioni alla gara.
19.− In realtà, la Corte EDU lascia all’autonomia degli Stati membri un certo margine di apprezzamento nella configurazione del diritto di accesso a un tribunale e, in particolare, nella previsione di eventuali limiti, a condizione che siano posti per uno scopo legittimo, rispettino il principio di proporzionalità e non abbiano l’effetto di rendere impossibile od oltremodo difficile l’esercizio del diritto convenzionale (tra le tante, Corte EDU, prima sezione, Dimitras contro Grecia, 19 aprile 2018, ricorso n. 11946/11; Corte EDU, prima sezione, Samarzdic contro Croazia, 20 luglio 2017, ricorso n. 32486/14; Corte EDU, prima sezione, Shuli contro Grecia, 13 luglio 2017, ricorso n. 71891/10; Corte EDU, prima sezione, Center for the development of analytical psychology contro Macedonia, 15 giugno 2017, ricorso n. 29545/10; Corte EDU, Grande Camera, Lupeni Greek Catholic Parish e altri contro Romania, 29 novembre 2016, ricorso n. 76943/11).
Poiché, dunque, la giurisprudenza convenzionale segue direttrici ermeneutiche analoghe a quelle di questa Corte in relazione al diritto di difesa e alla sua effettività, deve escludersi il contrasto con gli invocati parametri interposti per le stesse ragioni sopra evidenziate in relazione alla dedotta violazione degli artt. 3 e 24 Cost.
PQM
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con le ordinanze indicate in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 2-bis, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo n. 104 del 2010, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 103, 113 e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 – dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 novembre 2019.
F.to: