1. La preclusione all’esperibilità del ricorso avverso silenzio rispetto alla mancata adozione di atti normativi o amministrativi generali non deriva dal mero carattere regolamentare o generale dell’atto di cui si invoca l’adozione, quanto dal fatto che, in ragione dell’ordinario rivolgersi di tali atti a una pluralità indifferenziata di soggetti destinatari, non individuabili ex ante e destinati anche a cambiare nel corso del tempo, è molto complessa e delicata l’opera di individuazione dei requisiti della legittimazione e dell’interesse a ricorrere in capo a chi si attivi per l’adozione di provvedimenti di tal natura.
In sostanza, l’azione avverso il silenzio è impraticabile solo laddove manchi uno specifico e individuato destinatario dell’azione amministrativa, come accade di regola per agli atti normativi che, per la loro generalità e astrattezza vedono quali loro destinatari la collettività, ovvero, categorie di soggetti genericamente e astrattamente determinate).
2. Ai fini dell’individuazione dei requisiti della legittimazione e dell’interesse a ricorrere in capo a chi si attivi per l’adozione di provvedimenti di tal natura, non rileva poi l’ampiezza della discrezionalità, salvo il caso in cui quest’ultima, come in precedenza rilevato, investa anche l’“an” del provvedere (è il caso, ad esempio delle strumenti di pianificazione generale in materia urbanistica e relative varianti); in tali casi, infatti, al pari di quelli relativi al ritardo nella emanazione di atti normativi, è da escludersi la sussistenza di un obbligo di provvedere, anche in considerazione delle valutazioni lato sensu politiche riservate all’Amministrazione che rendono l’inerzia sostanzialmente insindacabile da parte del giudice amministrativo (arg. ex art. 7, comma 1, ultimo periodo, c.p.a.). Semmai, l’ampiezza del potere discrezionale comporta unicamente una limitazione dei poteri del giudice con riguardo alla portata conformativa della pronuncia sul silenzio. Invero, l’azione disciplinata dall’art. 117 del c.p.a. ha natura strumentale e il giudice non può pronunciarsi sul merito della pretesa azionata, essendo tale eventualità limitata ai soli atti vincolati, ed a quelli in relazione ai quali si sia interamente esaurito lo spettro di discrezionalità riconosciuto all’amministrazione e al contempo non siano necessarie attività istruttorie, come stabilito dall’art. 31, comma 3, del c.p.a.
3. Il dovere di concludere il procedimento entro il termine all’uopo definito dalla legge si applica anche agli atti amministrativi generali di pianificazione e di programmazione. Tale dovere, peraltro, prescinde dal fatto che il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio.
In entrambi i casi, l’inosservanza del termine per la definizione del procedimento, pur non comportando la decadenza dal potere, connota in termini di illegittimità il comportamento della pubblica amministrazione, con conseguente possibilità per i soggetti interessati di ricorrere in giudizio avverso il silenzio-rifiuto ritualmente formatosi, al fine di tutelare le proprie posizioni giuridiche soggettive attraverso l’utilizzo di tutti i rimedi apprestati dall’ordinamento.
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9080 del 2019, proposto dalla società Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Caccioppoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Venezia 11;
contro
il signore Bruno Mentasti, rappresentato e difeso dagli avvocati Angela Francesca Canta e Giovanni Corbyons, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
del Comune di Castelveccana, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Laura Ferrario, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza resa fra le parti in forma semplificata dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 8328 del 26 giugno 2019;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del signor Bruno Mentasti, del Comune di Castelveccana e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020 il consigliere Silvia Martino;
Uditi per le parti gli avvocati Francesco Caccioppoli, Anna Laura Ferrario e Angela Francesca Canta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierno appellato, signor Bruno Mentasti, con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per il Lazio, esponeva di risiedere nel Comune di Castelveccana, in Via Europa n. 56, in una tenuta prospiciente il lago Maggiore.
Il tratto di strada antistante alla proprietà è costeggiato, sul lato rivolto verso l’entroterra, dalla linea ferroviaria Oleggio-Bellinzona che si trova a circa 40 metri in linea d’aria dall’ingresso dalla sua abitazione.
A partire dal 2015, anche a seguito dell’intensificarsi del transito di convogli merci in orario notturno, egli aveva sollecitato RFI S.p.a., ente gestore dell’infrastruttura ferroviaria, ad adottare idonee misure finalizzate al contenimento dell’inquinamento acustico connesso al progressivo degrado dell’infrastruttura ferroviaria.
1.1. Con nota del 23 luglio 2015, seguita da ulteriori comunicazioni di analogo tenore, RFI aveva comunicato di aver programmato, nell’ambito di un piano di risanamento acustico, “un intervento con barriera antirumore” contraddistinto sull’allegata tavola grafica con il codice C.I. 012045007, “di lunghezza pari a 1547 metri ed altezza compresa tra 2.0 e 4.0 metri sul piano del ferro”.
L’Ente gestore aveva tuttavia osservato che:
a) per effetto dell’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni del 1° luglio 2004, gli interventi programmati avrebbero dovuto essere realizzati per stralci successivi, con approvazione immediata dei soli interventi da eseguire nel primo quadriennio (2004-2008), fermo restando il rispetto dei termini temporali previsti dalla normativa nazionale;
b) l’intervento localizzato nell’area ove sorge l’abitazione del signor Mentasti era “programmato all’8° anno di piano”, per cui non rientrava nel piano relativo ai primi quattro anni.
La medesima RFI riferiva, inoltre, che l’iter autorizzativo del secondo stralcio era in corso presso il Ministero dell’ambiente.
1.2. Dopo aver atteso ulteriori sviluppi, l’originario ricorrente apprendeva che, pur non avendo ancora dato seguito all’adozione di misure di contenimento acustico, RFI aveva programmato la realizzazione di interventi di potenziamento della linea ferroviaria “Caldè-Laveno Mombello”, destinati ad accrescere i disagi connessi al rumore prodotto dal transito dei convogli.
1.3. Con tre istanze di accesso presentate tra il 19 luglio e il 20 luglio 2017, l’istante chiedeva a RFI, al Ministero dell’Ambiente e alla Regione Lombardia, informazioni riguardanti lo stato dei procedimenti finalizzati all’adozione di misure di mitigazione dell’impatto acustico nell’area di proprio interesse.
1.4. A seguito di tale accesso egli apprendeva che lo stralcio di piano, relativo agli interventi da realizzare nel secondo quadriennio (2008-2012), era stato presentato da RFI in data 16 marzo 2009; che il Ministero dell’ambiente, con il supporto tecnico dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), aveva concluso la propria istruttoria in data 11 settembre 2012; nel corso del 2014, erano stati acquisiti i contributi delle Regioni e dei Comuni interessati dal Piano; il piano aggiornato presentato da RFI tuttavia continuava a non considerare la presenza di tutti i ricettori sensibili situati all’interno delle fasce di pertinenza acustica, così come continuava a non prendere in considerazione il risanamento dei ricettori presenti nelle fasce B, così ponendosi in contrasto con le prescrizioni dell’intesa della Conferenza unificata del 1° luglio 2004 (cfr. comunicazione del Ministero dell’ambiente, prot. n. 2241 del 15 febbraio 2016, depositata in primo grado).
Secondo il ricorrente, RFI non avrebbe ottemperato alle richieste formulate dal Ministero dell’ambiente, assumendo una posizione interlocutoria (cfr. nota di RFI prot. n. 0011890 del 5 agosto 2016, primo grado).
Con le note prot. n. 462 del 13 gennaio 2017 e prot. n. 4332 del 28 marzo 2017, il Ministero dell’ambiente aveva tenuto due incontri con l’intenzione di «dirimere definitivamente le problematiche» legate all’aggiornamento del Piano di contenimento acustico presentato da RFI.
Con nota del 3 agosto 2017, la Regione Lombardia, invitata a collaborare al fine di porre rimedio all’inerzia di RFI, aveva evidenziato che, attesa la natura nazionale del piano, non era titolare di potestà autoritativa volta all’attuazione degli interventi di contenimento acustico ivi contemplati.
1.5. In data 28 febbraio 2018, il ricorrente aveva diffidato gli enti responsabili dell’approvazione e dell’attuazione del Piano a porre in essere le attività di rispettiva competenza necessarie a garantire il risanamento acustico nell’area di interesse.
Con nota del 4 giugno 2018 RFI aveva ha dichiarato di aver «predisposto il Piano di Risanamento nel rispetto dei termini di legge» e di aver «assolto a tutti gli adempimenti posti a suo carico dalla normativa vigente in materia».
1.6. In data 1° febbraio 2019 gli enti coinvolti erano stati sollecitati ancora una volta ad assumere le iniziative di rispettiva competenza.
1.7. Con nota del 19 marzo 2019, il Ministero dell’ambiente aveva riferito di aver chiesto a RFI «di fornire un cronoprogramma completo degli interventi del piano con costi e tempi aggiornati, ai fini della chiusura della relativa istruttoria tecnica».
2. Avverso l’inerzia delle amministrazioni intimate veniva quindi proposta innanzi al T.a.r. del Lazio azione ai sensi dell’art. 117 del c.p.a., in particolare deducendosi:
1) Illegittimità dell’inerzia serbata dagli enti competenti – violazione dell’art. 10, co. 5, l. 447/1995, nonché degli artt. 2 e 5 del d.m. 29 novembre 2000 – violazione dei principi di efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa, del principio di proporzionalità, nonché dell’obbligo di concludere il procedimento nei termini di legge e comunque entro un tempo ragionevole.
RFI e il Ministero dell’ambiente non avrebbero assunto gli atti necessari ad adottare e attuare il Piano di contenimento dell’inquinamento acustico. Né sussisterebbero ragioni che giustifichino tale inerzia alla stregua della sequenza procedimentale delineata dal D.M. 29 novembre 2000;
2.1 In via subordinata veniva proposta anche la c.d. “class action” pubblica disciplinata dal d.lgs. n. 198 del 2009.
3. Nella resistenza della RFI e del Ministero dell’ambiente, e con l’intervento ad adiuvandum del Comune di Castelveccana, l’impugnata sentenza – T.a.r. per il Lazio (Sezione Terza) n. 8328 del 26 giugno 2019 -:
– respingeva le istanze istruttorie;
– respingeva l’eccezione di inammissibilità del ricorso avverso il silenzio – inadempimento;
– nel merito, accoglieva l’azione ex art. 117, c.p.a., e condannava le intimate amministrazioni ad adottare un provvedimento espresso sull’ istanza presentata dal signor Mentasti, e quindi ad approvare il Piano degli interventi, entro il termine di giorni 90 (novanta) dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notifica della sentenza;
4. La sentenza è stata appellata dalla società RFI che ha dedotto i seguenti motivi.
4.1. Error in iudicando ed in procedendo della sentenza impugnata: erronea e contraddittoria motivazione in ordine alla eccepita inammissibilità e/o infondatezza del ricorso di primo grado proposto ex art 117 c.p.a.; erronea e contraddittoria applicazione della Legge n. 241/1990, della Legge n. 447/1995, del D.P.R. 459/1998 e del DM Ambiente del 29.11.2000.
La società, nel giudizio di primo grado, aveva eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso proposto ai sensi dell’art 117 c.p.a., tanto sia in ragione dell’elevata discrezionalità riconosciuta alla p.a. nell’adozione del provvedimento di competenza sia dell’impossibilità di individuare specifici destinatari degli atti in questione in capo ai quali possa radicarsi una posizione di interesse legittimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 17 dicembre 2018, n. 7090).
L’intervento di mitigazione del rumore, anche in ragione della sua oggettiva complessità procedimentale, non rientra tra i procedimenti ad istanza di parte ma in quelli ad impulso d’ufficio, ai sensi di quanto previsto dalla legge quadro sul rumore n. 447 del1995 e dal d.P.R. n. 459 del 18 novembre 1998, norme queste, che richiedono agli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture di predisporre e presentare autonomamente (quindi non su istanza di parte) i piani di contenimento e di abbattimento del rumore.
Il silenzio – inadempimento presuppone che vi sia un obbligo giuridico da parte dell’amministrazione destinataria della richiesta di provvedere mediante avvio di un procedimento amministrativo volto all’adozione di un atto tipizzato.
In mancanza del suddetto presupposto, l’eventuale inerzia dell’amministrazione, non potrebbe qualificarsi né in termini di silenzio – rifiuto né di silenzio – inadempimento.
4.2. Error in iudicando ed in procedendo della sentenza impugnata. Infondatezza nel merito del ricorso. Erronea contestazione di un comportamento inadempiente a carico di RFI. Erronea e contraddittoria motivazione della sentenza rispetto alle censure del ricorso. Difetto di istruttoria. Erronea applicazione della Legge n. 241/1990, della Legge n. 447/1995, del D.P.R. 459/1998 e del D.M. Ambiente 29.11.2000;
RFI ritiene di avere effettuato tutto quello che era nei suoi doveri e poteri ai fini della presentazione del Piano di risanamento acustico di interesse.
In particolare, nel settembre 2018 il Ministero dell’ambiente ha chiesto alla società un nuovo aggiornamento del piano che è stato prontamente trasmesso a novembre 2018 sia ai Ministeri interessati (quello dell’ambiente e quello delle infrastrutture e dei trasporti) che alle Regioni.
Tanto meno potrebbe evincersi una qualsivoglia condotta inerte della società in ragione dell’unico richiamo documentale operato sul punto dal giudice di prime cure, ovvero la nota del Ministero dell’ambiente del 15 febbraio 2016.
Ed infatti con la suddetta nota il Ministero ha chiesto integrazioni e chiarimenti in merito all’aggiornamento del Piano che sono stati prontamente resi da RFI con la nota del 26 luglio 2016 e quindi, anche con assoluto anticipo rispetto al termine di 120 giorni indicato dal Ministero con la medesima nota.
In ogni caso, se nelle vicinanze dell’abitazione del signor Mentasti non sono state ad oggi realizzate le barriere anti rumore tanto non dipenderebbe da una condotta inerte di RFI.
Nell’attuazione degli interventi di piano RFI è tenuta a:
1) rispettare l’ordine di priorità definito secondo le modalità indicate dal D.M. 29.11.2000;
2) ottenere l’approvazione dell’intervento da parte del Comune interessato, prima di avviarne la fase realizzativa (precisamente il progetto deve essere approvato nell’ambito della Conferenza di Servizi indetta dal MIT ai sensi del d.P.R. n.383 del 1994);
3) dare attuazione solo agli interventi approvati dal Ministero dell’ambiente e dalle Regioni in ambito Conferenza.
Peraltro, per quanto riguarda i tempi di attuazione del Piano, il termine di 15 anni dalla data di presentazione del Piano non terrebbe conto della tempistica necessaria per l’attuazione delle opere in quanto:
a) gli interventi non possono essere avviati da RFI nelle successive fasi di progettazione e realizzazione, in mancanza dell’approvazione di cui all’art. 5, comma 2, con specifico decreto;
b) per ogni intervento, una volta approvato, devono essere redatte le fasi di progettazione, come richiesto dalla normativa vigente;
c) i progetti devono essere sottoposti all’approvazione da parte dei rispettivi enti locali nell’ambito della Conferenza di servizi indetta dal MIT ai sensi del d.P.R. n. 383 del 1994.
Si tratta in sostanza di una serie di obblighi, non previsti dal D.M. ambiente, che risale al 2000, e che non ha avuto negli anni alcun aggiornamento.
5. Si è costituito, per resistere, il signor Mentasti.
5.1. Con memoria del 14 novembre 2019 ha riproposto, in via subordinata rispetto all’accoglimento del gravame, la domanda di conversione del rito, con trattazione del ricorso quale azione ex art. 1 e ss. del d.lgs. n. 198 del 2009.
6. Si è costituito anche il Comune di Castelveccana, già interventore ad adiuvandum in prime cure, per opporsi all’accoglimento dell’appello.
7. Si è costituito, altresì, il Ministero dell’ambiente.
8. Le parti hanno depositato ulteriori memorie.
8.1 In data 11 febbraio 2020, il signor Mentasti ha articolato le proprie difese con dovizia di argomentazioni, ricordando, in primo luogo, che le statuizioni rese nei confronti del Ministero, ovvero l’ordine di adottare un provvedimento espresso sull’istanza presentata, risultano ormai intangibili in quanto coperte da giudicato; per altro verso eccependo l’inammissibilità del presente gravame per carenza di interesse.
8.2. Secondo il Comune di Castelveccana la sentenza gravata conterebbe in realtà statuizioni a carico del solo Ministero, al quale il T.a.r. ha ordinato di chiudere il procedimento adottando provvedimenti espressi idonei a realizzare gli interventi di mitigazione previsti e richiesti dal ricorrente.
