In tema di divorzio, il riconoscimento dell’efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio religioso, intervenuto dopo il passaggio in giudicato della pronuncia di cessazione degli effetti civili ma prima che sia divenuta definitiva la decisione in ordine alle relative conseguenze economiche, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio civile avente ad oggetto lo scioglimento del vincolo coniugale, il quale può dunque proseguire ai fini dell’accertamento della spettanza e della liquidazione dell’assegno divorzile.
Le Sezioni Unite hanno precisato che “non merita poi consenso l’osservazione secondo cui riconoscere al giudicato di divorzio una portata preclusiva dell’efficacia della dichiarazione di nullità, a seguito dell’intervenuta delibazione della sentenza ecclesiastica, significherebbe far riemergere la tesi, già respinta da questa Corte, secondo cui la pronuncia di cessazione degli effetti civili comporta la formazione di un giudicato implicito in ordine alla validità del matrimonio: la preclusione in esame non impedisce infatti alla sentenza di nullità di spiegare i propri effetti ad altri fini, ad esempio ai fini della validità di un secondo matrimonio eventualmente contratto, in violazione dell’art. 86 cod. civ., anteriormente allo scioglimento del primo”.