1. La concessione instaura un rapporto di diritto pubblico fra Amministrazione concedente e concessionario, che rivestono (la prima) una posizione autoritativa che si compendia in una situazione di interesse legittimo (del secondo). Tale rapporto si connota anche di profili patrimoniali, che sono regolati nell’ambito della convenzione stipulata fra i due enti. In tale prospettiva la concessione, dal punto di vista dell’ordinamento italiano, non esaurisce la sua funzione pubblica nel momento in cui, attraverso il provvedimento amministrativo, a seguito di una procedura, viene individuato il concessionario e affidato al medesimo il servizio. Essa, infatti, affondando le proprie radici in una riserva di amministrazione (quindi in un settore di interesse pubblico) è tesa alla regolamentazione e al controllo dell’esercizio della prerogativa concessa. La sua missione pubblicistica è proprio quella di garantire l’implementazione di quella prerogativa e, nel caso di concessione di servizio pubblico, l’esercizio del servizio.
Tale attribuzione si fonda su una riserva di posizione dell’Amministrazione, nel senso che l’ordinamento assegna all’attore pubblico una particolare posizione di tutela di un certo interesse, consentendogli di poter coinvolgere un soggetto terzo nella relativa gestione. Il connubio fra i due soggetti è tale che il concessionario risponde a titolo di responsabilità erariale acquisendo così un connotato pubblicistico.
2. Gli aspetti che caratterizzano l’istituto della concessione depongono per un inquadramento sensibilmente pubblicistico dell’istituto, che infatti si muove tipicamente (rispetto all’ordinamento pubblicistico) nei limiti dettati dal principio di legalità, nel senso che, in termini generali, la riserva trova fondamento in una norma di legge e così il potere di concederla ad altri.
3. L’istituto della concessione, così come concepito e costruito nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano, non soffre smentita da parte del diritto UE, che si pone nella diversa ottica di garantire, nella fase precontrattuale, la concorrenza fra gli operatori e, nella fase esecutiva, le posizioni, specie economiche, dei contraenti.
Ciò non esclude che il rapporto che integra la fattispecie concessoria di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 possa rivestire i connotati dell’istituto pubblicistico italiano, con le relative conseguenze nella regolamentazione della fase esecutiva. Potrebbe peraltro anche verificarsi il contrario, cioè che un rapporto contrattuale che si qualifica, sulla base del trasferimento del rischio operativo, in termini di concessione per le finalità del d.lgs. n. 50 del 2016, e quindi nella prospettiva del diritto UE, non assuma i connotati dell’istituto pubblicistico italiano.
4. A fronte della duplice prospettiva nella quale può interpretarsi la fattispecie della concessione, la regola processuale relativa all’ampiezza della giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. si riferisce, proprio in ragione della ratio dell’istituto concessorio di diritto pubblico, che comprende la fase esecutiva, a quell’istituto; al contrario, la disciplina della concessione di servizi di derivazione UE esaurisce la propria missione nella procedura di aggiudicazione, non meritando quindi di essere ricompreso nella giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. e rientrando così nel più limitato ambito di applicazione della successiva lett. e).
FATTO e DIRITTO
1. La controversia riguarda la procedura e la declaratoria di decadenza di Sostauto s.r.l. (di seguito “Sostauto”) dalle concessioni relative alla gestione del parcheggio interrato denominato “Santo Stefano”.
2. Avverso gli atti della suddetta procedura Sostauto ha proposto ricorso al Tar Sicilia – Catania.
3. Il Tar Catania ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione con sentenza 27 febbraio 2020, n. 489.
4. Avverso la sentenza di primo grado il soccombente ha interposto appello, con annessa istanza di sospensione, davanti a questo CGARS con ricorso n. 458 del 2020.
5. Nel giudizio di appello si sono costituiti il Comune di Caltagirone e la Regione Siciliana, Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità.
6. Alla camera di consiglio del 23 settembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Il ricorrente, soccombente in primo grado, ha censurato la sentenza impugnata per avere declinato la giurisdizione.
8. Il motivo di gravame è meritevole di accoglimento.
8.1. Prima di trattare la questione di giurisdizione nell’ambito del riparto della medesima fra giudice ordinario e giudice amministrativo il Collegio è chiamato a pronunciarsi sulla clausola compromissoria.
Il Tar ha sul punto statuito che il deferimento della controversia ad arbitri, come risulta dall’allegato 6 al ricorso introduttivo, non riguarda l’intervenuta risoluzione del rapporto per inadempimento (o “decadenza senza indennizzo”) disposta dal Comune di Caltagirone, ma concerne una domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente per presunti inadempimenti dell’Amministrazione Municipale.
Con il ricorso in appello Sostauto ha riferito di avere, il 9 marzo 2020, presentato nel giudizio arbitrale, dopo il deposito della pronuncia di primo grado avvenuto il 27 febbraio 2020, una memoria con la quale ha chiesto al Collegio arbitrale di dichiarare “attesa l’insussistenza dei necessari presupposti di fatto e di diritto a suo fondamento, la illegittimità e o la carenza di efficacia della “dichiarazione di decadenza senza indennizzo alcuno di tutte le concessioni e diritti connessi a favore di Sostauto s.r.l. relative alla gestione del parcheggio interrato denominato “Santo Stefano”, sito in Caltagirone, via Circonvallazione di Ponente, della gestione delle zone di sosta a raso (zone blu) di cui alla convenzione n. 57 dell’01/08/2007”, disposta dal Comune di Caltagirone con determinazione G.M. n. 570/2019, notificata con atto prot. n. 46288 del 03/09/2019” e, “nell’ipotesi di omesso accoglimento della detta domanda, condannare il Comune di Caltagirone di un indennizzo complessivo pari alla sommatoria delle voci sotto elencate sub a), b) e c) o, in via subordinata, nella sola misura indicata sub a), pari a € 7.669.258,00”.
Al riguardo il Collegio ritiene che la controversia rispetto alla quale si discute circa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario o del giudice amministrativo non sia compromettibile in arbitri.
Ciò già sulla base della convenzione stipulata fra le parti.
Il relativo art. 22 contiene la clausola compromissoria avente a oggetto ogni controversia insorta nel corso della progettazione, della costruzione e/o della gestione delle opere. Sono le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto.
La clausola deve essere letta alla luce dell’art. 12 c.p.a. che delimita l’ambito di operatività dell’istituto arbitrale in funzione della posizione giuridica di diritto soggettivo che forma oggetto della domanda.
Secondo il Consiglio di Stato quando la domanda del soggetto è relativa al mancato adempimento da parte delle pubbliche amministrazioni di obblighi patrimoniali, la posizione giuridica dell’interessato ha natura di diritto soggettivo, e quindi rientra pienamente nel campo di applicazione dell’art. 12 c.p.a. ed è deferibile ad arbitri (Cons. St., sez. V, 16 marzo 2016, n. 1053) laddove invece, come nel caso di specie si controverta in ordine a una posizione di interesse legittimo, che necessita, per essere soddisfatto, dell’esercizio del potere pubblico, la controversia non può essere deferita ad arbitri (Cons. St., sez. IV, 2 luglio 2018, n. 4005).
L’art. 12 c.p.a. rinviene, infatti, la sua ratio in quella di evitare la perdita della possibilità di devolvere alla giurisdizione ordinaria degli arbitri liti concernenti diritti soggettivi, quando le stesse fossero state attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Cass. civ., ss. uu., 30 ottobre 2019, n. 27847).
La clausola compromissoria di cui all’art. 22 risulta in linea con l’impostazione dell’art. 12 del c.p.a. in quanto fa riferimento ad attività esecutive del rapporto concessorio.
Nel caso di specie si controverte in ordine all’interesse legittimo del privato di quel rapporto a mantenere la posizione di concessionario in seguito a una decisione che costituisce esercizio di potere autoritativo finalizzato a garantire la continuità e l’affidabilità dell’esercizio del pubblico servizio.
Posto che la posizione dell’appellante, ricorrente in primo grado, si configura, in base a quanto di seguito motivato, in termini di interesse legittimo, la presente controversia non rientra nell’ambito oggettivo di applicabilità della clausola compromissoria, con conseguente inidoneità della domanda presentata nel giudizio arbitrale in data 9 marzo 2020 a costituire un ostacolo all’ammissibilità del ricorso in esame, in disparte ogni considerazione in ordine al rilievo da attribuire al momento cronologico di proposizione della domanda.
9. Passando alla questione del riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo il Tar ha fondato la propria decisione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione sulle seguenti argomentazioni:
a) la controversia riguarda una concessione, tra l’altro, di servizio pubblico e, segnatamente, del servizio di parcheggio nell’area cittadina;
b) dovrebbe considerarsi superato il tradizionale orientamento in base al quale la giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di concessione di servizi riguarda anche, di regola e salvo limitate eccezioni, tutta la fase esecutiva del rapporto, secondo quanto statuito da Cass. civ., ss. uu., 8 luglio 2019, n. 18267;
c) la giurisdizione del giudice amministrativo potrebbe predicarsi nei soli casi in cui l’Amministrazione, successivamente all’instaurazione del rapporto, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sull’affidamento o comunque con provvedimenti adottati in un procedimento amministrativo disciplinato dalla l. n. 241/1990, oltre che nei casi previsti dalla legge (Cass. civ., ss. uu. 18 dicembre 2018, n. 32728);
d) ciò in quanto, dopo la stipulazione del contratto o della convenzione, le parti si trovano in una situazione di parità nella quale l’Amministrazione non esercita ordinariamente poteri autoritativi (Corte cost. 11 febbraio 2011, n. 43 e 18 febbraio 2011, n. 53), mentre nella materia dei pubblici servizi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo può essere affermata solo allorquando la Pubblica Amministrazione agisca esercitando un potere autoritativo (Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204);
e) una conferma di queste conclusioni verrebbe anche dall’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., il quale tipizza le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quelle che costituiscono espressione dell’esercizio di poteri autoritativi;
f) la distanza tra le figure dell’appalto e della concessione, su impulso del diritto europeo, si sarebbe andata riducendo fino a dissolversi, costituendo ormai entrambe le figure “contratti a titolo oneroso”;
g) ciò non significa “che, in relazione a peculiari esigenze di interesse pubblico, non possano residuare in capo all’autorità procedente poteri pubblici riferibili, tra l’altro, a specifici aspetti organizzativi afferenti alla stessa fase esecutiva” (Corte cost. 11 febbraio 2011, n. 43), in relazione ai quali è prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sempre che detti poteri siano tipizzati dalla legge nazionale in senso compatibile con la legislazione europea;
h) al contrario, le controversie nelle quali il petitum sostanziale è l’accertamento dell’adempimento o dell’inadempimento delle parti alle obbligazioni assunte nell’ambito del rapporto concessorio, a fini risolutori o risarcitori, non coinvolgono un controllo sull’esercizio del potere pubblico, in relazione ai parametri di legittimità dell’azione amministrativa provvedimentale;
i) per radicare la giurisdizione esclusiva, in altri termini, non sarebbe sufficiente la mera attinenza della controversia con una determinata materia, occorrendo pur sempre che la controversia abbia ad oggetto, in concreto, la valutazione di legittimità di provvedimenti amministrativi che siano espressione di pubblici poteri (Cass. civ., ss. uu., 25 febbraio 2011, n. 4614);
l) l’attinenza, infatti, della vicenda ad interessi di ordine pubblicistico non sarebbe sufficiente a risolvere il problema del riparto della giurisdizione, perché quel che veramente conta è stabilire se, in funzione del perseguimento di quell’interesse, l’Amministrazione sia o meno dotata di un potere di supremazia, in relazione allo specifico oggetto del contenzioso portato dinanzi al giudice (Cass. civ., ss. uu., 21 luglio 2015, n. 15207 e 20 ottobre 2014, n. 22116);
m) pertanto, per dirimere la questione di giurisdizione, nessun rilievo potrebbe avere la necessità che per decidere sul fatto (inadempimento) dedotto come causa del danno il giudice debba conoscere e valutare il contenuto delle obbligazioni cristallizzate nell’atto convenzionale presupposto, poiché non è la mera occasionalità del collegamento con il potere pubblico (di cui è espressione l’atto concessorio) a determinare il radicamento della giurisdizione (Cass. civ., ss. uu., 5 giugno 2018, n. 14434 e 11 luglio 2017, n. 17110);
n) non si capirebbe altrimenti la ragione della riserva al giudice ordinario delle controversie in tema di “indennità, canoni e altri corrispettivi”, che ugualmente rivelano un collegamento indiretto con l’atto concessorio (e quindi con il potere pubblico) che in tal caso risulta tuttavia inidoneo a radicare la giurisdizione esclusiva; o) una diversa conclusione non potrebbe essere argomentata qualificando la convenzione, in ragione della natura pubblicistica degli interessi curati in via negoziale, come accordo amministrativo a norma dell’art. 11 l. n. 241/1990, atteso che in senso contrario deve osservarsi che, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b) e c), c.p.a., in materia di rapporti concessori, a conoscere delle controversie indennitarie rimane comunque competente il giudice ordinario, mentre per gli accordi amministrativi il giudice amministrativo è competente per l’intera fase di “esecuzione” e quindi anche per i profili indennitari.
10. L’appellante ha censurato la decisione di primo grado deducendo i seguenti motivi di erroneità della declaratoria di difetto di giurisdizione:
I) l’affidamento delle aree pubbliche di sosta mediante appositi provvedimenti concessori è strumentale alla gestione del servizio di riscossione dei proventi dei parcheggi a pagamento ed è funzionale all’organizzazione del traffico veicolare nei centri abitati, con conseguente qualificazione dell’attività in termini di servizio pubblico, vale a dire di attività rispondente a bisogni fondamentali della collettività (Cons. St., 21 luglio 2015, n. 3631);
II) nel caso in esame l’Amministrazione ha adottato un provvedimento autoritativo incidente sull’affidamento del servizio pubblico in concessione all’appellante, con la conseguenza che la presente controversia rientrerebbe nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo ai sensi dell’art. 133 comma 1, lett. c) c.p.a.
III) sarebbe stato erroneamente applicato dal Tar il disposto della sentenza della Corte di cassazione del 2019, richiamata nell’impugnata pronuncia (Cass. civ., ss. uu., 8 luglio 2019, n. 18267).
11. L’Amministrazione resistente ha controdedotto sulla base di plurimi argomenti:
a) il project financing è composto da due fasi distinte, la prima, di natura pubblicistica, rivolta all’individuazione del vincitore della sequenza pubblica, e la seconda, di natura privatistica, vertente sull’individuazione delle reciproche obbligazioni oggetto della convenzione regolatrice,
b) nel caso in esame, la fase di natura pubblicistica si è conclusa mentre nel corso della fase di natura privatistica sono insorte le vicende che hanno dato adito all’esercizio del potere risolutorio, che è stato esercitato “secondo il modello dell’appalto di opera pubblica nella fase di esecuzione del rapporto concessorio”;
c) le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno affermato la giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie aventi ad oggetto il provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione di un pubblico appalto (Cass. civ., ss. uu., 5 ottobre 2018, n. 24411);
d) anche la giurisprudenza amministrativa è univoca nel senso di demandare alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie che hanno ad oggetto il provvedimento di risoluzione anticipata del contratto per grave inadempimento (Cons. St., sez. V, 19 aprile 2019, n. 2543);
e) in sede di regolamento di giurisdizione relativo all’asserito inadempimento di una convenzione tra impresa ed ente locale, avente ad oggetto la concessione temporanea (per 29 anni) di un’area mercatale posta nel centro antico della città, con previsione del potere di ristrutturazione dell’area e di edificazione di un centro commerciale, la controversia relativa alla fase esecutiva, con la reciproca contestazione degli inadempimenti (la cattiva esecuzione delle opere, da un lato, il mancato collaudo e la realizzazione di parcheggi nonché l’autorizzazione comunale di centri concorrenti muniti di parcheggi, dall’altro) e le conseguenti richieste risarcitorie, è stata ritenuta appartenere appartiene alla giurisdizione ordinaria (Cass. civ., ss. uu., 25 febbraio 2019, n. 5453);
f) l’orientamento è stato confermato dalle Sezioni Unite con riferimento alle controversie relative alla fase esecutiva degli appalti (Cass. civ., ss. uu., 31 gennaio 2017, n. 2482);
g) tra queste controversie si annoverano quelle aventi ad oggetto, come nella specie, la risoluzione anticipata del contratto autoritativamente disposta dall’Amministrazione committente a causa dell’inadempimento delle obbligazioni poste a carico dello appaltatore (Cass. civ., ss. uu., 3 maggio 2017, n. 10705);
h) l’orientamento è stato condiviso anche dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2348/2020, emessa proprio in materia di giurisdizione sulla determina di un Ente territoriale di risoluzione per grave inadempimento di un contratto di affidamento del servizio di gestione parcheggi, che ha affermato che “in tema di concessione (anche di servizi pubblici), la giurisdizione del giudice ordinario oltre che riguardare le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, si estende anche alle questioni inerenti l’adempimento e l’inadempimento della concessione stessa, nonché le conseguenze risarcitorie, vertendosi nell’ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui l’amministrazione eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge” (Cass. civ., ss. uu. 8 luglio 2019, n. 18267);
i) nel caso di specie non ci sarebbe spendita di poteri pubblici ma esercizio di facoltà privatistica in corso di esecuzione del rapporto;
l) rientrano in particolare nella fase di esecuzione dell’appalto, e dunque nella giurisdizione del giudice ordinario, le controversie relative alla risoluzione per inadempimento contrattuale (Cass. civ., ss. uu., 8 novembre 2016, n. 22649), le controversie inerenti la risoluzione del contratto conseguente alla perdita della qualificazione SOA, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (Cons. St., sez. IV, 10 novembre 2006 n. 6638).
12. Il Collegio ritiene fondato il ricorso e sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo sulla res controversa.
12.1. E’ passato in giudicato il capo di sentenza concernente la qualificazione, effettuata dal giudice di primo grado, del rapporto controverso in termini di concessione di servizio pubblico e, segnatamente, del servizio di parcheggio nell’area cittadina, atteso che tale capo non è stato appellato, né contestato da alcuna parte.
12.2. Posto ciò si tratta di valutare come si articola la questione della giurisdizione sugli atti impugnati, intervenuti in costanza del suddetto rapporto.
La questione involge non solo la natura giuridica di questi ultimi, ma anche il rapporto nel quale si inseriscono. Ciò in quanto ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. la giurisdizione esclusiva comprende le controversie in materia di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni e altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore.
La disposizione è stata interpretata, anche per differenza con la previsione di giurisdizione esclusiva in materia di affidamenti di lavori, servizi e forniture di cui alla successiva lett. e), n. 1, il cui oggetto è espressamente limitato alla procedura di affidamento, come comprensiva delle controversie insorte anche in fase esecutiva. La giurisprudenza tradizionale formatasi sulla legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, in tema di concessioni di beni o di servizi, riproposta, quanto ai servizi pubblici, con l’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a è nel senso che la giurisdizione amministrativa esclusiva riguardi tendenzialmente tutta la fase esecutiva del rapporto, a eccezione soltanto delle controversie di contenuto meramente patrimoniale, senza alcuna implicazione sul contenuto della concessione (Cass. civ., ss. uu. 4 agosto 2018, n. 20682 e 26 settembre 2017, n. 22357).
12.3. L’applicabilità della previsione di giurisdizione esclusiva di cui alla richiamata lett. c) sconta (innanzitutto, ma non solo, come si vedrà) la necessità di indagare la possibilità di ricomprendere il rapporto controverso nella nozione di concessione di servizi di cui alla suddetta previsione processuale.
Le diverse accezioni con le quali viene usato il termine concessione, anche alla luce della diversa origine ordinamentale della categoria, possono infatti rilevare per l’applicazione della norma.
Nell’ordinamento italiano la concessione è un istituto centrale nel sistema di diritto pubblico dal punto di vista storico, sistematico e funzionale mentre un approfondimento a parte merita il profilo procedurale.
Dal punto di vista storico esso ha segnato la nascita del diritto amministrativo.
La più autorevole dottrina amministrativistica fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 ha, infatti, proceduto alla rivisitazione teorica dell’istituto, assolvendo una duplice finalità, l’emancipazione del diritto amministrativo dal diritto comune e la soluzione di un problema pratico, quello della sorte delle concessioni di pubblica illuminazione a gas, spesso assentite per periodi di tempo pluridecennali, a fronte dell’introduzione dell’illuminazione elettrica, che avrebbe consentito risparmi di spesa. E ciò al fine di consentirne la revoca.
12.4. Dal punto di vista sistematico la posizione dell’istituto si apprezza, specie in relazione all’istituto dell’autorizzazione, anch’esso favorevole per il destinatario, in relazione al rapporto fra ordinamento giuridico amministrativo e ordinamento generale.
Inizialmente la distinzione fra i due istituti è stata individuata nel senso che le autorizzazioni rimuovono un ostacolo che impedisce l’esercizio di diritti di cui il privato è già titolare mentre con le concessioni si conferiscono al destinatario nuove facoltà.
Al di là della controversia sull’effetto costitutivo – che si ritiene entrambi i tipi di provvedimento possano produrre – l’autorizzazione impone un connotato pubblico a un’attività che, in assenza di provvedimento, il privato avrebbe potuto compiere sulla base delle regole dell’ordinamento giuridico generale. L’imprinting di diritto amministrativo svolge il solo compito di funzionalizzare quell’attività a un fine pubblico, di attrarre una situazione nell’orbita del diritto amministrativo.
La concessione costituisce invece il viatico di ingresso della posizione del concessionario all’interno dell’ordinamento giuridico generale, nel senso che, in mancanza dell’atto, il destinatario non è legittimato, sulla base delle regole giuridiche generali, a svolgere quell’attività o a ricoprire quella posizione. Ciò in quanto i procedimenti concessori hanno a oggetto l’amministrazione di interessi relativi a beni della vita riservati ai pubblici poteri. L’attribuzione ai privati delle posizioni che involgono tali interessi pubblici avviene sul presupposto di una previa decisione in tal senso dell’Amministrazione rispetto alla quale il soggetto istante è portatore di una posizione di interesse legittimo.
12.5. Dal punto di vista funzionale la concessione è storicamente nata come atto di benevolenza sovrana attributivo di un privilegio (di cui intestatario era proprio il monarca). Attualmente le concessioni possono avere un contenuto variegato, ricomprendendo ipotesi di organizzazione della sovranità (attraverso la concessione della cittadinanza), di uso di beni pubblici, di erogazione di servizi pubblici e di erogazione di sovvenzioni.
Il connotato che le accomuna sta proprio nell’accordare al privato una posizione che altrimenti non avrebbe avuto nell’ambito dell’ordinamento, rispettivamente quella dello status di cittadino, dell’utilizzatore del bene pubblico, dell’esercente il pubblico servizio e del partecipante al programma politico pubblico al quale è funzionale la convenzione.
Tale attribuzione si fonda su una riserva di posizione dell’Amministrazione, nel senso che l’ordinamento assegna all’attore pubblico una particolare posizione di tutela di un certo interesse, consentendogli di poter coinvolgere un soggetto terzo nella relativa gestione. Il connubio fra i due soggetti è tale che il concessionario risponde a titolo di responsabilità erariale acquisendo così un connotato pubblicistico.
12.6. Gli aspetti sopra trattati relativi all’istituto della concessione depongono per un inquadramento sensibilmente pubblicistico dell’istituto, che infatti si muove tipicamente (rispetto all’ordinamento pubblicistico) nei limiti dettati dal principio di legalità, nel senso che, in termini generali, la riserva trova fondamento in una norma di legge e così il potere di concederla ad altri.
