Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 maggio 2022, n. 4098
Non sussistono, in astratto, ragioni ostative all’applicazione dell’istituto del silenzio assenso, disciplinato dall’art. 17 bis della L. n. 241/90, ai procedimenti di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.
Lo scenario che fa da sfondo alle fattispecie di silenzio-assenso disciplinate dall’art. 17 bis cit., è costituito, come si legge nel parere di questo Consiglio di Stato n. 1640/2016, dalla pendenza di un procedimento avviato da una amministrazione, d’ufficio o su istanza di parte, “che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento finale nei rapporti verticali con il privato destinatario degli effetti dello stesso”.
In definitiva, il silenzio assenso disciplinato dall’art. 17 bis ha natura endoprocedimentale, avendo valenza solo all’interno di un procedimento pendente, destinato a chiudersi con un provvedimento avente efficacia esterna, di competenza dell’amministrazione procedente. Proprio per questa ragione esso differisce rispetto al silenzio assenso disciplinato dal successivo art. 20, che invece ha natura provvedimentale e disciplina direttamente e “verticalmente” i rapporti tra amministrazione procedente e privato richiedente.
Merita, rammentare, a questo punto, che il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è disciplinato dall’art. 146 d.lgs. 42/2004, il quale, dopo le modifiche apportate dall’articolo 25, comma 3, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, prevede che:
– la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio è esercitata dalla regione, che eventualmente può delegarne l’esercizio ai comuni o ad altre forme associative fra enti locali;
– la regione, o l’ente da essa delegato, istruisce la pratica e poi la trasmette al soprintendente con una proposta di provvedimento (id est: di autorizzazione paesaggistica);
– il soprintendente rende il parere limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti; il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241; entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede “in conformità”;
– decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione;
– ne consegue che il procedimento di rilascio della autorizzazione paesaggistica costituisce un sub procedimento, di competenza della regione o dell’ente da essa delegato, che si inserisce nel procedimento “principale”, avente ad oggetto l’autorizzazione di un’opera o un progetto; l’autorizzazione paesaggistica, comunque, costituisce un atto autonomo che non può formarsi per silentium, posto che secondo le previsioni dell’art. 146 l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e l’autorità competente, cioè la regione o l’ente da essa delegato, deve comunque esprimersi con un provvedimento espresso, rispetto al quale il parere della soprintendenza potrà essere, o meno, vincolante.
Questo Consiglio (sentenza Sez. IV, n. 4765 del 27 febbraio 2020) si è espresso nel senso della non compatibilità tra il silenzio assenso ex art. 17 bis ed i procedimenti disciplinati dall’art. 146 del D. L.vo 42/2004, “per la ragione che in questi procedimenti la Soprintendenza non è chiamata ad esprimersi su una proposta del provvedimento finale che sarà adottato dall’amministrazione procedente, bensì su una proposta di parere paesaggistico, che riguarda un progetto e che non viene formulata dall’autorità procedente – cioè quella che deve autorizzare il progetto o l’opera – bensì dalla Regione o dall’ente che questa abbia eventualmente delegato ad esercitare i poteri ad essa assegnati dall’art. 146”: in particolare, l’indicata decisione ha rilevato che “In sostanza, l’art. 146 del codice n. 42 del 2004 ha previsto che l’atto conclusivo del procedimento (l’autorizzazione paesaggistica ovvero il diniego di essa) rimanga un ‘provvedimento monostrutturato’, riferibile alla autorità che emana l’atto finale (tanto che più volte questo Consiglio ha rilevato come lo stesso parere vincolante non sia immediatamente impugnabile: Sez. VI, 8 gennaio 2020, n. 129; Sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4369; Sez. VI, 12 settembre 2017, n. 4315; Sez. VI, 18 luglio 2017, n. 352).”.
Il Collegio ritiene di poter aderire all’indicato orientamento, tuttavia con alcune precisazioni.
In effetti l’autorizzazione paesaggistica costituisce un atto autonomo rilasciato all’esito di un procedimento che si inserisce in quello, avviato su istanza del privato, finalizzato al rilascio ad un atto di rilevanza urbanistico-edilizia, e che, però, è di competenza di amministrazioni diverse, rispetto a quella deputata ad autorizzare l’intervento edilizio: in tale caso non vi è condivisione di funzione decisoria tra l’autorità che procede per il rilascio del titolo edilizio e l’autorità che esercita la funzione decisoria in materia paesaggistica, tuttavia v’è certamente condivisione delle funzioni decisorie tra quest’ultima, cioè la regione, o l’ente da essa delegato, e la Soprintendenza, e quindi si potrebbe ammettere che nell’ambito del sub-procedimento avente ad oggetto l’espressione dell’autorizzazione paesaggistica possa formarsi un silenzio assenso ai sensi dell’art. 17 bis, il quale avrà effetto solo nei confronti dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, alla quale spetta l’adozione del provvedimento finale, espresso.
In particolare, il Collegio ritiene che non rilevi, in senso opposto alla applicabilità dell’art. 17 bis, la circostanza che il procedimento “principale” sia avviato ad istanza di un privato, perché il silenzio assenso di che trattasi, come detto, non ha valore provvedimentale e non sostituisce l’autorizzazione paesaggistica espressa, che, ove non adottata tempestivamente, legittima il privato a ricorrere ai poteri sostitutivi, a conferma del fatto che l’autorizzazione paesaggistica non può mai formarsi per silentium.
D’altro canto si deve evidenziare che la disciplina del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, disegnata dall’art. 146 del D. L.vo 42/2004, per vari aspetti rispecchia quella del silenzio assenso ex art. 17 bis. In particolare:
(i) la Soprintendenza è chiamata ad esprimersi su una proposta di parere formulata dalla regione, o dall’ente da essa delegato: è vero che questo parere ha ad oggetto solo la compatibilità paesaggistica dell’opera o del progetto, e che per tale ragione la suddetta proposta non è equiparabile allo schema del provvedimento che sarà rilasciato dall’amministrazione competente ad autorizzare il progetto o l’opera; tuttavia nell’ambito del sub-procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, la proposta che viene trasmessa dalla regione alla Soprintendenza rappresenta lo schema del provvedimento che decide sulla istanza di rilascio di autorizzazione paesaggistica;
(ii) inoltre, il parere della Soprintendenza ha natura obbligatoria e vincolante, e ciò denuncia la natura pluristrutturata della autorizzazione paesaggistica, e la condivisione del potere decisorio in materia tra la regione e la Soprintendenza, che costituisce un tratto essenziale dei procedimenti nell’ambito dei quali può formarsi il silenzio assenso disciplinato dall’art. 17 bis.
Come sopra ricordato, tuttavia, la natura vincolante del parere della Soprintendenza si esplica solo quando questa renda il parere espresso, nel termine indicato dai commi 5 e 8 (quarantacinque giorni): in tal caso, infatti, l’autorità procedente è poi tenuta a provvedere “in conformità”.
Viceversa, a fronte del silenzio mantenuto dalla Soprintendenza sulla indicata proposta, l’art. 146, comma 9, prevede che “l’amministrazione competente”, cioè la regione o l’ente delegato, “provvede comunque”: dal che si desume che in tal caso l’amministrazione procedente è tenuta ad adottare il provvedimento finale in maniera espressa, ma non necessariamente nel senso precedentemente prefigurato.
Se presupposto all’art. 146, comma 9, vi fosse la formazione di un silenzio assenso ai sensi dell’art. 17 bis, la norma avrebbe dovuto prevedere, per coerenza, che anche il tal caso l’amministrazione procedente adottasse il provvedimento finale “in conformità”: in tal caso, “in conformità” alla proposta iniziale, sulla quale la Soprintendenza non ha espresso motivi ostativi.
Il fatto, invece, che il comma 9 riservi alla amministrazione procedente il potere di “provvedere comunque” implica soltanto, ad avviso del Collegio, che essa dovrà emettere un provvedimento espresso. Dal punto di vista pratico cambia poco rispetto alla fattispecie del silenzio assenso ex art. 17 bis, perché è evidente che il provvedimento finale anche in tal caso deve rispecchiare la proposta originaria trasmessa alla Soprintendenza: diversamente il provvedimento adottato risulterebbe illegittimo in quanto emesso su una proposta non precedentemente sottoposta al parere della Soprintendenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5799 dell’11 dicembre 2017); l’amministrazione procedente, tuttavia, non essendosi formato un silenzio assenso da parte della Soprintendenza, potrebbe avere un ripensamento e quindi potrebbe decidere di riformulare la proposta originaria, senza perciò incorrere in un provvedimento in autotutela, non essendosi ancora formato un provvedimento definitivo.
FATTO
1. La signora Maranca, in qualità di erede del sig. Alfredo Maranca, è proprietaria in Cava de’ Tirreni dell’immobile situato in Corso Umberto I n. 277, censito al locale C.T. al Foglio 23, mapp. 92 sub 9, in area soggetta a vincolo paesaggistico ai sensi del D.M. 12 giugno 1967 e della L. n. 1497/39.
2. Intendendo realizzare un intervento edilizio consistente nel “recupero del sottotetto ad uso abitativo L.R. 15/2000 n. 4, apertura di 4 terrazzini “a tasca”, n. 2 finestre a raso falda e modifiche bucature esistenti con infissi”, il sig. Maranca ha presentato, l’8 novembre 2019, richiesta di permesso di costruire e di rilascio di autorizzazione paesaggistica.
3. Il Comune di Cava de’ Tirreni, con nota del 20 luglio 2020, premettendo trattarsi di un intervento soggetto, per il rilascio della autorizzazione paesaggistica, alla procedura semplificata di cui al D.P.R. n. 31/2017, allegato B, punto B/3/4, ha rimesso gli atti relativi alla pratica edilizia alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno ed Avellino (in appresso solo “Soprintendenza”), perché esprimesse il parere di rito, rappresentando contestualmente che la Commissione Locale per il Paesaggio aveva espresso parere favorevole all’intervento.
4. La Soprintendenza, avendo acquisito gli atti lo stesso 20 luglio 2020, ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento della istanza il 31 luglio 2020, per poi emettere il diniego definitivo con provvedimento del 13 ottobre 2020.
5. A seguito di ricorso proposto dalla signora Maranca, il TAR per la Campania, Salerno, ha accolto il ricorso con sentenza ex art. 60 c.p.a.: premettendo che la comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10 bis della L. n. 241/90, ha efficacia meramente sospensiva (e non interruttiva) del termine assegnato alla Soprintendenza per pronunciarsi, l’appellata decisione ha accolto il ricorso, annullando il parere della Soprintendenza del 13 ottobre 2020, ritenendo tale parere già formato per silenzio-assenso, in forza del combinato disposto degli artt. 11, commi 7 e 9, del D.P.R. n. 31/2017, e 17 bis della l. n. 241/1990, in relazione alla circostanza che la Soprintendenza ha reso il proprio parere, al Comune, quando già era trascorsi 20 giorni dalla ricezione della pratica.
5.1. Richiamando il parere n. 1460/2016, reso dalla commissione speciale del Consiglio di Stato, il TAR ha ritenuto, più in dettaglio, che “L’intermediazione regionale o comunale, insita in tale procedura, fa sì che in ogni caso ‘scatti’ la nuova norma del silenzio tra pubbliche amministrazioni”, osservando, quindi che “la Soprintendenza di Salerno e Avellino non fatto buon governo di esse, laddove, nonostante il perfezionamento del silenzio assenso di cui al comb. disp. artt. 11, commi 7 e 9, e 17 bis della l. n. 241/1990 e nonostante, quindi, l’intempestività del parere del 31.07.2020, prot. n. 13825, ha erroneamente postulato quest’ultimo come cogente nei confronti dell’autorità tutoria locale, ai sensi dell’art. 146, comma 8, del d.lgs. n. 42/2004”.
6. Avverso tale decisione ha proposto appello il Ministero della Cultura.
6.1. Con unico motivo d’appello il Ministero per la Cultura ha dedotto error in judicando della sentenza per falsa applicazione degli artt. 17 bis e 20 della L. 241/90 e 11, comma 7, del D.P.R. n. 31/2017.
6.2. Il Ministero appellante ha rammentato che l’art. 17 bis della L. n. 241/90 si colloca nell’ambito dei c.d. rapporti “orizzontali”, cioè nei rapporti tra amministrazioni, e quindi non si applica al rapporto “verticale” esistente tra il privato richiedente, destinatario finale dell’atto, e l’amministrazione procedente: tale secondo rapporto è disciplinato, piuttosto, dall’art. 20 della L. 241/90, che disciplina il silenzio-assenso, escludendo che esso possa formarsi sulle materie “sensibili” ivi indicate.
6.3. Ha quindi ricordato che questo Consiglio si è già pronunciato nel senso di escludere l’applicabilità delle norme contenute nell’art. 17 bis della L. n. 241/90 al procedimento di rilascio della autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza, stante che tale norma presuppone l’esistenza di uno “schema di provvedimento” al quale non può essere equiparata la proposta – della Regione o dell’ente da essa delegato – sulla quale deve pronunciarsi la Soprintendenza; ne consegue che il decorso del tempo nelle fasi del procedimento previsto dall’art. 146 del codice n. 42 del 2004, non comporta l’applicazione di disposizioni contenute nell’art. 17 bis della L. n. 241 del 190.
7. Si è costituita in giudizio, per resistere all’impugnazione, la signora Maraca, mentre il Comune di Cava de’ Tirreni ha sostanzialmente chiesto di essere dichiarato estraneo al procedimento, tenuto conto del fatto che il comportamento dell’Amministrazione comunale non è stato censurato.
8. Ha, inoltre, spiegato intervento ad adiuvandum l’Associazione “Fare Ambiente Movimento Ecologista Europeo”.
9. La causa è stata chiamata alla camera di consiglio del 21 ottobre 2021, quando il Collegio, con ordinanza n. 5764/2021, ha accolto la domanda cautelare formulata dal Ministero appellante, e quindi alla pubblica udienza del 7 aprile 2021, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
10. L’appello è fondato dovendosi affermare che sulla istanza di autorizzazione paesaggistica presentata dal sig. Maranca l’8 novembre 2019 non si può essere formato alcun silenzio-assenso, vincolante per l’organo deputato al rilascio della autorizzazione paesaggistica (nella specie, la Commissione Locale per il paesaggio), e quindi per il Comune, in sede di rilascio del permesso di costruire.
11. Si deve preliminarmente rilevare che non sussisterebbero, in astratto, ragioni ostative all’applicazione dell’istituto del silenzio assenso, disciplinato dall’art. 17 bis della L. n. 241/90, ai procedimenti di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.
11.1. La norma citata, rubricata “ Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici”, ha esteso l’istituto del silenzio assenso ai rapporti tra pubbliche amministrazioni disponendo che nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell’amministrazione procedente: il termine fissato dal legislatore per l’espressione dell’assenso può essere interrotto una sola volta per esigenze istruttorie dell’amministrazione chiamata ad esprimersi, e decorso il termine medesimo senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. Tali disposizioni si applicano anche agli atti di assenso, nulla osta o concerti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela paesaggistica-territoriale e ambientale, nel qual caso il termine fissato per l’espressione dell’assenso è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente.
11.2. Lo scenario che fa da sfondo alle fattispecie di silenzio-assenso disciplinate dall’art. 17 bis cit., è costituito, come si legge nel parere di questo Consiglio di Stato n. 1640/2016, dalla pendenza di un procedimento avviato da una amministrazione, d’ufficio o su istanza di parte, “che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento finale nei rapporti verticali con il privato destinatario degli effetti dello stesso”.
11.3. Il citato parere ha affermato, in particolare, che “il riferimento allo schema di provvedimento implica che si sia già chiusa la fase istruttoria, dovendosi ritenere che siano proprio le risultanze dell’istruttoria a consentire all’Amministrazione procedente l’elaborazione dello schema di decisione sul quale l’Amministrazione interpellata esprimerà il proprio assenso. L’art. 17-bis è, quindi, destinato ad applicarsi solo ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata e, dunque, nei casi in cui l’atto da acquisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza co-decisoria. In base a tali considerazioni, deve, allora, ritenersi che la disposizione sia applicabile anche ai pareri vincolanti, e non, invece, a quelli puramente consultivi (non vincolanti) che rimangono assoggettati alla diversa disciplina di cui agli artt. 16 e 17 della legge n. 241 del 1990.”.
11.4. Con riferimento specifico alla possibilità che l’istituto in esame possa trovare applicazione nell’ambito di procedimenti avviati ad istanza di parte, il citato parere si è espresso nel senso che “L’art. 17-bis si applica ai procedimenti con fase decisoria pluristrutturata. La disposizione richiede, quindi, che le due Amministrazioni (quella titolare del procedimento e quella interpellata) condividano la funzione decisoria, nel senso che entrambe devono essere titolari di una funzione decisoria sostanziale. Nei casi in cui un’Amministrazione ha un ruolo meramente formale (raccoglie e trasmette l’istanza all’Amministrazione unica decidente), la decisione risulta monostrutturata. In questo caso, infatti, come osserva la richiesta di parere, non essendoci un’amministrazione co-decidente, il vero beneficiario del silenzio assenso sarebbe il privato, avendosi, quindi, un’ipotesi silenzio assenso nei rapporti (non endoprocedimentali, ma) con i privati.”. Pertanto, “Deve, quindi, escludersi che il nuovo silenzio-assenso tra pubbliche amministrazioni possa operare nei casi in cui l’atto di assenso sia chiesto da un’altra pubblica amministrazione non nel proprio interesse, ma nell’interesse del privato (destinatario finale dell’atto) che abbia presentato la relativa domanda tramite lo sportello unico.”
11.5. In definitiva, il silenzio assenso disciplinato dall’art. 17 bis ha natura endoprocedimentale, avendo valenza solo all’interno di un procedimento pendente, destinato a chiudersi con un provvedimento avente efficacia esterna, di competenza dell’amministrazione procedente. Proprio per questa ragione esso differisce rispetto al silenzio assenso disciplinato dal successivo art. 20, che invece ha natura provvedimentale e disciplina direttamente e “verticalmente” i rapporti tra amministrazione procedente e privato richiedente.
11.6. Merita, rammentare, a questo punto, che il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica è disciplinato dall’art. 146 d.lgs. 42/2004, il quale, dopo le modifiche apportate dall’articolo 25, comma 3, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, prevede che:
– i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge hanno l’obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, astenendosi dall’avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione;
– l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio;
– la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio è esercitata dalla regione, che eventualmente può delegarne l’esercizio ai comuni o ad altre forme associative fra enti locali;
– la regione, o l’ente da essa delegato, istruisce la pratica e poi la trasmette al soprintendente con una proposta di provvedimento (id est: di autorizzazione paesaggistica);
– il soprintendente rende il parere limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’articolo 140, comma 2, entro il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione degli atti; il soprintendente, in caso di parere negativo, comunica agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241; entro venti giorni dalla ricezione del parere, l’amministrazione provvede “in conformità”;
– decorsi inutilmente sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il prescritto parere, l’amministrazione competente provvede comunque sulla domanda di autorizzazione;
– secondo un’interpretazione sistematica di tali disposizioni (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2136; id., n. 4927/2015) e in particolare secondo quanto espressamente previsto dal primo periodo del comma 9, sussiste quindi un univoco indice normativo secondo cui, a seguito del decorso del termine per l’espressione del parere vincolante (rectius: conforme) da parte della Soprintendenza, l’organo statale non resti in assoluto privato della possibilità di rendere un parere; tuttavia il parere in tal modo espresso perderà il proprio valore vincolante e dovrà essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione preposta al rilascio del titolo; ne consegue, pertanto, che se nel corso di una prima fase (che si esaurisce con il decorso del termine di legge), l’organo statale può, nella pienezza dei suoi poteri di cogestione del vincolo, emanare un parere vincolante dal quale l’amministrazione deputata all’adozione dell’autorizzazione finale non potrà discostarsi (comma 8), successivamente l’amministrazione procedente “provvede sulla domanda di autorizzazione” (comma 9), essendo pertanto legittimata all’adozione dell’autorizzazione prescindendo in radice dal parere della Soprintendenza;
– ne consegue che il procedimento di rilascio della autorizzazione paesaggistica costituisce un sub procedimento, di competenza della regione o dell’ente da essa delegato, che si inserisce nel procedimento “principale”, avente ad oggetto l’autorizzazione di un’opera o un progetto; l’autorizzazione paesaggistica, comunque, costituisce un atto autonomo che non può formarsi per silentium, posto che secondo le previsioni dell’art. 146 l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e l’autorità competente, cioè la regione o l’ente da essa delegato, deve comunque esprimersi con un provvedimento espresso, rispetto al quale il parere della soprintendenza potrà essere, o meno, vincolante.
11.7. Questo Consiglio (sentenza Sez. IV, n. 4765 del 27 febbraio 2020) si è espresso nel senso della non compatibilità tra il silenzio assenso ex art. 17 bis ed i procedimenti disciplinati dall’art. 146 del D. L.vo 42/2004, “per la ragione che in questi procedimenti la Soprintendenza non è chiamata ad esprimersi su una proposta del provvedimento finale che sarà adottato dall’amministrazione procedente, bensì su una proposta di parere paesaggistico, che riguarda un progetto e che non viene formulata dall’autorità procedente – cioè quella che deve autorizzare il progetto o l’opera – bensì dalla Regione o dall’ente che questa abbia eventualmente delegato ad esercitare i poteri ad essa assegnati dall’art. 146”: in particolare, l’indicata decisione ha rilevato che “In sostanza, l’art. 146 del codice n. 42 del 2004 ha previsto che l’atto conclusivo del procedimento (l’autorizzazione paesaggistica ovvero il diniego di essa) rimanga un ‘provvedimento monostrutturato’, riferibile alla autorità che emana l’atto finale (tanto che più volte questo Consiglio ha rilevato come lo stesso parere vincolante non sia immediatamente impugnabile: Sez. VI, 8 gennaio 2020, n. 129; Sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4369; Sez. VI, 12 settembre 2017, n. 4315; Sez. VI, 18 luglio 2017, n. 352).”.
11.8. Il Collegio ritiene di poter aderire all’indicato orientamento, tuttavia con alcune precisazioni.
11.8.1. In effetti l’autorizzazione paesaggistica costituisce un atto autonomo rilasciato all’esito di un procedimento che si inserisce in quello, avviato su istanza del privato, finalizzato al rilascio ad un atto di rilevanza urbanistico-edilizia, e che, però, è di competenza di amministrazioni diverse, rispetto a quella deputata ad autorizzare l’intervento edilizio: in tale caso non vi è condivisione di funzione decisoria tra l’autorità che procede per il rilascio del titolo edilizio e l’autorità che esercita la funzione decisoria in materia paesaggistica, tuttavia v’è certamente condivisione delle funzioni decisorie tra quest’ultima, cioè la regione, o l’ente da essa delegato, e la Soprintendenza, e quindi si potrebbe ammettere che nell’ambito del sub-procedimento avente ad oggetto l’espressione dell’autorizzazione paesaggistica possa formarsi un silenzio assenso ai sensi dell’art. 17 bis, il quale avrà effetto solo nei confronti dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, alla quale spetta l’adozione del provvedimento finale, espresso.
11.8.2. In particolare, il Collegio ritiene che non rilevi, in senso opposto alla applicabilità dell’art. 17 bis, la circostanza che il procedimento “principale” sia avviato ad istanza di un privato, perché il silenzio assenso di che trattasi, come detto, non ha valore provvedimentale e non sostituisce l’autorizzazione paesaggistica espressa, che, ove non adottata tempestivamente, legittima il privato a ricorrere ai poteri sostitutivi, a conferma del fatto che l’autorizzazione paesaggistica non può mai formarsi per silentium.
11.8.3. D’altro canto si deve evidenziare che la disciplina del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, disegnata dall’art. 146 del D. L.vo 42/2004, per vari aspetti rispecchia quella del silenzio assenso ex art. 17 bis. In particolare:
(i) la Soprintendenza è chiamata ad esprimersi su una proposta di parere formulata dalla regione, o dall’ente da essa delegato: è vero che questo parere ha ad oggetto solo la compatibilità paesaggistica dell’opera o del progetto, e che per tale ragione la suddetta proposta non è equiparabile allo schema del provvedimento che sarà rilasciato dall’amministrazione competente ad autorizzare il progetto o l’opera; tuttavia nell’ambito del sub-procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, la proposta che viene trasmessa dalla regione alla Soprintendenza rappresenta lo schema del provvedimento che decide sulla istanza di rilascio di autorizzazione paesaggistica;
(ii) inoltre, il parere della Soprintendenza ha natura obbligatoria e vincolante, e ciò denuncia la natura pluristrutturata della autorizzazione paesaggistica, e la condivisione del potere decisorio in materia tra la regione e la Soprintendenza, che costituisce un tratto essenziale dei procedimenti nell’ambito dei quali può formarsi il silenzio assenso disciplinato dall’art. 17 bis.
11.8.4. Come sopra ricordato, tuttavia, la natura vincolante del parere della Soprintendenza si esplica solo quando questa renda il parere espresso, nel termine indicato dai commi 5 e 8 (quarantacinque giorni): in tal caso, infatti, l’autorità procedente è poi tenuta a provvedere “in conformità”.
11.8.5. Viceversa, a fronte del silenzio mantenuto dalla Soprintendenza sulla indicata proposta, l’art. 146, comma 9, prevede che “l’amministrazione competente”, cioè la regione o l’ente delegato, “provvede comunque”: dal che si desume che in tal caso l’amministrazione procedente è tenuta ad adottare il provvedimento finale in maniera espressa, ma non necessariamente nel senso precedentemente prefigurato.
11.8.6. Osserva il Collegio, a questo punto, che se presupposto all’art. 146, comma 9, vi fosse la formazione di un silenzio assenso ai sensi dell’art. 17 bis, la norma avrebbe dovuto prevedere, per coerenza, che anche il tal caso l’amministrazione procedente adottasse il provvedimento finale “in conformità”: in tal caso, “in conformità” alla proposta iniziale, sulla quale la Soprintendenza non ha espresso motivi ostativi.
11.8.7. Il fatto, invece, che il comma 9 riservi alla amministrazione procedente il potere di “provvedere comunque” implica soltanto, ad avviso del Collegio, che essa dovrà emettere un provvedimento espresso. Dal punto di vista pratico cambia poco rispetto alla fattispecie del silenzio assenso ex art. 17 bis, perché è evidente che il provvedimento finale anche in tal caso deve rispecchiare la proposta originaria trasmessa alla Soprintendenza: diversamente il provvedimento adottato risulterebbe illegittimo in quanto emesso su una proposta non precedentemente sottoposta al parere della Soprintendenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5799 dell’11 dicembre 2017); l’amministrazione procedente, tuttavia, non essendosi formato un silenzio assenso da parte della Soprintendenza, potrebbe avere un ripensamento e quindi potrebbe decidere di riformulare la proposta originaria, senza perciò incorrere in un provvedimento in autotutela, non essendosi ancora formato un provvedimento definitivo.
11.8.8. Quindi, in definitiva, ciò che porta ad affermare che l’art. 17 bis della L. 241/90 non è applicabile alle procedure di rilascio disciplinate dall’art. 146, comma 9, D. L.vo 42/2004, è solo, e unicamente, la circostanza che il legislatore non ha voluto che si producesse tale effetto, quale conseguenza del comportamento silente della Soprintendenza, come è reso evidente dal fatto che in tal caso l’amministrazione procedente è tenuta a provvedere “comunque” e non “in conformità”.
12. Una esplicita e limitata introduzione del silenzio assenso ex art. 17 bis, nell’ambito dei procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, si è avuto con il D.P.R. n. 31/2017.
12.1. Giova, preliminarmente, rammentare che l’art. 146, comma 9, del D. L.vo 42/2004, nella versione vigente dal 29 aprile 2008, ha previsto che con regolamento da emanarsi ai sensi dell’ articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 , fossero stabilite procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19 , comma 1 e 20 , comma 4 della legge 7 agosto 1990, n. 24: tale regolamento è stato emanato con D.P.R. n. 139/2010.
12.2. Con l’articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, come modificato dall’articolo 25, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, sono state apportate modifiche all’art. 146, comma 9, del D. L.vo 42/2004, tra l’altro anche nel senso di prevedere l’emanazione di un ulteriore regolamento al fine di ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità, operare ulteriori semplificazioni procedimentali nonché’ individuare le tipologie di interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica e quelle che possono essere regolate attraverso accordi di collaborazione tra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, le regioni e gli enti locali, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
12.3. Il regolamento di cui al paragrafo che precede è stato emanato con D.P.R. n. 31 del 13 febbraio 2017, il quale ha individuato (i) gli interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica, elencandoli nell’allegato “A” e nell’art. 4, e (ii) gli interventi ed opere di lieve entità soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato, che ha elencato nell’allegato “B”.
12.4. Il procedimento semplificato è disciplinato dall’art. 11, del quale è opportuno riportare il testo integrale:
“1. L’amministrazione procedente, ricevuta l’istanza, verifica preliminarmente se l’intervento non rientri nelle fattispecie escluse dall’autorizzazione paesaggistica di cui all’Allegato «A», ovvero all’articolo 149 del Codice, oppure se sia assoggettato al regime autorizzatorio ordinario, di cui all’articolo 146 del Codice. In tali casi comunica ai soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 9, ovvero al richiedente, ove non trovi applicazione il comma 2, che l’intervento non e’ soggetto ad autorizzazione o necessita di autorizzazione ordinaria.
2. Ove l’intervento o le opere richiedano uno o più atti di assenso comunque denominati, ulteriori all’autorizzazione paesaggistica semplificata e al titolo abilitativo edilizio, i soggetti di cui all’articolo 9 indicono la conferenza di servizi, ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. In tal caso, i termini previsti per le amministrazioni preposte alla tutela paesaggistica e dei beni culturali sono dimezzati.
3. L’amministrazione procedente valuta la conformita’ dell’intervento o dell’opera alle prescrizioni d’uso, ove presenti, contenute nel provvedimento di vincolo o nel piano paesaggistico, anche solo adottato, ai sensi del Codice, nonche’, eventualmente, la sua compatibilita’ con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento.
4. Ove non trovi applicazione il comma 2, si applicano le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7.
5. L’amministrazione procedente richiede all’interessato, ove occorrano, in un’unica volta, entro dieci giorni dal ricevimento dell’istanza, gli ulteriori documenti e chiarimenti strettamente indispensabili, che sono inviati in via telematica entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della richiesta. Il procedimento resta sospeso fino alla scadenza del termine assegnato o alla ricezione della documentazione integrativa richiesta. Decorso inutilmente il termine assegnato, l’istanza e’ dichiarata improcedibile. Entro il termine tassativo di venti giorni dal ricevimento dell’istanza ovvero, in caso di richiesta di integrazione documentale, dal ricevimento dell’ulteriore documentazione richiesta, l’amministrazione procedente trasmette alla Soprintendenza per via telematica, anche fornendo ove possibile le credenziali per l’accesso telematico agli atti e ai documenti necessari ai fini dell’istruttoria, una motivata proposta di accoglimento, unitamente alla domanda ed alla documentazione in suo possesso. Se anche la valutazione del Soprintendente e’ positiva, questi, entro il termine tassativo di venti giorni dal ricevimento della proposta, esprime il proprio parere vincolante, per via telematica, all’amministrazione procedente, la quale adotta il provvedimento nei dieci giorni successivi.
6. In caso di esito negativo della valutazione di cui al comma 3, l’amministrazione procedente, entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta, ne da’ comunicazione all’interessato, comunicando contestualmente i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza e le modifiche indispensabili affinche’ sia formulata la proposta di accoglimento. Con la comunicazione e’ sospeso il termine del procedimento ed e’ assegnato il termine di quindici giorni all’interessato entro il quale presentare le proprie osservazioni e il progetto adeguato. Ove, esaminate le osservazioni o gli adeguamenti progettuali presentati persistano i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, entro venti giorni, rigetta motivatamente l’istanza, con particolare riguardo alla non accoglibilita’ delle osservazioni o alla persistente incompatibilita’ paesaggistica del progetto adeguato e ne da’ comunicazione al richiedente.
7. In caso di valutazione negativa della proposta di accoglimento formulata dall’amministrazione procedente, il Soprintendente comunica per via telematica al richiedente, entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della proposta, i motivi che ostano all’accoglimento dell’istanza e della proposta dell’amministrazione procedente, specificandoli in modo dettagliato, ed indica contestualmente le modifiche indispensabili per la valutazione positiva del progetto, a meno che quest’ultimo risulti incompatibile con i valori paesaggistici che qualificano il contesto di riferimento ovvero contrastanti con le prescrizioni d’uso eventualmente presenti e di cio’ venga data idonea ed adeguata motivazione. Con la comunicazione e’ sospeso il termine del procedimento ed e’ assegnato al richiedente un termine di quindici giorni entro il quale presentare le proprie osservazioni e il progetto adeguato. Decorso il termine assegnato, la Soprintendenza, ove ne ricorrano i presupposti, entro il termine di venti giorni adotta il provvedimento motivato di diniego fornendo specifica motivazione, con particolare riguardo alla non accoglibilita’ delle osservazioni o alla persistente incompatibilita’ del progetto adeguato con la tutela dei beni vincolati e ne da’ contestualmente comunicazione all’autorita’ procedente.
8. Il parere del Soprintendente e’ obbligatorio e non vincolante e deve essere reso entro venti giorni dal ricevimento della proposta quando l’area interessata dall’intervento di lieve entita’ sia assoggettata a specifiche prescrizioni d’uso nel piano paesaggistico approvato ai sensi del Codice o nel provvedimento di imposizione del vincolo o negli atti di integrazione del contenuto precettivo del vincolo stesso adottati ai sensi dell’articolo 141-bis del Codice.
9. In caso di mancata espressione del parere vincolante del Soprintendente nei tempi previsti dal comma 5, si forma il silenzio assenso ai sensi dell’articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e l’amministrazione procedente provvede al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
10. Nel procedimento autorizzatorio semplificato non e’ obbligatorio il parere delle Commissioni locali per il paesaggio, salvo quanto diversamente disposto dalle leggi regionali.
11. L’articolo 146, comma 4, del Codice si applica anche alle autorizzazioni paesaggistiche semplificate.”
12.5. La norma va letta tenendo presente che per “amministrazione procedente” si deve intendere, non già l’amministrazione competente al rilascio del titolo abilitativo l’intervento, bensì – secondo quanto specificato all’art. 1, lett. c) – “la regione, ovvero l’ente delegato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica”.
12.6. Essa è parzialmente derogatoria rispetto alla disciplina generale contenuta nell’art. 146 del D. L.vo 42/2004: in primo luogo per il fatto che essa prevede che l’amministrazione procedente trasmette alla Soprintendenza una “motivata proposta di accoglimento”, e non una proposta di diniego o di accoglimento; in secondo luogo per la ragione che prevede specificamente la possibilità che si formi un silenzio assenso, ai sensi dell’art. 17 bis della L. 241/90, con riferimento alla ipotesi in cui il Soprintendente non renda il parere di propria competenza “nei tempi previsti al comma 5”, e, coerentemente alla natura endoprocedimentale di tale assenso tacito, prevede poi che la “autorità procedente” (cioè la regione o l’ente da essa delegato) “provvede al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica”: cioè, in sostanza, “provvede in conformità”, alla proposta originaria di accoglimento ed al parere favorevole, e vincolante, tacitamente formatosi.
12.7. La legittimità di tali previsioni derogatorie, rispetto alla disciplina generale, discende dalla circostanza che sono contenute in un regolamento governativo emanato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della l. 400/1988, a ciò “delegato” dalla fonte di rango legislativo primario, ovvero l’art. 146, comma 9, del D. L.vo 42/2004. Si tratta, inoltre, di norme dichiaratamente speciali, con cui sono stabilite procedure semplificate per il rilascio delle autorizzazioni, che per definizione hanno ad oggetto interventi di lieve entità.
12.8. Il Collegio rileva, tuttavia, che l’art. 11, comma 9, del D.P.R. n. 31/2017, nel prefigurare la formazione del silenzio assenso, richiama specificamente solo i termini di cui al comma 5, e non anche i termini di cui al comma 7, e ritiene di doversi interrogare circa la reale volontà all’origine del regolamento, e quindi sulla reale portata del silenzio assenso cui allude il comma 9: l’interpretazione letterale e coordinata dei vari commi di cui è composto l’art. 11, porta infatti ad affermare che il silenzio assenso, ai sensi dell’art. 17 bis, non si formi quando il soprintendente abbia comunicato dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, e si formi, invece, “se anche la valutazione del Soprintendente è positiva” (così, il comma 5, ultimo periodo), il silenzio assenso, ex art. 17 bis.
12.7. Ebbene, ad avviso del Collegio l’indicata formulazione della norma indica la volontà di consentire la formazione del silenzio assenso “endoprocedimentale” solo nel caso in cui la Soprintendenza, ricevuta la proposta dalla “amministrazione procedente”, rimanga assolutamente silente, omettendo di esprimersi in qualsiasi modo: tale contegno silenzioso, potendo essere letto come una valutazione positiva, per assenza di elementi ostativi, crea il presupposto logico perché la “amministrazione procedente” sia legittimata a dare corso al rilascio dell’autorizzazione. Viceversa, nel caso in cui la Soprintendenza comunichi dei motivi ostativi all’accoglimento, è evidente che non vi sono le condizioni perché possa innestarsi la presunzione che essa abbia valutato positivamente la proposta della “amministrazione procedente”, neppure a seguito delle eventuali controdeduzioni della parte interessata.
12.8. La suddetta interpretazione, ad avviso del Collegio, si impone anche in considerazione del fatto che, venendo in considerazione un istituto di natura speciale e derogatoria, la norma che lo prevede è soggetta a stretta interpretazione. Si tratta, inoltre, della interpretazione che meglio coniuga la tutela degli interessi privatistici, alla sollecita definizione dei procedimenti per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, con l’interesse, di natura primaria, alla tutela del paesaggio, il quale richiederebbe sempre un cauto e meditato esercizio della discrezionalità, da parte della autorità tutoria. Valga, infine, la considerazione che nel già citato parere del Consiglio di Stato, n. 1640/2016, si legge che “in tutti i casi in cui il procedimento amministrativo è destinato a concludersi con una decisione ‘pluristrutturata’ (nel senso che la decisione finale da parte dell’Amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra Amministrazione), il silenzio dell’Amministrazione interpellata, che rimanga inerte non esternando alcuna volontà, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale ma è, al contrario, equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’Amministrazione procedente l’adozione del provvedimento conclusivo”, a conferma del fatto che sotteso alla formazione del silenzio assenso ex art. 17 bis è il fatto che l’amministrazione interpellata “non esterna alcuna volontà”.
12.9. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il silenzio assenso di cui all’art. 11, comma 9, del D.P.R. n. 31/2017 deve ritenersi impedito dal fatto che la Soprintendenza, prima che si formi il silenzio assenso (e quindi, prima che sia decorso il termine di 20 giorni dal ricevimento della proposta di accoglimento, da parte della Soprintendenza) notifichi motivi ostativi all’accoglimento ai sensi dell’art. 11, comma 7. Subentrerà, a quel punto, l’obbligo per il Soprintendente di emettere il provvedimento di conferma del diniego entro il termine indicato al medesimo comma 7 (venti giorni dal ricevimento delle osservazioni o dalla scadenza del termine a tal fine assegnato), termine dal cui rispetto dipende la natura vincolante, o meno, del parere reso dal Soprintendente. Pertanto:
(i) se il parere negativo definitivo del Soprintendente pervenga entro il termine indicato dall’art. 11, comma 7, sarà vincolante per l’amministrazione procedente;
(ii) se il parere negativo non sarà più emesso, o sarà emesso tardivamente, l’amministrazione procedente provvederà come ritiene, senza essere vincolata da alcun silenzio assenso, e quindi all’occorrenza anche potendo tenere conto dei rilievi ostativi della Soprintendenza, e a maggior ragione di un parere negativo tardivamente giunto.
(iii) il parere tardivo emesso dalla Soprintendenza, ai sensi dell’art. 11, comma 7, del D.P.R. n. 31/2017, non sarà illegittimo per contrasto con un silenzio assenso già formatosi, quando sia stato preceduto dalla notifica dei motivi ostativi all’accoglimento, i quali – come precisato – impediscono la formazione del silenzio assenso di cui all’art. 11, comma 9, sempre che intervengano prima del termine indicato, dal combinato disposto dell’art. 11, comma 5 e 9, per la formazione del silenzio-assenso;
(iv) il termine indicato dall’art. 11, comma 7, per la trasmissione dei motivi ostativi all’accoglimento (10 giorni dal ricevimento della proposta) deve intendersi meramente sollecitatorio, consumandosi il potere del Soprintendente di notificare i motivi ostativi solo nel momento in cui si forma il silenzio assenso ex art. 17 bis.
13. Per venire al caso di specie, essendo pacifico che la Soprintendenza ha trasmesso i motivi ostativi all’accoglimento della proposta inoltrata dalla autorità procedente il 31 luglio 2020, quando, cioè, erano decorsi 11 giorni dal ricevimento della proposta, ma non era ancora decorso il termine di venti giorni per la formazione del silenzio assenso, quest’ultimo non si è mai perfezionato.
14. In conclusione l’appello è fondato e l’appellata sentenza va riformata.
15. Vanno quindi esaminati i motivi proposti dall’appellata in primo grado, dichiarati assorbiti dal TAR e riproposti con memoria depositata il 23 settembre 2021.
15.1. In particolare con tali motivi è stato dedotto che la Soprintendenza, con il parere impugnato:
– avrebbe illegittimamente affermato la inammissibilità tout court dell’intervento: questo sarebbe, al contrario, espressamente contemplato nell’allegato B, al punto b.4., del D.P.R. n. 31/2017;
– si sarebbe fondata su un presupposto erroneo, e cioè sul fatto che i terrazzini “a tasca”, che la signora Maranca intenderebbe realizzare, sarebbero visibili da p.zza Vittorio Emanuale III” : si tratterebbe, piuttosto, di opere che non alterano il complessivo prospetto architettonico dell’immobile e non sono in alcun modo visibili percepibili dall’esterno;
– non avrebbe considerato che terrazzi “a tasca” sono già stati realizzati su immobili limitrofi a quello di proprietà dell’appellata, ubicati nella medesima zona;
– avrebbe violato il principio del “dissenso costruttivo”, espresso dall’art. 14 bis della L. 241/90, non indicando le modifiche necessarie ai fini dell’assenso.
15.2. Le indicate censure, che possono essere esaminate congiuntamente, non possono essere favorevolmente valutate.
15.3. E’ opportuno ripercorrere, seppure sinteticamente, la motivazione posta a base del parere impugnato, che, dopo aver richiamato anche le osservazioni presentate dalla appellata in replica ai motivi comunicati dalla Soprintendenza ex art. 10 bis della L. 241/90, ha rilevato: (i) che l’intervento oggetto di autorizzazione riguarda un immobile che rappresenta una testimonianza epocale di un “modus costruendi”, di particolare interesse per i caratteri formali e costruttivi, ubicato in uno dei contesti di maggiore interesse paesaggistico del Borgo antico di Cava de’ Tirreni; (ii) i terrazzini “a tasca” alterano “i caratteri formali e costruttivi” della copertura del fabbricato, caratterizzata da falde inclinate di tipo tradizionale, e “risultano degli elementi non ricorrenti nella tipologia di coperture presenti nell’area..”; (iii) sono comunque visibili da piazza Vittorio Emanuele III, e, “pur volendo considerare che le coperture di altri fabbricati sono dotate di terrazzi a tasca e/o abbaini, ciò non può essere considerata una giustificazione, né può ritenersi accettabile, ai fini della tutela paesaggistica, consentirne la proliferazione sulle coperture di altri immobili”; peraltro gli altri interventi similari rilevabili nella zona sono collocati in aree più marginali e sono meno visibili.
15.4. Va anche tenuto presente, ai fini di comprendere quanto si dirà, che la tipologia di terrazzi in questione in sostanza comporta la formazione, all’interno della preesistente falda di copertura del tetto, di un vero e proprio “buco”, all’interno del quale vengono realizzate delle tamponature che vanno a delimitare i tre lati del terrazzo che si trovano al di sotto del livello della copertura, uno dei quali munito di porta finestra per conservi l’accesso dal sottotetto; il piano di calpestìo del terrazzo viene, dunque, a coincidere con la stessa soletta che divide l’ultimo piano dell’edificio dal piano sottotetto, senza alcuna sporgenza verso l’esterno.
15.5. Si tratta, pertanto, di una tipologia di terrazzo che effettivamente risulta poco visibile dall’esterno, in particolare osservando l’edificio da distanza ravvicinata; tuttavia è fuori di dubbio che si tratta di un intervento che realizza una modifica significativa dell’architettura dell’edificio e che, secondo quanto si legge nel parere impugnato, non costituisce un tratto caratteristico tipico degli edifici del borgo storico di Cava de’ Tirreni.
15.6. Ciò precisato, il Collegio osserva che l’intento della Soprintendenza, che emerge chiaramente dal parere impugnato, è quello di preservare memoria sia della originaria fisionomia del borgo antico di Cava de’ Tirreni, sia del modo di costruire seguito all’epoca in cui detto borgo è stato realizzato, ed a tale fine l’intervento proposto è stato ritenuto incompatibile dalla Soprintendenza: ciò, però, non implica la violazione di legge prefigurata dalla appellata.
15.7. Il fatto che i “terrazzi a tasca” siano esplicitamente contemplati all’allegato B del D.P.R. n. 31/2017, tra gli interventi per i quali l’autorizzazione paesaggistica può essere rilasciata in via semplificata, non significa ovviamente che simili interventi debbano sempre essere autorizzati dalla Soprintendenza, né preclude a quest’ultima di esprimere un parere negativo “ a priori” correlato alla situazione specifica dei luoghi.
15.8. D’altro canto occorre considerare che il vincolo di tipo paesaggistico ha anche una connotazione culturale: al riguardo basti osservare che la Convenzione europea del paesaggio, sottoscritta dagli Stati membri del Consiglio d’Europa il 20 ottobre 2000, afferma che “il paesaggio coopera all’elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell’Europa”; essa, inoltre, definisce il “paesaggio” come “una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni” e la “salvaguardia del paesaggio” come “le azioni di conservazione e di mantenimento degli aspetti significativi o caratteristici di un paesaggio, giustificate dal suo valore di patrimonio derivante dalla sua configurazione naturale e/o dal tipo d’intervento umano”.
15.9. Quanto sopra consente di affermare che non può ritenersi estranea alla funzione della tutela del vincolo paesaggistico la preservazione della fisionomia originaria di determinati edifici, seppure non interessati da specifico vincolo culturale, e quantunque si tratti di interventi poco visibili. Pertanto, l’intento, espresso dal parere impugnato, di conservare integra la fisionomia degli immobili che costituiscono il borgo antico di Cava de’ Tirreni, tra i quali è pacificamente incluso quello di proprietà della appellata, non può considerarsi né in violazione di legge, né irragionevole né, infine, ultroneo rispetto alla tutela paesaggistica.
15.10. La valutazione in esame, espressione di discrezionalità amministrativa, neppure può ritenersi sindacabile sotto il profilo del macroscopico errore, in relazione alla affermazione – contestata dalla appellante – che i terrazzi sarebbero visibili dalla piazza antistante il fabbricato: ad avviso del Collegio, infatti, la affermata visibilità dei terrazzi dalla piazza non costituisce un motivo fondamentale, nella motivazione globalmente considerata del provvedimento impugnato; inoltre l’affermazione della appellata, secondo cui tale proposizione sarebbe erronea, è del tutto relativa, perché la visibilità dipende necessariamente dalla posizione in cui si trova l’osservatore, nella piazza ed all’interno degli edifici che si affacciano sulla piazza.
15.11. In ragione di quanto precede, pur dovendosi convenire con la appellata circa il fatto che la Soprintendenza ha espresso, nella sostanza, un giudizio di inammissibilità “tout court” dell’intervento, non si può ritenere tale giudizio illegittimo, e ciò consente di superare anche l’ulteriore obiezione secondo cui il parere sarebbe illegittimo per non aver indicato le modificazioni del progetto utili e necessarie a superare il parere negativo: se, infatti, l’intervento è in sé incompatibile con l’edificio e con il bene tutelato dal vincolo paesaggistico (cioè il borgo antico di Cava de’ Tirreni), nessuna indicazione utile che potesse consentire la realizzazione di terrazzi “a tasca” avrebbe potuto essere data dalla Soprintendenza – se non quella, già implicita nel provvedimento, di optare per un intervento di natura diversa -.
15.12. Da ultimo, il Collegio ritiene conforme alla funzione tutoria il rilievo che determinati interventi, ritenuti incompatibili con il vincolo, seppure assentiti in passato su immobili posti nelle vicinanze non debbano proliferare: certo, in una simile situazione si può creare l’aspettativa, nei cittadini, che simili interventi siano ammissibili, ma si tratta di una aspettativa di fatto, non qualificata e quindi non ostativa alla adozione di un parere negativo.
16. In conclusione, vanno respinti tutti i motivi di ricorso originario.
17. La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello e sui motivi riproposti da parte appellata ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., accoglie il primo e respinge i secondi; per l’effetto, in riforma della appellata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2022 con l’intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti, Presidente FF
Alessandro Maggio, Consigliere
Giordano Lamberti, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore