Alla luce della sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale – la quale ha carattere vincolante perché volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla costituzione, nonché i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111, 8° comma, Cost. – il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per «invasione» o «sconfinamento» nella sfera riservata ad altro potere dello Stato, ovvero per «arretramento» rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione.
La negazione in concreto di tutela della situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111, comma 8, Cost., poiché l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sé sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione.
La non sindacabilità da parte della Corte di cassazione, ex art. 111, 8° comma, Cost., delle violazioni del diritto dell’Unione europea ascrivibili alle sentenze pronunciate dagli organi di vertice delle magistrature speciali (nella specie, il Consiglio di Stato) è essa stessa compatibile con il diritto dell’Unione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale ed europea, in quanto correttamente ispirata a esigenze di limitazione delle impugnazioni, oltre che conforme ai principi del giusto processo ed idoneo a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale; e ciò perché è rimessa ai singoli Stati l’individuazione degli strumenti processuali per assicurare tutela ai diritti riconosciuti dall’Unione.
SENTENZA
sul ricorso 30157-2018 proposto da:
TERMEX S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliatosi in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II
154/3DE, presso lo studio dell’avvocato DANIELE GRANARA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
CITTA’ METROPOLITANA DI GENOVA, in persona del Sindaco Metropolitano pro tempore, elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati VALENTINA MANZONE e CARLO SCAGLIA;
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrenti –
contro
CASSA DEPOSITI E PRESTITI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliatosi in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– resistente –
e contro
EUROPROGETTI & FINANZA S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1519/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 09/03/2018;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/12/2019 dal Consigliere ANGELINA-MARIA PERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO IMMACOLATA, che ha concluso per
l’inammissibilità del primo e del secondo motivo del ricorso con assorbimento del terzo;
uditi gli avvocati Daniele Granara ed Emanuela Romanelli per delega dell’avvocato Gabriele Pafundi.
FATTI DI CAUSA
Emerge dalla narrativa della sentenza impugnata che la s.r.l. Termex presentò alla Provincia di Genova, in qualità di soggetto responsabile del Patto territoriale di Genova e delle valli del Genovesato, una domanda per la concessione di agevolazioni finanziarie in relazione a un programma di ampliamento di un impianto per la lavorazione delle grandi macchine e che fu a essa riconosciuto in via provvisoria un contributo in conto impianti pari a Euro 439.246,59, a fronte di un programma di investimenti per l’importo complessivo agevolabile di Euro 1.876.287,91, che fu erogato in parte (per l’importo di Euro 261.872,48).
Successivamente, tuttavia, si prosegue in sentenza, in esito all’istruttoria svolta dalla s.p.a. Europrogetti & Finanza, che ne era stata incaricata, la Provincia di Genova, svolto apposito procedimento, del quale aveva comunicato l’avvio alla Termex, adottò, a distanza di circa nove anni dalla conclusione del programma d’investimento, il provvedimento definitivo di concessione delle agevolazioni, in misura inferiore rispetto a quella originariamente riconosciuta e stabilì che la società restituisse all’erario la differenza tra l’importo riconosciuto e quello erogato. La Provincia di Genova introdusse quindi con determinazione dirigenziale le integrazioni richieste dal Ministero dello Sviluppo economico, cui fece seguito la presa d’atto ministeriale.
Il Tar per la Liguria, riuniti i giudizi, nel corso dei quali erano stati altresì proposti motivi aggiunti concernenti il successivo provvedimento dirigenziale della Provincia di Genova relativo alle integrazioni richieste dal Ministero e la presa d’atto ministeriale, ha respinto entrambi i ricorsi.
Il Consiglio di Stato ha poi rigettato l’appello proposto dalla società.
A sostegno della decisione ha affermato che la violazione del termine finale del procedimento non determina l’illegittimità dell’atto tardivo, sicchè non si può dire consumato il potere dell’amministrazione di rideterminare in via definitiva l’agevolazione; a tanto ha aggiunto che non si è adeguatamente consolidata la base affidante invocata dalla società appellante, in base al canone unionale della prevedibilità. Infine, il Consiglio di Stato ha escluso la sussistenza del difetto di motivazione lamentato, facendo leva sul contenuto della relazione finale di spesa del soggetto istruttore e del verbale di accertamento della Commissione ministeriale, richiamati per relationem nella determinazione della Provincia; ha escluso altresì la denunciata violazione del contraddittorio procedimentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Coi primi due motivi di ricorso la ricorrente si duole dell’omesso o errato esercizio della giurisdizione là dove il Consiglio di Stato ha escluso la consumazione del potere dell’Amministrazione di determinazione del contributo (primo motivo), nonchè nuovamente dell’omesso esercizio della giurisdizione perchè il Consiglio di Stato non ha ritenuto sussistente la violazione dell’affidamento maturato in capo alla Termex (secondo motivo).
Entrambi i motivi sono inammissibili.
1.1.- Va sul punto ribadito che, alla luce della sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale – la quale ha carattere vincolante perchè volta ad identificare gli ambiti dei poteri attribuiti alle diverse giurisdizioni dalla costituzione, nonchè i presupposti e i limiti del ricorso ex art. 111 Cost., comma 8 -, il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione concerne le ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per “invasione” o “sconfinamento” nella sfera riservata ad altro potere dello stato ovvero per “arretramento” rispetto ad una materia che può formare oggetto di cognizione giurisdizionale, nonchè le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei conti o il Consiglio di stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull’erroneo presupposto di quell’attribuzione; l’eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore è configurabile solo allorchè il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete, e non invece quando si sia limitato al compito interpretativo che gli è proprio, anche se tale attività ermeneutica abbia dato luogo ad un provvedimento “abnorme o anomalo” ovvero abbia comportato uno “stravolgimento” delle “norme di riferimento”, atteso che in questi casi si può profilare, eventualmente, un error in iudicando, ma non una violazione dei limiti esterni della giurisdizione (Cass., sez. un., 25 marzo 2019, n. 8311).
2.- Inammissibile è anche il terzo motivo di ricorso, col quale la società prospetta due questioni pregiudiziali: la prima, in riferimento all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, perchè l’affermata omissione di esercizio della giurisdizione avrebbe violato il principio di effettività della tutela giurisdizionale; la seconda, con riguardo al principio del legittimo affidamento, al fine di verificare se questo sia garantito dal diritto unionale e se, dunque, il diritto unionale osti a una normativa nazionale che ometta di fissare termini perentori per la conclusione di un procedimento volto a incentivare e sostenere nuove iniziative imprenditoriali, consentendo la rideterminazione o la revoca del contributo concesso in via provvisoria, anche dopo che sia trascorso un considerevole periodo di tempo.
2.1.- Quanto alla prima questione, va ribadito, per evidenziare l’inammissibilità di questo profilo del motivo, l’orientamento di queste sezioni unite (Cass., sez. un., 19 dicembre 2018, n. 32773), secondo cui la negazione in concreto di tutela della situazione soggettiva azionata, determinata dall’erronea interpretazione delle norme sostanziali nazionali o dei principi del diritto Europeo da parte del giudice amministrativo, non concreta eccesso di potere giurisdizionale per omissione o rifiuto di giurisdizione così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8, poichè l’interpretazione delle norme di diritto costituisce il proprium della funzione giurisdizionale e non può integrare di per sè sola la violazione dei limiti esterni della giurisdizione, che invece si verifica nella diversa ipotesi di affermazione, da parte del giudice speciale, che quella situazione soggettiva è, in astratto, priva di tutela per difetto assoluto o relativo di giurisdizione.
3.- Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza in relazione alle parti costituite.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese sostenute da ciascuna parte controricorrente, che liquida in Euro 5000,00 per compensi cadauna, oltre alle spese prenotate a debito in relazione al Ministero, e a 200,00 Euro per esborsi e al 15% a titolo di spese forfetarie in relazione alla Città metropolitana di Genova.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2020