LA COLPA “PER ASSUNZIONE” NELL’AMBITO DELL’ILLECITO AMMINISTRATIVO (A PROPOSITO DELLE SANZIONI CONSOB)

1. La retroattività che caratterizza la sentenza di illegittimità costituzionale incontra il limite delle c.d. situazioni giuridiche “consolidate” in conseguenza di eventi che l’ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, fra i quali, in primo luogo, il formarsi del giudicato. In caso di dichiarazione di incostituzionalità della norma che radica la giurisdizione, l’applicazione retroattiva della sentenza della Corte costituzionale deve ritenersi preclusa non solo dal giudicato esplicito sulla sussistenza della giurisdizione, ma, alla luce del principio ormai sancito dall’art. 9 c.p.a. anche dal c.d. giudicato implicito. Di conseguenza, l’appello, anche se verte su materia (l’irrogazione di sanzioni da parte della Consob) sulla quale il giudice amministrativo è ormai sfornito di giurisdizione (in seguito a Corte cost. 27 giugno 2012, n. 162) deve essere esaminato nel merito.

 

2. Anche nel settore dell’illecito amministrativo, vale, ai fini dell’accertamento della colpa il modello relativistico dell’agente modello, in base al quale non rilevano le conoscenze o le capacità dell’agente concreto, ma quello ipotizzabili in capo all’homo eiusdem condicionis et professionis, che deve essere individuato non in assoluto, ma in maniera relativa e differenziata, a seconda del tipo di attività svolta nel caso concreto. In capo a chi sollecita la raccolta del risparmio per la costituzione di una banca si richiede, pertanto, a prescindere dalle sue conoscenze reali, il grado di conoscenza e diligenza normalmente esigibile da chi svolga paradigmaticamente quell’attività, e si esige che l’agente concreto si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta.

Vale, quindi, anche in materia di illecito amministrativo la c.d. colpa per assunzione: l’agire come portatore di un determinato ruolo sociale o professionale comporta infatti l’assunzione della responsabilità di saper riconoscere ed affrontare le situazioni ed i problemi (anche di interpretazione delle norme giuridiche di riferimento) inerenti a quel ruolo secondo lo standard di diligenza, di capacità e di conoscenze richiesto per il corretto svolgimento di quel ruolo stesso.

Da ciò consegue che se le capacità dell’autore concreto sono inferiori a quelle dell’agente modello, la regola di diligenza impone di astenersi dallo svolgimento dell’attività e il mancato rispetto di tale regola di diligenza può essere rimproverato, determinando, appunto, la c.d. colpa per assunzione.

 

3. Ove una determinata condotta, avente carattere continuativo o permanente, abbia inizio nel vigore di una norma che la consente, ma successivamente, durante lo svolgimento di tale condotta, entri in vigore una nuova norma che la configura in termini di illecito, tale norma deve certamente essere applicata a quella parte della condotta che permane o continua successivamente alla sua entrata in vigore. Si tratta della naturale conseguenza del principio secondo cui, in assenza di diversa previsione volta a disciplinare un regime transitorio, ogni fatto è disciplinato dalla legge in vigore al momento in cui è commesso. La circostanza che la condotta contestata rappresenti la prosecuzione di una condotta iniziata precedentemente (in un momento in cui non esisteva ancora la fattispecie sanzionatoria) non vale ad escludere la rilevanza, in termini di illecito, di quella parte della condotta posta in essere nel vigore della nuova e più severa disciplina.

 

 

N. 01320/2013REG.PROV.COLL.

N. 02320/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2320 del 2012, proposto da:
Alessandro Rebeggiani, Carlo Pantalone e Antonio Caccavale, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Vincenzo Troiano e Filippo Brunetti, con domicilio eletto presso lo studio legale Chiomenti in Roma, via XXIV Maggio, 43;

contro

Commissione Nazionale per le Società ela Borsa(Consob), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Salvatore Providenti, Gianfranco Randisi, Maria Gioconda De Gaetano Polverosi e Giulia Patrignani, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Consob in Roma, via G.B. Martini, 3;

nei confronti di

Comitato Promotore per la Costituzionedella Banca di Chieti- Credito Cooperativo S.c.p.a.;
Leone Quintino; Edilizia di Cosmo s.r.l., non costituiti;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I n. 10182/2011, resa tra le parti, concernente irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Commissione Nazionale per le Società eLa Borsa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2013 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Troiano, Patrignani e Randisi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto dai signori Alessandro Rebeggiani, Carlo Pantalone e Antonio Caccavale, per ottenere la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I, 24 dicembre 2011, n. 10182, che, in primo grado, ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento del provvedimento sanzionatorio adottato dalla Commissione Nazionale per le Società ela Borsa(di seguito, semplicemente Consob), con delibera n. 17740 dell’8 aprile 2011, concernente l’applicazione nei loro confronti di una sanzione amministrativa pecuniaria, ai sensi dell’art. 191, comma 1, d.lgs. n. 24 febbraio 1998, n. 58 (di seguito TUF), pari per ciascuno di essi ad €100.000, inrelazione alla violazione dell’art. 94, comma 1, TUF, nel testo vigente all’epoca dei fatti.

2. Prima di passare all’esame dei motivi di appello, si espongono di seguito le tappe essenziali della vicenda che hanno portato all’adozione da parte della Consob della delibera oggetto del presente giudizio.

2.1. Con nota dell’11 agosto 2009,la Bancadi Chieti Credito Cooperativo S.c.p.a., in attesa di autorizzazione, ha trasmesso alla Consob una comunicazione ai sensi degli art. 94 e ss. del TUF, relativa all’intenzione di attuare «un’offerta pubblica di sottoscrizione di n. 4.972 azioni al valore nominale di Euro 500,00 per un capitale complessivo di euro 2.846.000,00» finalizzata a «promuovere un’integrazione» del capitale sociale di costituzione, pari a € 2.264.000,00, in quanto «prima di presentare domanda di autorizzazione,la Bancad’Italia comunica in via informale che il capitale troppo esiguo e che quindi occorre promuovere una integrazione»;

2.2. In esito alle verifiche ed all’analisi della documentazione acquisita,la Divisione Emittentiha rinvenuto evidenze tali da consentire di qualificare l’offerta di azioni della costituenda Banca di Chieti Credito Cooperativo da parte del predetto Comitato Promotore, posta in essere negli anni 2004-2008, come rilevante ai fini della disciplina in materia di “sollecitazione all’investimento” di cui all’art. 1, comma 1, lett. t), del TUF, nel testo vigente al momento dell’inizio di tale offerta, successivamente modificato – a decorrere dal 24 aprile 2007 – con il d.lgs. 28 marzo 2007, n. 51 (attuativo della Direttiva CE 2003/71, c.d. “Direttiva Prospetti”), che ha introdotto la nuova locuzione “offerta al pubblico di sottoscrizione e di vendita”;

2.3. In particolare, avuto riguardo all’attività promossa dal Comitato Promotore relativamente alla sopra descritta offerta di azioni della costituenda Banca di Chieti, Credito Cooperativo,la Divisione Emittentiha rilevato il mancato assolvimento da parte del Comitato Promotore degli obblighi scaturenti dall’applicazione della normativa di settore:

(i) in fase iniziale, non avendo pubblicato – previo deposito – un prospetto informativo, seppure non necessitante di preventiva approvazione da parte della Consob;

(ii) successivamente – dopo le modifiche apportate con la delibera n. 15232 del 2005 – non avendo redatto un nuovo prospetto informativo, da pubblicare previa approvazione da parte della Consob, trattandosi di offerta non più rientrante tra i casi di esenzione di cui al novellato art. 33, comma 1, lett. b), del Regolamento Emittenti, in quanto superiore ai 2.500.000 euro.

2.4. Quanto all’individuazione dei soggetti responsabili delle violazioni di legge e di regolamento sopra descritte,la Divisioneemittenti ha ritenuto che l’imputazione della responsabilità poteva essere circoscritta ai membri del Comitato Promotore rispetto ai quali – dalle risultanze dei verbali delle riunioni del Comitato trasmessi con la nota del 10 novembre 2009 – era emersa l’assunzione di un impegno “effettivo” alla promozione, attivazione e realizzazione del progetto.

In applicazione di tali criteri, sono stati allora individuati, quali responsabili della violazione dell’art. 94, comma 1, del TUF, il Sig. Alessandro Rebeggiani, Presidente del Comitato Promotore, il Sig. Carlo Pantalone, Vicepresidente del Comitato Promotore, il Sig. Antonio Caccavale, Vicepresidente del Comitato Promotore ed il Sig. Quintino Leone, Segretario Generale del Comitato.