9. Con ulteriore memoria, il signor Mentasti ha sottolineato che i 15 anni previsti dal cit. D.M. del Ministero dell’ambiente per la realizzazione degli interventi sono trascorsi senza che nemmeno la progettazione degli interventi di risanamento acustico sia stata approvata.
10. In replica, la società RFI, oltre ad eccepire il carattere di novità delle produzione documentale effettuata dal Comune, ha sottolineato di avere un autonomo interesse volto a dimostrare l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto ammissibile il ricorso di primo grado o comunque ha ritenuto di poter addebitare alla medesima RFI una condotta inadempiente.
11. In data 28 settembre 2020 il Ministero dell’ambiente ha depositato una memoria difensiva.
Il Ministero ha in particolare rappresentato di avere predisposto lo schema di decreto per l’approvazione degli interventi relativi ai successivi stralci del Piano che è stato trasmesso agli Uffici di diretta collaborazione del Ministro per l’attivazione di una nuova Conferenza Unificata Stato – Regioni, e quindi giungere alla conclusione del procedimento approvativo.
12. L’appello, infine, è stato assunto in decisione alla camera di consiglio dell’8 ottobre 2020.
13. In via preliminare, il Collegio rileva che:
a) la documentazione depositata dal Comune di Castelveccana è irrilevante ai fini del decidere, sicché può prescindersi dall’eccezione di violazione del c.d. divieto dei “nova” in appello, sollevata dalla società RFI;
b) la memoria difensiva depositata in data 28 settembre 2020 dal Ministero dell’ambiente è tardiva, e dunque inutilizzabile, per violazione del termine perentorio dimezzato di quindici giorni, stabilito dal combinato disposto degli artt. 87, comma 3, e 73 comma 1, c.p.a.
13.1 Del pari, può prescindersi dalle eccezioni di inammissibilità del gravame, in varia guisa sollevate dalle parti resistenti, in quanto l’appello è infondato nel merito.
13.2. Al riguardo, peraltro, il Collegio si atterrà esclusivamente ai mezzi di gravame contenuti nell’atto di appello, senza tenere conto delle ulteriori deduzioni contenute nelle memorie difensive, in quanto intempestive nonché proposte in violazione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali (cfr., da ultimo Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 2319 del 7 aprile 2020; n. 5277 del 2018).
14. Giova premettere una sintetica descrizione del quadro normativo di riferimento, quale risulta, peraltro, dalla compiuta ricostruzione effettuata dal T.a.r.
L’art. 10, comma 5, della legge quadro sull’inquinamento acustico, n. 447 del 1995, prescrive che le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture devono predisporre e presentare al Comune interessato piani di contenimento e di abbattimento del rumore nel caso di superamento di valori limite che, per l’infrastruttura ferroviaria, sono stati stabiliti dal d.P.R. n. 459 del 18 novembre 1998 “Regolamento recante norme di esecuzione dell’articolo 11 della legge 26 ottobre 1995, n.447, in materia di inquinamento acustico derivante da traffico ferroviario”.
Il piano di contenimento del rumore ferroviario viene redatto secondo le direttive emanate con il D.M. del Ministero dell’ambiente del 29.11.2000.
Il citato decreto, all’art. 2, stabilisce che entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore (quindi entro il 5 agosto 2002) gli enti gestori devono (dovevano) individuare le aree in cui era stimato o rilevato il superamento dei limiti previsti (mappatura acustica) e trasmettere i relativi dati agli enti interessati (Ministero dell’Ambiente, Regioni e Comuni).
Entro i successivi 18 mesi (ossia entro il 5 febbraio 2004) devono (dovevano) essere predisposti i piani di contenimento ed abbattimento del rumore (piano di risanamento acustico), da sottoporre all’approvazione degli enti locali competenti.
Gli elementi principali del piano di risanamento acustico sono:
– l’individuazione degli interventi e le modalità di realizzazione;
– l’indicazione dei tempi e dei costi degli interventi;
– l’ordine di priorità di esecuzione di ciascun intervento, valutato su base oggettiva in relazione alla numerosità e tipologia dei ricettori esposti e all’entità del superamento del limite imposto per i livelli acustici (art. 3, comma 1, del D.M. 29.11.2000).
Secondo quanto previsto dal cit. art. 2, comma 2, del D.M. “gli obiettivi di risanamento previsti dal piano devono essere conseguiti entro quindici anni: dalla data di espressione della regione o dell’autorità da essa indicata, con proprio provvedimento se previsto; dalla data di presentazione del piano qualora la regione, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, non abbia emanato provvedimenti in materia”.
Pure rilevante è l’art. 5, comma 2, del suddetto D.M. , secondo cui “Il Ministro dell’ambiente, d’intesa con la Conferenza unificata, approva i piani relativi alle infrastrutture di interesse nazionale o di più regioni e provvede, ugualmente di intesa con la Conferenza unificata, alla ripartizione degli accantonamenti e degli oneri su base regionale, tenuto conto delle priorità valutate ai sensi dell’art. 3, comma 1, dei costi dei risanamenti previsti per ogni regione e del costo complessivo a livello nazionale.
3. Gli interventi strutturali finalizzati all’attività di risanamento devono essere effettuati secondo la seguente scala di priorità:
a) direttamente sulla sorgente rumorosa;
b) lungo la via di propagazione del rumore dalla sorgente al ricettore;
c) direttamente sul ricettore”.
15. Con un primo ordine di rilievi la società ricorrente ha riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado.
Il Piano degli interventi di contenimento e abbattimento del rumore costituirebbe un atto amministrativo generale o, comunque, una forma di pianificazione a fronte della quale non sarebbe possibile individuare specifici destinatari, titolari di interessi legittimi.
In ogni caso, non sussisterebbe un obbligo di provvedere, in ragione della natura ampiamente discrezionale del potere riconosciuta alla p.a.; tanto sarebbe peraltro reso evidente dal fatto che il Piano non è ad impulso di parte poiché gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture vi sono tenuti d’ufficio.
15.1. Rileva il Collegio che, effettivamente, con riguardo alla questione dell’ammissibilità dello speciale rito sul silenzio in relazione all’adozione di atti amministrativi generali l’orientamento prevalente in giurisprudenza è negativo (Cons. Stato, sez. IV, sentenza 17 dicembre 2018, n. 7090; , sez. IV, 27 dicembre 2017, n. 6096; sez. V, 9 marzo 2015, n. 1182; sez. IV, 22 giugno 2011, n. 3798; sez. IV, 7 luglio 2009, n. 4351), argomentandosi in particolare dalla impossibilità di individuare specifici “destinatari” degli atti in questione in capo ai quali possa radicarsi una posizione giuridica qualificata e differenziata, definibile come di interesse legittimo.
Tuttavia, proprio nella decisione del 2018 invocata dall’appellante è stato sottolineato anche che la preclusione all’esperibilità del rito sul silenzio non deriva dal mero carattere regolamentare o generale dell’atto di cui si invoca l’adozione, quanto dal fatto che, in ragione dell’ordinario rivolgersi di tali atti a una pluralità indifferenziata di soggetti destinatari, non individuabili ex ante e destinati anche a cambiare nel corso del tempo, è molto complessa e delicata l’opera di individuazione dei requisiti della legittimazione e dell’interesse a ricorrere in capo a chi si attivi per l’adozione di provvedimenti di tal natura.
In sostanza, l’azione avverso il silenzio è impraticabile solo laddove manchi uno specifico e individuato destinatario dell’azione amministrativa (così in termini, Cons. Stato, sez. IV, 7 luglio 2009, n. 4351, con specifico riferimento agli atti normativi che, per la loro generalità e astrattezza vedono quali loro destinatari la collettività, ovvero, categorie di soggetti genericamente e astrattamente determinate).
15.2. Non essendovi una preclusione, per così dire, di tipo teorico (ma soprattutto normativo), altra parte della giurisprudenza di questo Consiglio ha riconosciuto che, anche rispetto ad atti generali, possano essere individuati interessi legittimi differenziati e qualificati, in particolare nelle ipotesi di procedimenti officiosi aventi ad oggetto attività di natura generale programmatoria e pianificatoria dovuta nell’an ma discrezionale nel quomodo e nel quid (cfr., ad esempio, Cons. Stato, sez. V, n. 273 del 22 gennaio 2015 nonché, da ultimo Cons. giust. amm., n. 905 del 2020), rimarcando, altresì, che, in mancanza di una puntuale previsione normativa, l’amministrazione non può sospendere o interrompere sine die il procedimento di approvazione (Cons. Stato, sez. V, n. 2212 del 2 aprile 2020)
15.3. Anche la Corte costituzionale ha da tempo affermato che i principi generali di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 – e, in particolare, quelli contemplati dall’art. 2, comma 2, che impone alla pubblica amministrazione di concludere il procedimento entro il termine all’uopo definito dalla legge – debbono essere applicati anche agli atti amministrativi generali di pianificazione e di programmazione.
Tale dovere, peraltro, prescinde dal fatto che il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio.
In entrambi i casi, l’inosservanza del termine per la definizione del procedimento, pur non comportando la decadenza dal potere, connota in termini di illegittimità il comportamento della pubblica amministrazione, con conseguente possibilità per i soggetti interessati di ricorrere in giudizio avverso il silenzio-rifiuto ritualmente formatosi, al fine di tutelare le proprie posizioni giuridiche soggettive attraverso l’utilizzo di tutti i rimedi apprestati dall’ordinamento (Corte cost., sentenze n. 176 del 2004, n. 355 del 2002, nonché n. 262 del 1997).
15.4. Ai fini dell’individuazione dei requisiti della legittimazione e dell’interesse a ricorrere in capo a chi si attivi per l’adozione di provvedimenti di tal natura, non rileva poi l’ampiezza della discrezionalità, salvo il caso in cui quest’ultima, come in precedenza rilevato, investa anche l’“an” del provvedere (è il caso, ad esempio delle strumenti di pianificazione generale in materia urbanistica e relative varianti; in tal senso cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza 22 giugno 2011, n.3798); in tali casi, infatti, al pari di quelli relativi al ritardo nella emanazione di atti normativi, è da escludersi la sussistenza di un obbligo di provvedere, anche in considerazione delle valutazioni lato sensu politiche riservate all’Amministrazione che rendono l’inerzia sostanzialmente insindacabile da parte del giudice amministrativo (arg. ex art. 7, comma 1, ultimo periodo, c.p.a.).
Semmai, l’ampiezza del potere discrezionale comporta unicamente una limitazione dei poteri del giudice con riguardo alla portata conformativa della pronuncia sul silenzio (cfr. l’art. 30, comma 3, del c.p.a., secondo cui “Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione”).
Invero, l’azione disciplinata dall’art. 117 del c.p.a. ha natura strumentale e il giudice non può pronunciarsi sul merito della pretesa azionata, essendo tale eventualità limitata ai soli atti vincolati, ed a quelli in relazione ai quali si sia interamente esaurito lo spettro di discrezionalità riconosciuto all’amministrazione e al contempo non siano necessarie attività istruttorie, come stabilito dall’art. 31, comma 3, del c.p.a. (cfr. Cons. Stato, Adunanza plenaria, 9 giugno 2016, n.11).
16. Si tratta ora di fare applicazione dei sopra esposti principi al caso di specie.
16.1. Va in primo luogo precisato che, a ben vedere, il Piano di contenimento acustico disciplinato dall’art. 10, comma 5, del d.P.R. n. 447 del 1998, non è propriamente un atto di pianificazione, volto a disciplinare in via generale l’uso del territorio e dunque manifestazione di potere di governo.
Si tratta piuttosto di un programma di interventi specifici da eseguire, a fini di tutela dei c.d. recettori sensibili, individuati a seguito dell’attività preliminare di mappatura acustica del territorio.
In tal senso, il signor Mentasti ha richiamato il documento n. 4 depositato da RFI in primo grado, dal quale risulta che la società ha da tempo individuato ben precisi ‘recettori’ all’interno del territorio comunale, tra i quali figura anche la dimora dell’appellato.
L’intervento contestato – relativo alla posa di barriere fono assorbenti lungo il tracciato ferroviario – è stato quindi non solo localizzato ma anche individuato nell’ambito del c.d. “secondo stralcio”, con il codice C.I.012045007, unitamente quelli relativi ad altri recettori, pure individuati nel territorio del Comune.