Nondimeno, in tale materia, il principio di legalità è connotato da alcune particolarità.
Da un lato la vera e propria riserva può trovare fondamento, oltre che in una legge, in un atto amministrativo, sempre che dell’interesse pubblico sotteso sia intestatario per legge il concedente e che l’effetto non autoritativo nei confronti del destinatario (che ha presentato istanza di concessione) rende ammissibile l’applicazione dell’istituto a meno che non sia vietato dalle regole ordinamentali.
In particolare, questo particolare atteggiarsi del principio di legalità si verifica nell’ambito delle concessioni di servizio che non sempre riguardano settori riservati per legge all’Amministrazione.
Il pubblico servizio infatti può essere definito tale anche attraverso una decisione amministrativa dell’ente pubblico, il quale può poi provvedere a organizzarlo anche attraverso un rapporto concessorio.
Anche in tal caso, comunque, il soggetto concedente deve essere per legge intestatario dell’interesse pubblico coinvolto e, sulla base di ciò, può provvedere alla relativa regolazione nel rispetto del principio di sussidiarietà.
In tale prospettiva il pieno rispetto del principio di sussidiarietà dovrebbe comportare che l’assunzione del pubblico servizio per atto amministrativo avvenga in settori nei quali l’operare dei meccanismi concorrenziali e le necessità connesse allo scopo di lucro delle attività imprenditoriali non consentano di soddisfare altrimenti l’esigenza della collettività, cosicché la riserva non costituisce il portato della decisione amministrativa ma il suo presupposto.
Con riferimento ai servizi pubblici, infatti, l’esperienza europea conosce una dimensione di concorrenza nel mercato in molti settori, nei quali l’intervento pubblico è avvenuto allo scopo di togliere o ridurre barriere di accesso al mercato per assicurare il pieno esercizio delle libertà economiche nel mercato unico. In tal senso si inseriscono parte dei compiti attribuiti alle autorità di regolazione dei settori di mercato rilevanti.
In caso di assenza di mercato (perché il servizio non ha rilevanza economica, perché si tratta di un servizio universale che non garantisce il criterio dell’economicità o perché si ritiene che i cittadini debbano accedere al servizio a prezzi calmierati) la soddisfazione delle esigenze della collettività è rimessa all’operatore pubblico che vi provvede facendo assurgere quella determinata attività a servizio (appunto) pubblico e organizzandolo nelle forme previste dall’ordinamento, tra le quali è ricompresa la concessione.
In ogni caso, perché si possa parlare di concessione, bisogna che gli interessi sottesi alla prerogativa che ne costituisce l’oggetto siano riservati all’Amministrazione per legge o, in alternativa, per la materia dei servizi pubblici, non trovino soddisfazione da parte degli operatori privati.
E’ questo il tratto più delicato della costruzione pubblicistica della concessione di servizi poiché le scelte amministrative non sempre tengono conto del principio di sussidiarietà (che non trova origine nella tradizione costituzionale italiana, essendo stato introdotto con la l. cost. n. 3 del 2001) quale presupposto di legittimità dell’assunzione del medesimo attraverso un provvedimento amministrativo.
12.7. Nondimeno il provvedimento concessorio è un provvedimento amministrativo posto che, come tutti i provvedimenti amministrativi, costituisce il risultato del bilanciamento fra gli interessi coinvolti, fra i quali si rinvengono gli interessi pubblici sottesi alla riserva o comunque alla necessità di assumere l’erogazione del servizio, e si connota per il fatto che attribuisce al privato prerogative che, nell’ordinamento generale, sono proprie soltanto del soggetto pubblico, essendo il portato della posizione di autorità che lo connota, e nel contempo esclude altri da quella posizione.
Il connubio che, a seguito della concessione, si instaura fra soggetto pubblico e privato è tale da coinvolgere quest’ultimo nel programma pubblico facendolo partecipe della posizione, a volte anche autoritativa, che lo connota e comunque utilizzando proprio quella posizione per implicarlo.
La concessione, pertanto, instaura un rapporto di diritto pubblico fra Amministrazione concedente e concessionario, che rivestono (la prima) una posizione autoritativa che si compendia in una situazione di interesse legittimo (del secondo). Tale rapporto si connota anche di profili patrimoniali, che sono regolati nell’ambito della convenzione stipulata fra i due enti. Per lungo tempo si è parlato di concessioni-contratto.
La suddetta connotazione, e quindi la sottostante riserva, da intendersi nel senso sopra delineato, costituisce anche il limite dell’istituto di diritto pubblico, nel senso che, in mancanza dei suddetti requisiti, si è al di fuori della categoria pubblicistica della concessione amministrativa.
12.8. In tale prospettiva la concessione, dal punto di vista dell’ordinamento italiano, non esaurisce la sua funzione pubblica nel momento in cui, attraverso il provvedimento amministrativo, a seguito di una procedura, viene individuato il concessionario e affidato al medesimo il servizio. Essa, infatti, affondando le proprie radici in una riserva di amministrazione (quindi in un settore di interesse pubblico) è tesa alla regolamentazione e al controllo dell’esercizio della prerogativa concessa. La sua missione pubblicistica è proprio quella di garantire l’implementazione di quella prerogativa e, nel caso di concessione di servizio pubblico, l’esercizio del servizio.
12.9. Specularmente sono previste fattispecie di giurisdizione esclusiva che arrivano a coprire anche il momento esecutivo relativamente alle controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche (art. 133, comma 1, lett. b) c.p.a.) e alle controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore (art. 133, comma 1, lett. c) c.p.a.).
12.10. Non fa venir meno la connotazione pubblicistica del rapporto concessorio, quando essa è presente nei termini sopra delineati, la circostanza che debba applicarsi la procedura a evidenza pubblica per addivenire alla scelta del concessionario.
I contratti a evidenza pubblica, infatti, sono una categoria procedimentale, che dal punto di vista sostanziale può essere applicata a contratti diversi, ordinari, speciali e a oggetto pubblico.
L’aspetto procedimentale, e l’imposizione di regole che garantiscano concorrenza fra gli aspiranti, trova il proprio ancoraggio, nell’ambito dell’ordinamento italiano, nel principio di uguaglianza e di libertà economica e, nell’ambito del diritto UE, nei principi del mercato comune e di libera prestazione dei servizi, oltre che nelle direttive di settore (dir. 89/440/CEE, direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE e direttive n. 2014/23, 2014/24 e 2014/25/UE, attuate con il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50).
L’imposizione di regole procedimentali ai fini della stipulazione della concessione (di servizi) trova storicamente e sistematicamente la propria ragion d’essere nella distinzione che intercorre rispetto al contratto d’appalto.
Quest’ultimo è un contratto di diritto civile, con annessi alcuni elementi di specialità. Esso è disciplinato da norme di diritto pubblico quanto alla scelta del contraente al fine di garantire quella concorrenza per il mercato di ascendenza eurounitaria.
In tale prospettiva la fase pubblicistica si esaurisce nella procedura di aggiudicazione, cioè nella gara di scelta del contraente. Ciò in quanto le norme di diritto pubblico sono volte a garantire l’uguaglianza (concorrenziale) fra gli aspiranti al contratto in ragione della rilevanza della risorsa pubblica nella creazione del mercato unico e anche quale strumento di superamento dei cicli economici avversi.
L’oggetto del contratto che si va a stipulare infatti non viene regolamentato dal diritto eurounitario se non per alcune norme di esecuzione, volte principalmente a declinare in maniera uniforme il rapporto esecutivo nell’ambito degli Stati membri, spesso declinazione di tipiche facoltà civilistiche.
Nell’impostazione dell’Unione europea è stato importante distinguere l’appalto dalla concessione, rispetto alla quale mancava in origine una regolamentazione della disciplina procedimentale e per la quale anche oggi è prevista una regolamentazione in parte differente.
La diversità fra appalto e concessione è stata individuata ed è individuata, nell’ottica di un ordinamento, quello dell’UE, fortemente improntato, specie all’inizio, all’implementazione delle libertà economiche nel mercato comune, nella diversa allocazione dei rischi. Nel senso che vi è concessione, nell’ottica europea, allorquando il concessionario assume su di sé il rischio operativo che controbilancia la posizione particolare che esso assume in seguito all’ottenimento della concessione.
Nondimeno la distanza tra le figure dell’appalto e della concessione, nella prospettiva del diritto europeo, si è andata riducendo.
Tale riduzione della distanza si misura peraltro soprattutto in relazione all’oggetto specifico della disciplina UE, cioè la fase della gara, che, per entrambi gli istituti, diventa la ragione prima dell’imposizione di regole imperative (di diritto pubblico, per differenza rispetto alla libertà precontrattuale di stampo privatistico, e quale portato della scarsità e rilevanza della risorsa pubblica nel mercato unico europeo) per la scelta del contraente.
Tale circostanza si specchia in una previsione di giurisdizione esclusiva limitata alla fase procedurale dell’affidamento, in sintonia con la funzione della regolamentazione, concentrata, come si è detto, sulla gara, e estesa, solo in minima parte, anche alla fase esecutiva.
In tal senso non coglie nel segno il richiamo a quell’orientamento della Corte di cassazione che afferma la giurisdizione del giudice ordinario sulle controversie aventi ad oggetto il provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione di un pubblico appalto (per inadempimento contestato in sede di anticipata esecuzione del contratto), giungendo alla conclusione che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo arriva sino al limite invalicabile dell’atto di aggiudicazione definitiva, non potendo estendersi al segmento procedimentale successivo (Cass. civ., ss. uu., 5 ottobre 2018, n. 24411). Per lo stesso motivo (si tratta comunque di un appalto) è parimenti inconferente il richiamo alla giurisprudenza amministrativa che si pone nel senso di demandare alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie che hanno ad oggetto il provvedimento di risoluzione anticipata del contratto per grave inadempimento disposto ex art. 163, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (ora art. 108, comma 3, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), e ciò “dovendo l’atto risolutivo essere qualificato come una forma di autotutela contrattuale riconosciuta alla Pubblica amministrazione che incide sul diritto soggettivo del contraente privato; allo stesso modo, qualora l’amministrazione pubblica ottenga la risoluzione del contratto invocando la clausola risolutiva espressa ex art. 1456 cod. civ., ivi contenuta, la controversia tra le parti contraenti appartiene alla giurisdizione ordinaria per essere l’atto risolutivo esercizio di diritto potestativo governato dal diritto comune e non di poteri autoritativi di matrice pubblicistica dell’amministrazione pubblica nei confronti del privato” (Cons. St., sez. V, 19 aprile 2019, n. 2543).
Risulta inconferente anche il richiamo alla giurisdizione in materia di concessione di lavori, che non può essere ricompresa nella fattispecie concessoria, essendo piuttosto assimilabile alla categoria degli appalti, così inquadrandosi quella giurisprudenza che intesta al giudice ordinario la relativa giurisdizione (Cass. civ., ss. uu., 25 febbraio 2019, n. 5453).
12.11. L’istituto della concessione, così come concepito e costruito nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano, non soffre smentita da parte del diritto UE, che si pone nella diversa ottica di garantire, nella fase precontrattuale, la concorrenza fra gli operatori e, nella fase esecutiva, le posizioni, specie economiche, dei contraenti.
Ciò non esclude che il rapporto che integra la fattispecie concessoria di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 possa rivestire i connotati dell’istituto pubblicistico italiano, con le relative conseguenze nella regolamentazione della fase esecutiva.
Del resto, lo stesso legislatore Ue non sembra ignorare la funzione pubblicistica che può svolgere la concessione allorquando si preoccupa di assicurare l’equilibrio economico finanziario del concessionario nel corso del tempo attraverso il PEF, che consente all’Amministrazione di valutare la sostenibilità dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione.
Potrebbe peraltro anche verificarsi il contrario, cioè che un rapporto contrattuale che si qualifica, sulla base del trasferimento del rischio operativo, in termini di concessione per le finalità del d.lgs. n. 50 del 2016, e quindi nella prospettiva del diritto UE, non assuma i connotati dell’istituto pubblicistico italiano.
12.12. A fronte della duplice prospettiva nella quale può interpretarsi la fattispecie della concessione la regola processuale relativa all’ampiezza della giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. si riferisce, proprio in ragione della sopra illustrata ratio dell’istituto concessorio di diritto pubblico, che comprende la fase esecutiva, a quell’istituto laddove la disciplina della concessione di servizi di derivazione UE esaurisce la propria missione nella procedura di aggiudicazione, non meritando quindi di essere ricompreso nella giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. e rientrando così nel più limitato ambito di applicazione della successiva lett. e).
12.13. Nel caso di specie, la qualificazione in termini di concessione di servizio pubblico, non contestata (si è detto che il relativo capo di sentenza è passato in giudicato), è stata effettuata in termini generali, basandola sul concetto di servizio pubblico, non sui parametri economici del rischio operativo che connotano la nozione di concessione di servizi pubblici di origine eurounitaria. Pertanto essa si sostanzia nell’attribuzione del connotato concessorio tipico della tradizione italiana.
13. Quanto sopra potrebbe rivelarsi sufficiente a affermare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., che comprende. Come già illustrato sopra, tutta la fase esecutiva del rapporto, a eccezione soltanto delle controversie di contenuto meramente patrimoniale, senza alcuna implicazione sul contenuto della concessione la estende.
Tanto è pertanto sufficiente per affermare la giurisdizione nel caso di specie, senza necessità di indagare la natura giuridica dell’atto impugnato.
Del resto le ragioni dell’individuazione di materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si rinvengono nella difficoltà intrinseca di distinguere i due tipi di situazione giuridiche soggettive, diritti e interessi legittimi.
Negli ambiti devoluti alla giurisdizione esclusiva, pertanto, non ponendosi in discussione la diversità di relazioni intercorrenti tra singolo e amministrazione che interesse legittimo e diritto soggettivo esprimono si prescinde, quanto meno ai fini di individuare il giudice dotato di giurisdizione, dall’indagine sulla natura degli atti che le fronteggiano.
L’introduzione della giurisdizione esclusiva risale, infatti, al r.d. 30 dicembre 1923, n. 2840 – nel quale furono inserite anche normative più antiche e successivamente venne trasfuso nel testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con il r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 – e riguardava originariamente, in modo particolare, le controversie di pubblico impiego, settore in cui venivano in rilievo “figure” nelle quali tali situazioni giuridiche apparivano così connesse e di tanta incerta qualificazione da rendere difficile identificarne la natura . Il legislatore dell’epoca decise, pertanto, di attribuire in blocco al giudice amministrativo tutte le controversie ricadenti in tale ambito, incluse quelle, quali quelle relative all’adempimento delle obbligazioni patrimoniali del datore di lavoro, che, secondo la regola del riparto fondata sulle situazioni soggettive del richiedente giustizia, sarebbero rientrate nella giurisdizione del giudice ordinario.
Le materie devolute alla giurisdizione esclusiva si caratterizzano, quindi, per la compresenza di interessi legittimi e diritti soggettivi strettamente connessi tra loro, cioè per “la inscindibilità delle questioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo, e per la prevalenza delle prime” (Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204).
E, anzi, la compatibilità costituzionale delle norme di legge devolutive di controversie alla detta giurisdizione richiede proprio che vi siano coinvolte situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo strettamente connesse (Corte cost. 15 luglio 2016, n. 179).
Ciò in quanto i poteri che connotano l’autorità amministrativa possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi, sia mediante moduli consensuali, sia mediante comportamenti, così interagendo con variegate e sovrapponibili situazioni giuridiche soggettive.
Ne deriva che non è la natura dell’atto a delimitare l’ambito della giurisdizione esclusiva, appunto in quanto essa si configura anche rispetto ad atti paritetici, ma la circostanza che l’Amministrazione spenda un potere pubblico.
La giurisprudenza della Corte costituzionale, che si è misurata in particolare con l’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva in vasti settori dell’agire pubblico a opera degli artt. 33 e ss. d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituiti dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, identifica, infatti, i criteri che legittimano tale giurisdizione in riferimento esclusivo alle materie prescelte dal legislatore e all’esercizio, ancorché in via indiretta o mediata, di un potere pubblico (Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204 e 11 maggio 2006, n. 191), così escludendo i “meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio” (Corte cost. 15 luglio 2016, n. 179).
13.1. Nondimeno il Collegio ritiene necessario indagare anche la natura giuridica dell’atto impugnato, sulla base della quale è stato dichiarato il difetto di giurisdizione da parte del giudice di primo grado.
L’orientamento in base al quale la giurisdizione amministrativa esclusiva riguarda tendenzialmente tutta la fase esecutiva del rapporto sarebbe stato, infatti, “superato” secondo quanto argomentato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con ordinanza 8 luglio 2019, n. 18267.
La giurisprudenza più recente ha ripartito la giurisdizione sulle controversie relative alla fase esecutiva di una concessione di servizio nel senso di attribuirla al giudice ordinario quando hanno a oggetto l’adempimento e la correlata determinazione dei diritti e degli obblighi dell’amministrazione e del concessionario, nonché la valutazione “in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo” e al giudice amministrativo nei casi in cui l’amministrazione, successivamente all’aggiudicazione definitiva, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sulla procedura di affidamento, mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio, o comunque adotti atti autoritativi in un procedimento amministrativo disciplinato dalla l. n. 241/1990, oltre che nei casi previsti dalla legge (Cass. civ., ss. uu., 8 luglio 2019, n. 18267 e 18 dicembre 2018, n. 32728). Ciò in quanto il potere autoritativo “non è ravvisabile in linea di principio quando, esaurita la fase pubblicistica della scelta del concessionario, sia sorto il “vincolo” contrattuale e siano in contestazione la delimitazione del contenuto del rapporto, gli adempimenti delle obbligazioni contrattuali e i relativi effetti sul piano del rapporto, salvo che l’amministrazione intervenga con atti autoritativi che incidono direttamente, seppure successivamente all’aggiudicazione, sulla procedura di affidamento mediante esercizio del potere di annullamento d’ufficio o comunque nella fase esecutiva mediante altri poteri riconosciuti dalla legge” (Cass. civ., ss. uu., 8 luglio 2019, n. 18267 e 18 dicembre 2018, n. 32728).
Anche la giurisprudenza amministrativa è orientata nel senso che la giurisdizione del giudice ordinario è ancorata alle questioni inerenti l’adempimento e l’inadempimento della concessione stessa, nonché alle conseguenze risarcitorie, relativi ai rapporti paritetici, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui l’amministrazione eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge (Cons. St., sez. V, 9 aprile 2020, n. 2348, emessa proprio in materia di giurisdizione sulla determina di un Ente territoriale di risoluzione per grave inadempimento di un contratto di affidamento del servizio di gestione parcheggi).
13.2. Si tratta quindi di esaminare il caso di specie al fine di valutare se i provvedimenti impugnati costituiscano esercizio di pubblico potere nel senso di cui alla giurisprudenza della Corte costituzionale (“la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo”, Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204).
Oggetto di gravame sono la determinazione dirigenziale n. 570 in data 9 agosto 2019 del Comune di Caltagirone, recante “dichiarazione di decadenza senza indennizzo alcuno di tutte le concessioni e diritti connessi a favore di Sostauto s.r.l. relative alla gestione del parcheggio interrato denominato “Santo Stefano”, sito in Caltagirone, via Circonvallazione di Ponente, della gestione delle zone di sosta a raso (zone blu) di cui alla convenzione n. 57 dell’1 agosto 2007”, la nota n. 34099 del 18 giugno 2019 con cui il Comune di Caltagirone ha avviato il relativo procedimento amministrativo, la delibera di Giunta 8 giugno 2019 n. 86, con la quale si è preso atto delle risultanze istruttorie della commissione consultiva contratti per l’avvio del procedimento amministrativo volto alla dichiarazione di decadenza e la nota n. 46288 in data 3 settembre 2019 con cui è stata comunicata alla ricorrente la determina n. 570 del 9 agosto 2019.
In sostanza è stato impugnato il procedimento concluso con la dichiarazione di “decadenza” senza indennizzo alcuno di tutte le concessioni e diritti connessi a favore di Sostauto s.r.l. relative alla gestione del parcheggio interrato denominato “Santo Stefano”, sito in Caltagirone, adottata con determinazione dirigenziale n. 570 in data 9 agosto 2019 del Comune di Caltagirone.
I motivi posti a fondamento della decisione sono, sulla base della delibera 8 giugno 2019, richiamata dalla determina 9 agosto 2019, i seguenti:
– la società di progetto concessionaria Sostauto s.r.l. non avrebbe provveduto ad adeguare il proprio capitale sociale a € 2.291.683,00, conformandosi alle previsioni dello stato patrimoniale sviluppato per ogni anno di durata di concessione in seno al programma economico finanziario del 15 giugno 2007 allegato alla convenzione di concessione (capitale sociale della Sostauto s.r.l. che sarebbe, tra l’altro, già insufficiente rispetto alle previsioni del bando), “in violazione delle premesse alla convenzione di concessione rep. n. 57 del primo agosto 2007 (pag. 12 e ss.) e delle statuizioni rese in data 12 luglio 2007 dal Collegio Arbitrale nominato ai sensi dell’art. 23 della convenzione nonché degli art. Artt. 13 d.lgs. 358/1992 – 1 e 3 d.lgs. 157/1995; 47 direttiva 2004/18 EU; 41 d.lgs. 163/2006; 58 direttiva 2014/24/EU – 83 e 176 comma 1 lett. a); b); c) d.lgs. n. 50/2016”;
– sarebbe stata eseguita la cessione delle quote, pari all’ 85% del capitale sociale della società concessionaria, da parte della controllante I.L.M.A. Costruzioni s.p.a. a socio unico (già posta in liquidazione volontaria in data 5 maggio 2014) nell’ambito del concordato preventivo con cessione pro soluto di tutti i beni ai creditori proposto da quest’ultima società e omologato dal Tribunale di Caltagirone in data 12 marzo 2015, senza peraltro alcuna previa autorizzazione e/o comunicazione all’Ente concedente, “in violazione degli articoli artt. 3 – 4 del bando; comma 45, 46 premesse convenzione e art. 2, 8, 12, 27.1 della convenzione nonché Artt. 37 quinques l. 109/1994; 156 d.lgs. 163/2006; 42 – 43 direttiva 2014/23 EU; 106 comma 1, lett. d) n. 2 – 110- 174 – 175 – 184 d.lgs. 50/2016; art. 2497 cod. civ; artt. 81 comma 2 e dai 186 bis l.f.”;
– a seguito della procedura concorsuale sopra menzionata sarebbero venute meno le garanzie prestate solidalmente agli altri soci della società concessionaria dalla ILMA s.p.a. socio unico in liquidazione a favore del Comune di Caltagirone e, inoltre, sarebbero venute meno o comunque si sarebbe fortemente ridotto il valore delle garanzie prestate, unitamente al Comune di Caltagirone, a favore dell’Istituto di credito finanziatore del progetto Mediocreval s.p.a. (oggi Credito Valtellinese soc. coop. p.a.), con conseguente maggiore esposizione debitoria dell’Ente pubblico, “alterando di fatto l’equilibrio economico- finanziario a base della realizzazione dell’opera sovracaricando il Comune di Caltagirone e la ripartizione dei rischi gestionali, già in parte ricadenti in capo al Comune, in violazione degli articoli artt. 19, commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, l. 109/1994; 87, comma 2 d.P.R. n. 554/1999; art. 143 d.lgs. 163/2006; art. 5 direttiva 2014/23 EU; 3 comma 1 lett. zz) uu) vv) 165 comma 1 d.lgs. 50/2016; 1344 c.c.”;
– dalla lettura dei bilanci dell’ultimo quinquennio, depositati dalla società concessionaria Sostauto s.r.l., sarebbe esposta la copertura di perdite d’esercizio, maturate nel corso degli anni, non con apporti di capitali ma con utilizzo di finanziamenti del socio controllante ILMA s.p.a., vincolati a garanzia del rimborso dei finanziamenti ricevuti dall’istituto di credito e garantiti anche dal Comune di Caltagirone;
– dalla lettura della domanda di accesso all’arbitrato, notificata in data 23 gennaio 2019 non sarebbero confermati l’assenza o la carenza di capitali propri della società concessionaria;
– la società concessionaria sarebbe inadempiente al regolare versamento delle rate dei mutui contratti con il Mediocreval s.p.a. e garantiti dal Comune di Caltagirone e avrebbe prorogato senza comunicazione al cogarante Comune le scadenze finali utili al rimborso dei finanziamenti ricevuti dalla concessionaria. In particolare, dal 30 giugno 2015 al 31.12.2018 quanto al finanziamento a provvista di mercato per euro 3.750.000,00, nonché al 31.12.2024 quanto all’ulteriore finanziamento per euro 3.750.000,00. Pertanto non risulta chiaramente intellegibile se il finanziamento pubblico, deliberato dall’Assessorato regionale a favore del Comune di Caltagirone, e ceduto alla società Sostauto, sia stato effettivamente utilizzato a decurtazione dei sopracitati finanziamenti concessi dall’Istituto di credito e garantiti dal Comune di Caltagirone;
– la concessionaria avrebbe tenuto una condotta contraria a buona fede in relazione alla problematica della sosta dei disabili, imponendo l’intervento tramite ordinanza n. 169 del 13 settembre 2017, con la quale il Sindaco, a seguito delle “ingiustificate” sanzioni applicate dalla concessionaria Sostauto s.r.l. alla sosta da parte dei disabili negli stalli loro riservati, ha disposto l’esonero dal pagamento nelle zone blu per gli automezzi che espongono apposito contrassegno di invalidi.
In conclusione nella richiamata delibera si legge che:
– la proroga delle scadenze dei finanziamenti, non comunicate né autorizzate dall’Ente garante, in uno alla situazione di pesante difficoltà economica/finanziaria della società concessionaria e al venir meno delle garanzie offerte dal co-garante Ilma s.p.a. a socio unico, hanno riflessi sulla situazione economico/finanziaria presente e futura del Comune di Caltagirone, incidendo sulla reputazione della solvibilità dell’Ente e sull’equilibrio dei bilanci futuri, con concreti rischi di rilevanti danni erariali;
– la gestione del rapporto concessorio da parte della Sostauto s.r.l. non risulta conforme ai principi di trasparenza, economicità ed efficienza in violazione dell’art. 9 della convenzione n. 57 del 01.08.2008 e concretizza, altresì, ipotesi di decadenza e revoca, ex art. 27.1 della convenzione citata, delle concessioni senza indennizzo alcuno in quanto riconducibili all’esclusiva responsabilità della società concessionaria Sostauto s.r.l. risultando in aperta violazione di norme di legge anche di derivazione comunitaria.
Con determina 9 agosto 2010, n. 570, il Comune, dopo avere valutato le osservazioni della società concessionaria, ha disposto la decadenza ai sensi dell’art. 27.1 della convenzione.
Ai sensi dell’art. 27.1 della convenzione in caso di inosservanza o violazione della convenzione il Comune di Caltagirone ha la facoltà di procedere alla revoca della convenzione senza che il concessionario possa pretendere diritti o indennizzi.
13.3. Al riguardo il Collegio osserva che, impregiudicata ogni valutazione in punto di fondatezza delle motivazioni addotte dal Comune, queste costituiscono espressione del potere di controllo e vigilanza affidato all’Ente concedente al fine di assicurare alla collettività di riferimento la fruizione del servizio pubblico nei modi preventivati.
In particolare risulta preordinata a tale finalità la vigilanza sulla consistenza economica del soggetto concessionario, alla quale sono da ricondurre molti dei motivi posti alla base della determina impugnata (mancato adeguamento del capitale sociale, cessione di rilevanti quote del capitale sociale della società concessionaria da parte della controllante I.L.M.A. Costruzioni s.p.a., in liquidazione volontaria dal 5 maggio 2014, venir meno delle garanzie prestate solidalmente agli altri soci della società concessionaria dalla ILMA s.p.a. a favore del Comune di Caltagirone e venir meno o riduzione consistente del valore delle garanzie prestate, unitamente al Comune di Caltagirone, a favore dell’Istituto di credito finanziatore del progetto Mediocreval s.p.a., perdite d’esercizio, maturate nel corso degli anni, coperte non con apporti di capitali ma con utilizzo di finanziamenti del socio controllante ILMA s.p.a., vincolati a garanzia del rimborso dei finanziamenti ricevuti dall’istituto di credito e garantiti anche dal Comune di Caltagirone, inadempimento al regolare versamento alla scadenza delle rate dei mutui contratti con il Mediocreval s.p.a. e garantiti dal Comune di Caltagirone e proroga delle scadenze dei finanziamenti, non comunicate né autorizzate dall’Ente garante).
La convenzione stipulata fra le parti disciplina con due diversi articoli la sopravvenuta estinzione del rapporto concessorio per fatti (in tesi) imputabili al concessionario.
Con l’art. 26 prevede i casi e le modalità della risoluzione della convenzione per inadempimento del concessionario.
Con l’art. 27 stabilisce la ipotesi di “revoca” della convenzione per inosservanza e/o violazione delle disposizioni del patto.
Le due previsioni si rivolgono a patologie differenti.
La prima richiama espressamente l’art. 1454 c.c. e ha di mira i fatti di inadempimento a obbligazioni aventi contenuto patrimoniale contenute nella medesima convenzione.
La seconda, che già dal nomen utilizzato, “revoca”, tradisce il riferimento all’interesse pubblico (indipendentemente dalla correttezza del riferimento), invece intende sanzionare quei comportamenti che, pur non concretizzandosi nella violazione di una delle obbligazioni contenute nella convenzione, impediscono il pieno soddisfacimento degli interessi ai quali quella convenzione è finalizzata.
Il mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario non costituisce, infatti, l’oggetto di una delle obbligazioni di cui alla convenzione.
Lo stesso codice dei contratti pubblici stabilisce che il PEF, volto a dimostrare la concreta capacità del concorrente di correttamente eseguire la prestazione per l’intero arco temporale prescelto attraverso la responsabile prospettazione di un equilibrio economico – finanziario di investimenti e connessa gestione, nonché il rendimento per l’intero periodo, “il che consente all’amministrazione concedente di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione stessa” (Cons. St., sez. V, 13 aprile 2018, n. 2214), rappresenta il presupposto per la corretta allocazione del rischio operativo (art. 165 d.lgs. n. 50/2016), non una delle obbligazioni del concessionario.
Anche la tematica delle garanzie è affrontata dalla convenzione in termini di presupposto della stipulazione. Ai sensi dell’art. 16 della convenzione il contraente, nel momento della stipulazione, fornisce la prova dell’avvenuta costituzione delle cauzioni e delle garanzie.
L’impostazione evidenzia come le tematiche di sostenibilità della concessione e di affidabilità del contraente involgano non le mere partite corrispettive derivanti dall’accordo ma il sottostante (e rilevante nella fattispecie concessoria quale istituto di diritto pubblico) interesse pubblico sotteso, in quanto costituiscono il presupposto della continuità dell’erogazione del servizio, nonché della qualità con la quale il medesimo è espletato.
Specularmente, allorquando il legislatore del 2016 ha inteso disciplinare la risoluzione per inadempimento del concessionario ha fatto riferimento alla mancata sottoscrizione del contratto di finanziamento e al mancato collocamento delle obbligazioni, nonché al più generale inadempimento (delle obbligazioni) del concessionario (art. 165, comma 5 e art. 176 d.lgs. n. 50/2016).
Non vengono, invece, affrontate in modo diretto dal codice dei contratti pubblici, coerentemente con l’impostazione di cui sopra si è dato conto, le questioni che si pongono allorquando viene (in tesi) tradita, da parte del concessionario, la posizione di garanzia e di affidabilità nel tempo che l’Amministrazione si era premurata di verificare ex ante. Il d.lgs. n. 50/2016 si limita a fare salvi i poteri di autotutela (art. 176, comma 1, d.lgs. n. 50/2016) e a prevedere specifiche regole e ipotesi per l’annullamento d’ufficio e la revoca (art. 176). Infatti, nella prospettiva della direttiva n. 2014/23/UE, il punto terminale del processo di contrattualizzazione delle concessioni, in particolare per quanto concerne la fase esecutiva, è costituito dall’art. 176 d.lgs. n. 50/2016, che configura cause di modifica e di risoluzione del contratto di concessione (anche per inadempimento), sulla falsariga di quanto previsto per la modifica e la risoluzione del contratto di appalto e, in genere, per i contratti, regole che, anche se stabiliscono poteri di intervento sul rapporto non riconducibili alla dinamica privatistica sono comunque volti a presidiare la fase della gara (così, in particolare, i poteri di annullamento di cui all’art. 176 codice dei contratti pubblici, corrispondenti a quanto previsto dall’art. 44 della dir. UE n. 23 del 2014).
In tal senso non può accogliersi il richiamo dell’Amministrazione resistente al fatto che la determinazione dirigenziale 9 agosto 2019, n. 570 rappresenti la conclusione del procedimento di risoluzione per grave inadempimento avviato nel rispetto della procedura delineata dall’art. 176 d.lgs. n. 50/2016.
Nel caso controverso, infatti, non si disquisisce dell’inadempimento di un’obbligazione di cui alla regolamentazione del rapporto concessorio ma del fatto che il concessionario, sulla base degli elementi del mancato adeguamento del capitale sociale, cessione di rilevanti quote del capitale sociale della società concessionaria da parte della controllante I.L.M.A. Costruzioni s.p.a., in liquidazione volontaria dal 5 maggio 2014, del venir meno delle garanzie prestate solidalmente agli altri soci della società concessionaria dalla ILMA s.p.a. a favore del Comune di Caltagirone e del venir meno o della riduzione consistente del valore delle garanzie prestate, unitamente al Comune di Caltagirone, a favore dell’Istituto di credito finanziatore del progetto Mediocreval s.p.a., nonché delle perdite d’esercizio, maturate nel corso degli anni, coperte non con apporti di capitali ma con utilizzo di finanziamenti del socio controllante ILMA s.p.a., vincolati a garanzia del rimborso dei finanziamenti ricevuti dall’istituto di credito e garantiti anche dal Comune di Caltagirone, dell’inadempimento al regolare versamento alla scadenza delle rate dei mutui contratti con il Mediocreval s.p.a. e garantiti dal Comune di Caltagirone e proroga delle scadenze dei finanziamenti, non comunicate né autorizzate dall’Ente garante), evidenzia profili che rendono incerta la sostenibilità e l’affidabilità nel tempo dell’erogazione del servizio in una prospettiva pubblicistica nella quale le condizioni economiche e finanziarie del concessionario sono strumentali al perseguimento dell’interesse pubblico.
Laddove invece, nell’ordinamento civilistico, si confrontano interessi privati nella dinamica di una relazione corrispettiva le condizioni economiche dell’altro contraente rilevano in modo meno incisivo.
Vengono in evidenza le ipotesi di autotutela privatistica avverso il mutamento delle condizioni economiche dell’altro contraente o il venir meno delle garanzie contrattuali.
Il riferimento è agli artt. 1186 e 1461 c.c., volti a tutelare il creditore, nel primo caso, dall’insolvenza o dalla diminuzione della garanzia patrimoniale dell’altra parte e, nel secondo caso, a proteggere la controparte da condizioni patrimoniali dell’altro contraente divenute tale da mettere in pericolo l’adempimento.
In entrambi i casi l’effetto prodotto in seguito all’esercizio dell’autotutela non è quello di far venir meno la posizione di contraente in capo all’altra parte, né di estinguere l’obbligazione, essendo piuttosto limitato alla decadenza dal termine nel caso di cui all’art. 1186 c.c. e alla sospensione dell’esecuzione a favore della parte diligente.
Nel sistema civilistico, infatti, il potere di incidere in un rapporto pattizio facendolo venir meno non rientra – al di fuori delle ipotesi di inadempimento, che comunque attribuisce alla parte la potestà di interrompere la relazione negoziale solo nei casi di risoluzione automatica, richiedendo, altrimenti, una pronuncia costitutiva del giudice -, fra le facoltà della parte, pena il venir meno della forza cogente del contratto (art. 1372 c.c.).
Anche l’art. 176 d.lgs. n. 50/2016, al di là delle limitate incursioni sui poteri di autotutela pubblicistica accennati sopra, si limita a prevedere ipotesi di risoluzione per inadempimento.
E’ solo l’inserimento dell’atto di “decadenza” nell’ambito dell’ordinamento amministrativo che consente, almeno in astratto, di concepire un provvedimento che, essendo esercizio di un potere autoritativo, produce effetti estintivi sul rapporto pattizio, pur non derivando dall’inadempimento di una delle obbligazioni.
Il Collegio ritiene che, al di là della specifica definizione del potere esercitato (che attiene alla successiva fase di merito) l’Amministrazione abbia fatto uso di potere autoritativo, di cui è espressione anche l’art. 27 della convenzione, che si giustifica ed è finalizzato ad assicurare la continuità nell’espletamento del servizio pubblico e quindi del pubblico interesse, con la conseguenza che non vi sono motivi per ritenere che non operi l’ipotesi di giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. Infatti, in relazione a peculiari esigenze di interesse pubblico, possono residuare in capo all’autorità procedente poteri pubblici riferibili, tra l’altro, a specifici aspetti organizzativi afferenti alla stessa fase esecutiva (Corte cost. n. 43 del 2011), in relazione ai quali è prevista la giurisdizione esclusiva, a norma dell’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., sempre che detti poteri (in particolare, di autotutela) siano tipizzati dalla legge nazionale in senso compatibile con la legislazione eurounitaria.
Del resto la giurisprudenza amministrativa ha già avuto modo di specificare, in relazione alla diversa fattispecie di giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a., che non contempla la fase esecutiva del rapporto, che la risoluzione anticipata del contratto disposta autoritativamente è di competenza del giudice ordinario solo se incide su un rapporto di natura privatistica in cui le parti sono in condizione di parità, come nel caso dell’inadempimento delle obbligazioni poste a carico dell’appaltatore, non implicando l’esercizio di poteri discrezionali dell’Amministrazione (Cass. civ., ss. uu., 10 gennaio 2019, n. 489). Invece, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo allorché, come nella fattispecie, “venga esercitato un potere autoritativo di risoluzione contrattuale che implichi o valutazioni di carattere discrezionale circa la convenienza per l’Amministrazione di proseguire nel rapporto già in essere, o la rilevazione in autotutela dell’esistenza di una causa di nullità dell’aggiudicazione, anche successivamente alla stipula del contratto” (Cons. St., sez. III, 12 febbraio 2020, n. 1084).
Quanto sopra considerato depone nel senso di affermare la giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia.
14. Per le ragioni sopra esposte l’appello è fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata e rinviata al primo giudice posto che la pronuncia gravata integra una delle fattispecie (erronea declinatoria della giurisdizione amministrativa) di cui all’art. 105 c.p.a.
15. Ricorrono giuste ragioni per compensare le spese dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata, con rimessione della causa al primo giudice.
Spese dei due gradi di giudizio compensate.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Nicola Gaviano, Consigliere
Sara Raffaella Molinaro, Consigliere, Estensore
Giuseppe Verde, Consigliere
Antonino Caleca, Consigliere