2.5. Ricevuta la relazione istruttoria, l’Ufficio Sanzioni amministrative, esaminati gli atti del procedimento, ha ritenuto accertata la fattispecie oggetto di contestazione nei confronti dei signori Alessandro Rebeggiani, Carlo Pantalone, Antonio Caccavale e Quintino Leone, svolgendo le proprie considerazioni conclusive nella relazione sottoposta alla Commissione.

A questa relazione faceva seguito una nota integrativa di riscontro ad alcuni approfondimento chiesti dalla Commissione, riguardanti, in particolare, la qualificazione della condotta posta in essere quale illecito con effetti istantanei o permanenti ed il relativo regime sanzionatorio applicabile.

2.6. In data 5 aprile 2011,la Commissione, facendo proprie le considerazioni conclusive formulate nella relazione dell’Ufficio Sanzioni Amministrative e tenendo conto del contenuto della nota integrativa, adottava la delibera n. 17740 con la quale riteneva accertata in capo ai signori Rebeggiani, Pantalone Caccavale e Leone, la violazione dell’art. 94, comma 1, del TUF per la sola mancata comunicazione alla Consob, con allegazione del prospetto informativo dell’offerta al pubblico di azioni della Banca di Chieti posta in essere dal Comitato promotore a far data dal 1° gennaio 2006 – “allorquando, a seguito delle modifiche normative apportate a fine 2005, l’operazione non ricadeva più fra quelle in regime di esenzione, neanche parziale – fino alla sua conclusione (agosto 2008)”. Non è invece stata ritenuta addebitabile agli appellanti la condotta, contestata dalla Divisione Emittenti, relativa al periodo iniziale dell’offerta (ottobre 2004-dicembre 2005).

Conseguentemente veniva irrogata ai signori Rebeggiani, Pantalone, Caccavale e Leone una sanzione amministrativa pecuniaria di importo pari ad € 100.000 ciascuno; il pagamento delle sanzioni pecuniarie veniva contestualmente ingiunto agli interessati, ciascuno per la parte di rispettiva spettanza, ed al Comitato promotore, in qualità di responsabile in solido ai sensi dell’art.195, comma 9, TUF (per un importo complessivamente pari ad € 400.000), con obbligo di regresso nei confronti degli autori della violazione.

3. Contro tale delibera, i signori Rebeggiani, Pantalone e Caccavale hanno proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, il quale, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto il gravame.

4. Contro tale sentenza, gli originari ricorrenti hanno proposto appello.

5. I motivi di appello, volti a riproporre le censure respinte in primo grado, possono essere sintetizzate come segue.

5.1. I ricorrenti lamentano, in primo luogo, la violazione del principio di irretroattività e, di conseguenza, la non applicabilità della disciplina introdotta dalla delibera Consob n. 15232/2005, che ha modificato il c.d. Regolamento Emittenti, con decorrenza dal 1° gennaio 2006, successivamente, quindi, al momento della presentazione dell’offerta da parte del Comitato avvenuta nel 2004. Al momento dell’avvio della presentazione, l’offerta del Comitato, beneficiava, in base alla normativa allora vigente, di un regime di esenzione “parziale” che non richiedeva la preventiva approvazione del prospetto informativo da parte della Consob.

5.2. In ogni caso, i ricorrenti invocano la non conoscibilità e la non intelligibilità della normativa applicabile alle offerte in corso al momento dell’entrata in vigore delle modifiche al Regolamento Emittenti. In particolare, gli appellanti ritengono che, oltre alla mancanza di una espressa disciplina per il regime transitorio, l’assetto normativo presentava “inequivoci elementi deponenti nel senso della non applicazione della normativa sopravvenuta anche alle offerte in corso al momento della sua entrata in vigore, stante l’applicazione del generale principio di irretroattività”.

Sotto tale profilo evidenziano che il Tribunale amministrativo regionale, pur premettendo che in capo ai componenti del comitato promotore non sussiste alcun obbligo di possedere particolari qualificazioni o specifiche competenze nelle materie bancarie e finanziarie, avrebbe poi contraddittoriamente ritenuto che sui ricorrenti gravasse “l’onere di rispettare la normativa di settore, nel senso che, una volta assunta la carica, non può essere considerata un’esimente la mancata esperienza nel campo”.

5.3. Secondo gli appellanti, il Tribunale amministrativo regionale, inoltre, non avrebbe tenuto in considerazione che il Segretario Generale (signor Leone) era stato individuato quale organo competente in via esclusiva in relazione agli adempimenti dell’offerta, in virtù di contratto di collaborazione e che, rispetto alle sue omissioni, non sarebbe ravvisabile in capo ai ricorrenti alcun profilo di culpa in vigilando, in considerazione dell’incolpevole incapacità degli stessi di verificare la correttezza delle condotte poste in essere dal Segretario generale e la conformità degli adempimenti da questo soltanto effettuati.

5.4. Gli appellanti censurano la sentenza appellata anche nella parte ha respinto i motivi contro l’entità delle sanzioni. La delibera n. 17740/2011 sarebbe infatti comunque illogica per non avere differenziato l’entità delle sanzioni in base alle diverse responsabilità risultanti dall’istruttoria.

5.5. Sotto un profilo più marcatamente procedimentale, gli appellanti contestano il mancato rispetto da parte della Consob del termine di 180 giorni per effettuare la contestazione degli addebiti, previsto dall’art. 195, comma 1, TUF, decorrente dall’accertamento delle violazioni.

Secondo gli appellanti, infatti, la data dell’accertamento dovrebbe essere individuata nel 6 ottobre 2009 (data del primo invio, da parte della Banca, di documentazione comprensiva anche dell’atto costitutivo del Comitato), anziché, come invece sostenuto dalla Consob, nel successivo 10 novembre 2009 (data della trasmissione di altri documenti, tra i quali i verbali del Comitato, a seguito di richiesta di integrazione della Consob). Infatti, gli appellanti ritengono che, ai fini dell’individuazione degli autori della violazione, fosse sufficiente la conoscenza da parte della Consob dell’atto costitutivo del Comitato promotore (trasmesso con la prima nota del 6 ottobre) in quanto da esso sarebbero risultati gli incarichi conferiti.

5.6. Gli appellanti lamentano, inoltre, la violazione del principio del contraddittorio previsto dall’art. 195, comma 2, del TUF affermando che la disciplina del procedimento sanzionatorio innanzi alla Consob precluderebbe all’interessato ogni interlocuzione della fase decisoria decisiva che si svolge innanzi alla Commissione per l’adozione del provvedimento finale.

5.7. Infine, gli appellanti lamentano l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto applicabile la normativa (art. 191 TUF) vigente al momento dell’avvio della cessazione della condotta lesiva (2008), anziché quella vigente al momento dell’avvio dell’offerta (2006), nell’erroneo presupposto che la violazione in esame fosse qualificabile come illecito omissivo permanente anziché istantaneo.

6. Per resistere all’appello si è costituita in giudiziola Consob, depositando memoria difensiva nella quale ha sostenuto l’infondatezza delle censure formulate nel ricorso.

7. Alla pubblica udienza del 22 gennaio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Su richiesta formulata nell’udienza di discussione dalle parti appellanti, in data 23 gennaio 2013, si è proceduto, ai sensi dell’art. 119, comma 5, c.p.a., alla pubblicazione del dispositivo della sentenza (dispositivo n. 400/2013).

9. Va, preliminarmente, precisato, per quanto la questione non sia stata sollevata dalle parti, che il principio del giudicato implicito sulla questione di giurisdizione (ormai sancito dall’art. 9 c.p.a., ai sensi del quale il difetto di giurisdizione “nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione”) impedisce al Collegio di fare applicazione della sentenza della Corte costituzionale, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, ravvisando il vizio di eccesso di delega, degli articoli 133, comma 1, lettera l), 135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera c), del codice del processo amministrativo “nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito ed alla competenza funzionale del Tar Lazio – sede di Roma – le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB)”.

E’, infatti, pacifico che la retroattività che caratterizza la sentenza di illegittimità costituzionale incontri il limite delle c.d. situazioni giuridiche “consolidate” in conseguenza di eventi che l’ordinamento giuridico riconosce idonei a produrre tale effetto, fra i quali, in primo luogo, il formarsi del giudicato (cfr., fra le tante, Cass. civ., sez. III, 28 luglio 1997 n. 7057).

In caso di dichiarazione di incostituzionalità della norma che radica la giurisdizione, l’applicazione retroattiva della sentenza della Corte costituzionale deve ritenersi preclusa non solo dal giudicato esplicito sulla sussistenza della giurisdizione, ma, alla luce del principio ormai sancito dall’art. 9 c.p.a. anche dal c.d. giudicato implicito.

Di conseguenza, l’appello, anche se verte su materia (l’irrogazione di sanzioni da parte della Consob) sulla quale il giudice amministrativo è ormai sfornito si giurisdizione, deve essere esaminato nel merito.

10. Nel merito, l’appello è infondato.

11. Come già evidenziato,la Consobha irrogato la sanzione nei confronti degli appellanti ritenendo che essi abbiano osto in essere una condotta violativa degli obblighi pubblicitari di cui all’art. 94 TUF connessi alla presentazione dell’offerta, non potendo più beneficiare, nel corso dello svolgimento della stessa, delle esenzioni dall’obbligo di preventiva autorizzazione del prospetto informativo previste dal Regolamento Emittenti.

11.1. Giova a tal proposito evidenziare che le disposizioni del Regolamento Emittenti vigenti nel 2004 (e, quindi, al momento di presentazione dell’offerta da parte del Comitato) prevedevano un esenzione “parziale” dagli obblighi informativi di cui all’art. 94 TUF per le offerte di controvalore non superiore ad €5.000.000.000, inbase alla quale il prospetto di tali offerte, comunque da predisporre, depositare pressola Consobe pubblicare, non doveva essere preventivamente approvato dall’Autorità.

L’offerta del Comitato, avendo valore inferiore alla suindicata soglia, beneficiava di detta esenzione parziale e, pertanto, la pubblicazione del relativo prospetto non è stata assoggettata alla preventiva approvazione da parte di Consob.

Tale disciplina è mutata con decorrenza 1° gennaio 2006: per effetto della delibera Consob n. 15232/2005, il Regolamento Emittenti non ha più previsto esenzioni “parziali” dagli obblighi di pubblicità connessi alle offerte al pubblico di prodotti finanziari, fissando al contempo, la soglia di riferimento per l’applicazione dell’esenzione totale in € 2.500.000.

11.2. Così ricostruito sinteticamente il quadro normativo, emerge l’infondatezza dei motivi formulati dai ricorrenti.

12. Innanzitutto, non vi è dubbio che, a partire dal 1° gennaio 2006, il Comitato promotore, che a tale data stava svolgendo un’operazione volta a raccogliere complessivamente più di € 2.5000.000, avrebbe dovuto adeguare la propria attività alle nuove norme, approvate con la delibera n. 15232/2005. Gli offerenti, non disponendo in quel momento di un valido prospetto approvato dalla Consob, avrebbero dovuto interrompere lo svolgimento di ulteriori attività promozionali sulla base di un prospetto non approvato e quindi non più valido.

Non si tratta, a differenza di quanto sostengono gli appellanti, di fare un’applicazione retroattiva della nuova disciplina, ma di escludere una ingiustificata ultrattività della disciplina modificata.

Ove, infatti, una determinata condotta, avente carattere continuativo o permanente, abbia inizio nel vigore di una norma che la consente, ma successivamente, durante lo svolgimento di tale condotta, entri in vigore una nuova norma che la configura in termini di illecito, tale norma deve certamente essere applicata a quella parte della condotta che permane o continua successivamente alla sua entrata in vigore. Si tratta della naturale conseguenza del principio secondo cui, in assenza di diversa previsione volta a disciplinare un regime transitorio, ogni fatto è disciplinato dalla legge in vigore al momento in cui è commesso. La circostanza che la condotta contestata rappresenti la prosecuzione di una condotta iniziata precedentemente (in un momento in cui non esisteva ancora la fattispecie sanzionatoria) non vale ad escludere la rilevanza, in termini di illecito, di quella parte della condotta posta in essere nel vigore della nuova e più severa disciplina.

Sotto questo profilo, quindi,la Consobha fatto corretta applicazione dei principi che regolano la successioni di norme sanzionatorie nel tempo con riferimento a condotte in corso di esecuzione al momento di entrata in vigore della disciplina più severa.

13. Non vale invocare nemmeno l’esimente dell’errore scusabile.

Secondo una pacifica giurisprudenza, anche nella materia dell’illecito amministrativo disciplinato dalla legge n. 689 del 1981 deve ritenersi applicabile l’art. 5 c.p., quale risulta a seguito della sentenza della Corte cost. 24 marzo 1988 n. 364, secondo la quale viene a mancare l’elemento soggettivo quando ricorra la inevitabile ignoranza del precetto da parte di chi commetta l’illecito. Per la configurabilità di questa situazione, con riferimento alla posizione di colui che professionalmente risulta inserito in un determinato campo di attività ed è quindi tenuto non solo all’obbligo generico di conoscenza ed informazione di ogni cittadino, ma anche a quello specifico in ordine alle norme che disciplinano quel campo di attività, è necessario che l’ errore sulla liceità del fatto si fondi su un elemento positivo estraneo all’agente ed idoneo a determinare in lui la convinzione della liceità del suo comportamento.

In altri termini, l’eventuale ignoranza della illiceità della condotta ovvero l’errore sulla liceità del fatto devono risultare inevitabili ed incolpevoli, secondo i canoni della normale diligenza, occorrendo, al tal fine, che siano stati indotti da elementi positivi esterni o da informazioni ed atti provenienti da soggetti qualificati e tenuto conto, in concreto, dei doveri di conoscenza del soggetto che adduca l’assenza di colpa, sul quale, in relazione all’attività da lui professionalmente svolta, in un settore regolato da particolari prescrizioni di legge (come è, senz’altro colui che promuove la costituzione di una banca), gravano obblighi specifici di informazione sicuramente maggiori dell’obbligo generico gravante sulla generalità dei cittadini (Cass. n. 1065/2003; Cass. n. 5615/2003; Cass. n. 14107/2003; Cass. n. 10607/2003; Cass. n. 13165/2002; Cass. n. 20776/2004).

14. Atale proposito, occorre aggiungere che l’estraneità all’attività professionale del settore finanziario invocata dagli appellanti appare argomento facilmente superabile in considerazione del fatto che, nel caso di specie, i ricorrenti hanno deciso di promuovere la costituzione di una banca, proponendosi al tempo stesso di far parte dei suoi organi gestionali; iniziative che, come correttamente rilevato dalla Consob, certamente implicano una adeguata conoscenza della normativa di riferimento, senza possibilità di cause di esonero.

Anche nel settore dell’illecito amministrativo, vale, infatti, ai fini dell’accertamento della colpa – anche in ordine all’onere di conoscenza del precetto – il modello relativistico dell’agente modello, in base al quale non rilevano le conoscenze o le capacità dell’agente concreto, ma quello ipotizzabili in capo all’homo eiusdem condicionis et professionis, che deve essere individuato non in assoluto, ma in maniera relativa e differenziata, a seconda del tipo di attività svolta nel caso concreto.

In capo a chi sollecita la raccolta del risparmio per la costituzione di una banca si richiede, pertanto, a prescindere dalle sue conoscenze reali, il grado di conoscenza e diligenza normalmente esigibile da chi svolga paradigmaticamente quell’attività, e si esige che l’agente concreto si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta.

Vale, quindi, anche in materia di illecito amministrativo la c.d. colpa per assunzione: l’agire come portatore di un determinato ruolo sociale o professionale comporta infatti l’assunzione della responsabilità di saper riconoscere ed affrontare le situazioni ed i problemi (anche di interpretazione delle norme giuridiche di riferimento) inerenti a quel ruolo secondo lo standard di diligenza, di capacità e di conoscenze richiesto per il corretto svolgimento di quel ruolo stesso.

Da ciò consegue, come è stato rilevato, che se le capacità dell’autore concreto sono inferiori a quelle dell’agente modello, la regola di diligenza impone di astenersi dallo svolgimento dell’attività e il mancato rispetto di tale regola di diligenza può essere rimproverato, determinando, appunto, la c.d. colpa per assunzione.

15. Ugualmente non può valere come scusante la circostanza di aver fatto affidamento, nell’adempimento degli obblighi connessi all’offerta pubblica, sull’attivazione di un soggetto incaricato in virtù di un contratto di consulenza con il Comitato (il sig. Leone, incaricato dell’espletamento delle incombenze e le procedure burocratiche per l’offerta e per seguire gli adempimenti fino alla costituzione della nascente Banca).

Il c.d. principio di affidamento (che esclude la colpa di chi ha fatto affidamento sul corretto e diligente operato di un soggetto terzo) non può, infatti, trovare applicazione in capo a chi sia titolare di una specifica posizione di garanzia che comporti l’obbligo di vigilare sul comportamento del terzo.

Nel caso di specie, i ricorrenti, in quanto componenti del Comitato promotore, erano certamente destinatari degli obblighi di legge la cui violazione viene contestata. L’attribuzione in capo ad uno solo di essi, tramite un negozio di natura privata, di determinati compiti finalizzati all’adempimento di tali incombenze, non elimina la titolarità dell’obbligo, potendo semmai determinare una trasformazione del suo contenuto: da obbligo di adempimento diretto ad obbligo di controllo e vigilanza. In ogni caso, i ricorrenti rimanevano titolari di una specifica posizione di garanzia (e dei connessi doveri di controllo e vigilanza), il che preclude di per sé la possibilità di invocare il c.d. principio di affidamento.

16. Per le stesse ragioni, stante la sostanziale equiparabilità delle posizioni e delle responsabilità di ciascuno, non si ravvisano profili di illogicità nella mancata differenziazione delle sanzioni sotto il profilo quantitativo.

17. Infondati sono anche i motivi diretti a denunciare presunti vizi procedimentali.

18. Anzitutto, non vi è stata la violazione del termine di 180 giorni per le contestazioni.

Come risulta da pacifica giurisprudenza, il momento iniziale della decorrenza del termine in questione (che l’art. 195 TUF fa decorrere dall’ “accertamento”) non coincide con la percezione del fatto nella sua materialità. L’attività di accertamento, infatti, specie in settori, come appunto quello dell’intermediazione finanziaria che richiedono valutazioni complesse, deve ritenersi comprensiva anche del tempo necessario per la valutazione degli elementi acquisiti ai fini del riscontro della loro idoneità ad integrare gli estremi (oggettivi e soggettivi) di comportamenti sanzionati come illeciti amministrativi (Cass., 5 novembre 2003 n. 16608; Cass., sez. un., 9 marzo 2007 n. 5395).

Alla luce di tale premessa, appare allora condivisibile la prospettazione della Consob secondo cui, il termine di 180 giorni, nel caso di specie è iniziato a decorrere non dal 6ottobre 2009 (che è la data di invio, da parte del Comitato, della prima lettera di risposta alla Consob), ma soltanto dal 10 novembre 2009, data nella quale venivano trasmessi alla Consob i verbali del Comitato promotore, che rappresentavano senz’altro documenti necessari ai fini dell’accertamento dell’illecito.

La contestazione degli addebiti, avvenuta con nota del 21 aprile 2010, deve, quindi ritenersi tempestiva.

19. Infondato, infine, è il motivo con cui si contesta che la disciplina del procedimento sanzionatorio innanzi alla Consob (dettata con deliberazione n. 15085 del 2005) sarebbe in contrasto con il principio del contraddittorio.

E’ sufficiente, a tal proposito, a richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto il procedimento sanzionatorio disciplinato dalla delibera n. 15086 del 2005 pienamente idoneo ad assicurare l’invocato contraddittorio, in conseguenza della distinzione in due parti della fase istruttoria e dello svolgimento di una seconda fase di confronti dinanzi all’Ufficio sanzioni dell’autorità di vigilanza (Cass., sez. un. 30 settembre 2009 n. 20935).

20. Infine è infondato l’ultimo motivo di appello con il quale si sostiene che l’illecito in questione non sarebbe permanente, bensì istantaneo, con la conseguenza chela Consobavrebbe dovuto applicare non la disciplina vigente al momento della cessazione della condotta (2008), ma quella vigente al momento dell’avvio della lesione (1° gennaio 2006).

L’interesse protetto dalla norma violata è la corretta informazione dei destinatari dell’offerta, nella specie violato dalla pubblicazione di un prospetto non preventivamente autorizzato dalla Consob.

E’ evidente che la lesione di questo interesse non è avvenuta in maniera istantanea, ma permanente, perché si è protratta per tutto il tempo in cui ha avuto luogo la condotta contestata, in conseguenza del perdurante inadempimento da parte degli appellanti degli obblighi su di essi gravanti. Corretta, quindi, è l’applicazione da parte della Consob della disciplina vigente al momento della cessazione della condotta.

21. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello deve essere respinto.

22. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in complessivi euro quattromila (4.000).

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna gli appellanti, in solido, al pagamento delle spese processuali a favore della Consob, che liquida in complessivi € 4.000 (quattomila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente FF

Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore

Claudio Contessa, Consigliere

SilviaLa Guardia, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/03/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)