16.2. La posizione di interesse legittimo azionata dal ricorrente è dunque differenziata da quella degli altri potenziali destinatari dei benefici derivanti dalle opere di contenimento acustico non individuabili ex ante (ad esempio, chi si trovi occasionalmente a frequentare la zona), nonché qualificata dalla titolarità del diritto alla salute e ad un ambiente salubre.
17. Per quanto poi concerne l’argomentazione secondo cui non vi sarebbe inadempimento da parte di RFI – che avrebbe posto in essere tutte le attività progettuali di propria competenza – va evidenziato quanto segue.
17.1. In primo luogo deve rilevarsi che la domanda articolata dal signor Mentasti era volta ad ottenere la conclusione del procedimento di approvazione del Piano, nella parte di interesse – in quanto condicio sine qua non per la realizzazione degli interventi di contenimento acustico – e non già il risarcimento dei danni eventualmente subiti.
Non è quindi necessario stabilire se, e in che misura, il ritardo nella realizzazione degli interventi di contenimento acustico sia imputabile a dolo o colpa dei vari soggetti coinvolti nel procedimento di predisposizione e approvazione del Piano.
E’ certo però che la definizione di siffatto procedimento – complesso e pluristrutturato – dipende sia dall’impegno dei gestori delle infrastrutture, cui è affidato il compito di predisporre i piani, sia da quello delle amministrazioni pubbliche cui, a vario livello, è attribuito il compito di valutarli e approvarli.
L’accertamento in sede giurisdizionale dell’obbligo di provvedere non può discernere in ordine all’idoneità dei singoli contributi al conseguimento dell’obiettivo, né spingersi a valutare l’adeguatezza dei contenuti del Piano predisposti dal gestore dell’infrastruttura poiché, in tal modo, il giudice verrebbe a sostituirsi agli organi amministrativi a ciò preposti ovvero ad effettuare scelte di merito che, nell’ambito del rito del silenzio, gli sono ordinariamente precluse.
Nel caso di specie, non vi è comunque alcuna prova che la stasi del procedimento sia dovuta ad ostruzioni od ostacoli insormontabili frapposti da uno degli enti chiamati a coordinarsi ai fini del perseguimento degli obiettivi di risanamento.
Come rilevato dal Ta.r., non è stato dimostrato, ad esempio, se e quali siano le interferenze degli strumenti urbanistici locali, in termini di ostacolo alla realizzazione delle barriere antirumore utili a ridurre l’inquinamento acustico lamentato dall’istante; mentre al contrario, risulta che lo stesso Comune di Castelveccana, sul cui territorio le barriere avrebbe dovuto essere realizzate, abbia manifestato non solo non solo il proprio atteggiamento collaborativo “ma implicitamente l’assenza di ostacoli di ordine urbanistico o procedurale”.
Allo stesso modo – secondo quanto riferito dalla stessa RFI nella memoria depositata in primo grado in data 23 maggio 2019 – risulta che anche Regione Lombardia abbia espresso la propria “disponibilità a procedere senza indugi all’intesa sul piano di RFI, al fine di avviare la progettazione dei singoli interventi, riservando alla fase progettuale la definizione dei dettagli”.
17.2. Non trova poi alcuna base legale la decisione di articolare l’approvazione del Piano secondo stralci successivi né, comunque, tale circostanza è idonea a giustificare il superamento del termine di conclusione del procedimento.
E’ peraltro un fatto che, solo a seguito delle ripetute sollecitazioni del signor Mentasti, la società appellante si sia effettivamente attivata tra il 2016 e il 2018 al fine di presentare una versione aggiornata del Piano, corredata dal relativo cronoprogramma degli interventi.
17.3. Infine, è irrilevante la circostanza che, in forza della normativa sopravvenuta, il procedimento di approvazione delle opere pubbliche, o di pubblica utilità, sia divenuto maggiormente articolato e complesso, poiché sono comunque rimasti immutati i termini, stabiliti dal D.M. del 29.11.2000, che regolano la fattispecie in esame.
18. In definitiva, per quanto testé argomentato, l’appello deve essere respinto.
19. La peculiarità della fattispecie, e la novità delle questioni sottese, giustificano però l’integrale compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, n. 9080 del 2019, di cui in premessa, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Nicola D’Angelo, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
Giuseppa Carluccio, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere