ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL’ADUNANZA PLENARIA
con contestuale SENTENZA PARZIALE
sul ricorso r.g.n. 8445/2012, proposto dalla Az System s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Feliciano Palmieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigina Palombi, in Roma, via Niobe, 19/A, Frazione Morena;
contro
il Ministero per lo sviluppo economico, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
M.p.s. Capital Services Banca per le Imprese s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, n.c.;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Campania, Napoli, sezione III, n. 4317/2012, che ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, in tema di revoca di agevolazioni finanziarie e connesse richieste risarcitorie.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato;
Visti gli artt. 105, comma 1, ed 87, comma 3, del codice del processo amministrativo;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed udito, per il Ministero appellato, l’avvocato dello Stato Palmieri.
I) L’impresa ricorrente in primo grado è stata ammessa al beneficio di un contributo con il decreto n. 1522307 del 1° dicembre 2006, riguardante il progetto “La nuova scocca per camper AZ”, relativo ad un programma di sviluppo precompetitivo e d’industrializzazione (in applicazione della legge n. 488 del 1992).
Con il decreto n. 14 del 30 marzo 2012, la Direzione generale per l’incentivazione delle attività imprenditoriali del Ministero per lo sviluppo economico ha disposto la revoca totale del provvedimento che ha ammesso al beneficio, poiché, a seguito delle verifiche effettuate in sede di rendicontazione, è stata considerata ‘inammissibile’ una prestazione rendicontata, conseguente ad una collaborazione della società D.C.R., sua ausiliaria, con cui aveva stipulato un contratto chiavi in mano.
La mancata valutazione della medesima prestazione era dipesa dal fatto che, ad avviso dell’amministrazione, la fornitura non assumeva un grado di complessità tale da giustificare il ricorso a siffatta tipologia contrattuale, anche perché non era stata considerata comprovata la specifica competenza tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.C.R.
II) Con il ricorso di primo grado n. 3435 del 2012 (proposto al T.a.r. per il Lazio), l’impresa ha impugnato il decreto n. 14 del 30 marzo 2012, emesso dal Direttore generale, chiedendo altresì il risarcimento dei danni subiti.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, eccependo la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo e l’incompetenza territoriale del T.a.r. Lazio.
III) Il T.a.r. Lazio, con ordinanza n. 6392 del 2012, ha rilevato la sussistenza della competenza del T.a.r. per la Campania.
A seguito della riassunzione del giudizio, con la sentenza appellata il T.a.r. per la Campania ha dichiarato il difetto della giurisdizione amministrativa, rilevando che l’atto di ritiro di un contributo pubblico – per inadempimento del concessionario – inciderebbe su un diritto soggettivo, devoluto alla giurisdizione del giudice civile.
IV) Con l’appello in esame, l’impresa ha chiesto che, in riforma della sentenza del T.a.r., sia rilevata la sussistenza della giurisdizione amministrativa ed ha riproposto le censure già formulate in primo grado.
Il Ministero appellato si è costituito in giudizio, depositando una memoria nella quale ha rilevato che l’atto di appello è stato irritualmente notificato presso gli uffici dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli; ha chiesto che, pertanto, si tenga conto delle argomentazioni difensive (pur se la memoria non è stata depositata nel rispetto del termine di cui all’art. 87 n. 3, del c.p.a.) ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
In particolare, il Ministero ha richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite sulla sussistenza della giurisdizione civile, quando vi sia un atto di revoca, incidente su un diritto soggettivo, di un precedente atto concessivo di un contributo o di una sovvenzione (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. n. 15618/2006).
V) Con il primo motivo d’appello, l’impresa ha dedotto che il T.a.r. avrebbe erroneamente dichiarato il difetto di giurisdizione, poiché – a seguito della declaratoria d’incompetenza del T.a.r. per il Lazio e della susseguente riassunzione innanzi al T.a.r. per la Campania – si sarebbe formato il ‘giudicato implicito’ sulla questione di giurisdizione.
Ad avviso dell’appellante, nel sistema processuale ed in base ai princìpi generali, le questioni di competenza vanno ‘logicamente’ esaminate dopo quelle di giurisdizione, onde la statuizione del T.a.r. per il Lazio sulla competenza presupporrebbe la declaratoria implicita della sussistenza della propria giurisdizione.
VI) Ritiene la Sezione che tale deduzione vada respinta.
Nel sistema processuale amministrativo, vi sono regole sulla più rapida definizione della questione sulla competenza territoriale dei T.a.r., disciplinata come inderogabile dall’attuale codice del processo amministrativo.
Le relative disposizioni acceleratorie sono vòlte alla più rapida definizione della questione di competenza.
Non si può escludere che, nel silenzio del codice, il giudice amministrativo di primo grado, ove ictu oculi risulti insussistente la propria giurisdizione, possa preferire di dichiarare immediatamente tale carenza, per ragioni di economia processuale e per non tardare la definizione sostanziale del giudizio, sulla base del principio della ragionevole durata del processo.
Qualora, però, il T.a.r. si pronunci con ordinanza nel senso della propria incompetenza, individuando quella di un altro T.a.r., non vi è alcuna pronuncia implicita sulla giurisdizione.
Del resto, oltre ad una distinta normativa del codice sulle questioni di competenza e su quelle di giurisdizione, risultano ben diverse le indagini che il giudice amministrativo effettua al riguardo.
VII) Passando al secondo motivo d’appello (con cui si è dedotta la sussistenza della giurisdizione amministrativa a conoscere della controversia), ritiene la Sezione che il suo esame vada deferito all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo.
VIII) Nel caso in cui sia stato emanato un atto di revoca di un provvedimento che abbia disposto un contributo pubblico, si è consolidato un risalente orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione, per il quale rilevano gli ordinari criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione, sulla scorta di un addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti denominati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull’asserito inadempimento, da parte del beneficiario, quanto alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo.
A tale orientamento si è adeguata la prevalente giurisprudenza amministrativa, per la quale è configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, o se, a seguito della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse (ma non per inadempienze del beneficiario: cfr. Cons. St., Sez. IV, sent. 28 marzo 2011, n. 1875; Sez. VI, sent. 24 gennaio 2011, n. 465; Sez. V, sent. 10 novembre 2010, n. 7994).
IX) Nella specie, le circostanze determinanti la contestata revoca sono emerse dopo il rilascio del provvedimento che ha disposto il beneficio, non per vizi riconducibili all’originario provvedimento, ma per ragioni inerenti alla rendicontazione finale e riguardanti la computabilità di spese che, ad avviso dell’amministrazione, non avrebbero potuto essere computate (anche per l’inadeguatezza della capacità tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.R.C).
Ritiene al riguardo la Sezione che la consolidata giurisprudenza in materia (basata su considerazioni generali circa la nascita di un diritto soggettivo a seguito del rilascio del contributo o della sovvenzione) possa essere oggetto di una rimeditazione, ove si consideri che:
a) il potere di autotutela dell’amministrazione, esercitato con un atto di revoca (o di decadenza), in base ai principi del contrarius actus, incide di per sé su posizioni d’interesse legittimo (come si evince dalla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato attinente ai casi in cui una concessione di un bene pubblico o di un servizio pubblico sia ritirata per qualsiasi ragione, anche nell’ipotesi d’inadempimento del concessionario);
b) l’art. 7 del codice del processo amministrativo dispone che il giudice amministrativo ha giurisdizione nelle controversie “riguardanti provvedimenti, atti … riconducibili anche mediatamente all’esercizio” del potere pubblico (e non è dubbio che il provvedimento di ritiro di un precedente atto autoritativo a sua volta abbia natura autoritativa).
D’altra parte, la configurabilità di un potere autoritativo e di un correlativo interesse legittimo, in presenza dell’esercizio del potere di autotutela, risulta più rispondente alle esigenze di certezza del diritto pubblico (conseguendo l’atto di revoca la sua inoppugnabilità, nel caso di mancata tempestiva impugnazione) ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poiché l’esercizio del medesimo potere autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente erogazione dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa (onde neppure si giustificherebbe sul piano della logica giuridica l’attribuzione alla giurisdizione civile della controversia riguardante la legittimità dell’atto di ritiro, mentre indubbiamente sussiste quella amministrativa per le controversie riguardanti la fase di ulteriore attribuzione delle risorse recuperate a seguito dell’atto di ritiro).
Peraltro, la sussistenza della giurisdizione amministrativa potrebbe anche essere affermata, in via esclusiva, in considerazione dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990 , riguardante i ‘provvedimenti attributivi di vantaggi economici’, che disciplina la “concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari”, attribuendo il nomen iuris di concessione a qualsiasi provvedimento che disponga l’erogazione del denaro pubblico.
Sotto tale profilo, potrebbe risultare rilevante l’art. 133, comma 1, lettera b), sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per le “controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici”;
La portata applicativa delle disposizioni di legge sopra richiamate non sembra riducibile in via interpretativa, per il rilievo da attribuire all’art. 44 della legge n. 69 del 2009 (che ha condotto all’approvazione del codice del processo amministrativo, disponendo che il riassetto del medesimo dovesse avvenire “alfine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele”).
Infatti, la finalità di adeguamento alla giurisprudenza della Corte costituzionale ha consentito l’elaborazione dell’art. 7 del codice, ripetitivo di espressioni contenute nelle sentenze della Corte stessa n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006.
Inoltre, la distinta, e parimenti rilevante, finalità di “assicurare la concentrazione delle tutele” comunque può aver giustificato l’attribuzione alla giurisdizione amministrativa delle controversie riguardanti – per il tramite dell’esercizio del potere di autotutela – il ritiro dei provvedimenti “attributivi di vantaggi economici”, aventi ex lege natura concessoria, e dunque delle controversie che peraltro già di per sé potevano essere riferite ai rapporti inerenti alla concessione di un bene pubblico (il denaro), prima ancora delle modificazioni disposte dal codice del processo amministrativo.
X) Pertanto, la Sezione:
a) respinge il primo motivo d’appello con sentenza parziale;
b) sulle ulteriori censure rivolte contro l’appellata statuizione di difetto di giurisdizione (e le conseguenti statuizioni), per il loro evidente carattere di massima, ne rimette l’esame all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con ordinanza, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, respinge il primo motivo dell’appello n. 8445/2012 con sentenza parziale e, in relazione alle restanti deduzioni dell’appellante, ne dispone il deferimento all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con ordinanza, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente sentenza-ordinanza al Segretario incaricato di assistere all’udienza dell’Adunanza plenaria.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012, con l’intervento dei giudici: