Vanno rimesse alla Corte di giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali:
– “Se lo stipulando contratto di locazione di cosa futura, anche sotto la forma ultima suggerita di atto di impegno a locare equivalga ad un appalto di lavori, sia pure con alcuni elementi caratteristici del contratto di locazione e, quindi, non possa essere compreso fra i contratti esclusi dall’applicazione della disciplina di evidenza pubblica secondo l’art. 16 DIR 2004/18/CE”;
– “Se, in caso di pronunciamento positivo sul primo quesito, possa il giudice nazionale e, segnatamente, codesto Giudice remittente, ritenere inefficace il giudicato eventualmente formatosi sulla vicenda in oggetto, e descritto in parte narrativa, in quanto abbia consentito la sussistenza di una situazione giuridica contrastante con il diritto comunitario degli appalti pubblici e se sia quindi possibile eseguire un giudicato in contrasto con il diritto comunitario”.
N. 01962/2013 REG.PROV.COLL.
N. 03273/2007 REG.RIC.
N. 05746/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 3273 del 2007, proposto da:
Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., rappresentata e difesa, da ultimo, dagli avv. Roberto Mastroianni, Marco Annoni, Diego Vaiano, e Felice Lorusso, con domicilio eletto presso l’avv. Diego Vaiano in Roma, Lungotevere Marzio, 3;
contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Trisorio Liuzzi, Renato Verna, Rosanna Lanza, con domicilio eletto presso Roberto Ciociola in Roma, via Bertoloni, 37; Giunta Comunale di Bari, Consiglio Comunale di Bari;
nei confronti di
Complesso Residenziale Bari 2 S.r.l.;
Commissione di Manutenzione della Corte d’Appello di Bari;
Giuseppe Albenzio quale commissario ad acta;
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Puglia in Persona del Presidente P.T., rappresentata e difesa dall’avv. Anna Bucci, con domicilio eletto presso l’Ufficio Delegazione Romana della Regione Puglia in Roma, via Barberini, 36;
sul ricorso numero di registro generale 5746 del 2010, proposto da:
Impresa Pizzarotti & C. S.p.A., come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;
contro
Comune di Bari, rappresentato e difeso dagli avv. Aldo Loiodice, Isabella Loiodice, Renato Verna, con domicilio eletto presso Aldo Loiodice in Roma, via Ombrone, 12 Pal. B;
nei confronti di
Commissione di Manutenzione della Corte d’Appello di Bari;
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
-sulle istanze di Giuseppe Albenzio quale commissario ad acta proponente richiesta di chiarimenti ex art. 112, comma 5, c.p.a. con relazione del 10 agosto 2012 e con successiva relazione del 23 ottobre 2012;
per l’esecuzione
quanto al ricorso n. 3273 del 2007 e al ricorso n. 5746 del 2010:
della sentenza del Consiglio di Stato – Sez. V n. 04267/2007 e delle sentenze di ottemperanza del Consiglio di Stato – Sez. V n. 03817/2008, n. 2153/2010 e n. 8420/2010 rese tra le parti;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e della Regione Puglia in Persona del Presidente P.T., del Comune di Bari, della Commissione di Manutenzione della Corte d’Appello di Bari e del Prefetto di Bari quale Commissario ad Acta nominato con decisione del Consiglio di Stato, sez. V, n. 3817/2008;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti e uditi per le parti gli avvocati Lorusso, Mastroianni , Bucci, e Isabella Loiodice;
1.Preliminarmente, devono essere riuniti i ricorsi di esecuzione in oggetto con le relative istanze commissariali per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.
2. La vicenda oggetto del presente giudizio di esecuzione trae origine dalla pubblicazione, in data 14 agosto 2003, da parte del Comune di Bari dell’avviso pubblico di “Ricerca di mercato” finalizzato alla realizzazione “nel più breve tempo possibile” di una nuova, idonea ed adeguata sede unica in cui accorpare tutti gli uffici giudiziari aventi sede nella città di Bari, secondo le indicazioni contenute nel documento predisposto dalla Corte d’Appello di Bari ed approvato dalla Commissione di Manutenzione.
Nell’avviso si specificavano le caratteristiche del progetto da presentare, si esigeva l’impegno del proponente ad avviare i lavori di costruzione delle opere entro il 31 dicembre dell’anno allora corrente (2003), si richiedevano chiare ed esaustive indicazioni circa gli oneri, con relative modalità di pagamento a carico dell’amministrazione comunale e della Giustizia, tenendo conto che le risorse disponibili erano pari a 43,5 milioni di euro, già assegnati, e a 3 milioni di euro relativi a canoni annuali all’epoca già sostenuti dal Comune per la locazione degli immobili sede degli uffici giudiziari.
Veniva selezionata, tra le quattro proposte pervenute, quella dell’impresa Pizzarotti, odierna ricorrente nell’incidente di esecuzione per cui è causa, in base alla quale talune opere sarebbero state vendute all’amministrazione comunale (per 43 milioni di euro) e la restante parte locate per un canone di 3 milioni di euro all’anno.
Successivamente, veniva comunicata dal Ministero della Giustizia (nota 4 febbraio 2004) la perdita di parte dei fondi statali, che si riducevano a 18,5 milioni di euro. Veniva pertanto riformulata dall’impresa la proposta ridotta in funzione della nuova entità dei finanziamenti.
Nel settembre 2004 venivano meno anche i residui stanziamenti statali.
Con una ulteriore proposta, l’impresa comunicava che si sarebbero potute realizzare le opere in regime di locazione previste dall’offerta progettuale.
Data l’inerzia dell’amministrazione seguita alla conclusione della selezione ed ai contatti intercorsi tra essa e l’impresa, questa attivava la procedura per far valere l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione (in base all’allora vigente art. 21-bis della legge 1034-1971) per sentir affermare l’obbligo del Comune di provvedere.
Dopo una prima sfavorevole sentenza del TAR Puglia (sent. n. 363 in data 8 febbraio 2007), fondata sull’insussistenza in capo alla ricorrente di una posizione tutelabile ai sensi del predetto art. 21-bis, il Consiglio di Stato (sentenza n. 4267-2007), in accoglimento dell’appello, riteneva non esaurito il procedimento con l’approvazione degli esiti della ricerca di mercato, cui era seguita la nota del Ministero della Giustizia n. 249 del 4 febbraio 2004 di sollecito circa la verifica della realizzabilità dell’opera anche in seguito dei mutamenti del quadro economico, e statuiva che l’Amministrazione comunale “nel rispetto dei principi di ragionevolezza, buona fede ed affidamento, deve, dando consequenzialità ai propri atti, dare al procedimento una conclusione plausibilmente congrua, verificando, nell’ambito delle proposte pervenute, la possibilità di realizzazione dell’opera nei limiti del mutato quadro economico”.
La sentenza veniva impugnata dal Comune di Bari rispettivamente con ricorso per revocazione e con ricorso per cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione.
Il ricorso per revocazione veniva dichiarato inammissibile con decisione di questa Sezione n. 3816-2008.
La Corte di Cassazione, con ordinanza resa a Sezioni unite n. 30059 in data 23 dicembre 2008, respingeva il ricorso, riconoscendo che l’art. 2 della L. n. 241 del 1990 in astratto attribuisce al privato un interesse legittimo alla conclusione dei procedimenti riferiti a rapporti caratterizzati da discrezionalità amministrativa, mentre attiene al merito, incensurabile in sede di ricorso per motivi di giurisdizione, la verifica in concreto dell’esistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda.
Giudicava, inoltre , la pronuncia esente dal vizio di eccesso di potere giurisdizionale, non contenendo essa alcuna autonoma statuizione di merito, essendosi limitata a richiamare i limiti dell’attività da compiere nel portare a termine il procedimento.
Veniva quindi nuovamente adito il Consiglio di Stato per l’esecuzione della sentenza n. 4267/2007.
Questa Sezione, con la decisione n. 3817-2008, riconosceva l’inottemperanza del Comune, nonostante l’adozione della delibera di G.C. n. 61 del 4 febbraio 2008, ed ordinava all’amministrazione comunale di dare piena ed integrale esecuzione al dictum racchiuso nella decisione n. 4267-2007 nel termine di trenta giorni nominando, per il caso di ulteriore inottemperanza, Commissario ad acta il Prefetto di Bari per il compimento, anche tramite un suo delegato, in via sostitutiva di tutti gli atti necessari all’esecuzione della predetta decisione.
Successivamente, sono seguiti due provvedimenti, l’uno del Commissario ad acta delegato dal Prefetto di Bari in data 21 novembre 2008, l’altro di iniziativa del Comune, giunto al termine dei lavori di una Commissione di valutazione nominata per l’ottemperanza del giudicato, adottato con delibera di giunta n. 1207 del 24 novembre 2008.
Con il primo, il Commissario ha dato atto che le due offerte dell’impresa Pizzarotti sono contenute nel quadro di riferimento e valide sotto il profilo tecnico-funzionale, alla stregua delle prescrizioni dell’avviso di procedura e del quadro esigenziale in esso richiamato e che l’offerta del 1° aprile 2004 e successive modifiche è in linea con le attuali disponibilità economiche del Comune, ritenendo così concluso positivamente il procedimento relativo alla “ricerca di mercato”.
Con il secondo, la Giunta comunale ha concluso il procedimento attivato con il bando del 14 agosto 2003 ravvisando la non conformità del progetto finale presentato dall’impresa Pizzarotti alle indicazioni del bando medesimo, in quanto riduttivo rispetto alle indicazioni del bando, stante il venir meno delle risorse pubbliche.
Hanno proposto incidente di esecuzione sia l’impresa che il Comune, lamentando la prima il mancato corretto adempimento dell’ordine del giudice, che avrebbe dovuto consistere nell’impegno contrattuale del Comune a realizzare l’opera, il secondo il mancato accertamento negativo delle condizioni per l’ulteriore corso del procedimento.
Il Consiglio di Stato, con decisione di esecuzione n. 2153 del 15 aprile 2010, ha accolto il ricorso dell’impresa e respinto quello del Comune.
Pur giudicando la correttezza dell’operato del Commissario ad acta, la Sezione ha tuttavia ritenuto la stessa incompleta, considerando necessario che l’attività di esecuzione dell’ordine del giudice sia portata a quella “conclusione plausibilmente congrua” imposta dalla decisione n. 4267 del 2007.
Di contro, con la medesima decisione, la Sezione ha considerato il procedimento posto in essere dal Comune fondato su presupposti erronei, contraddittorio nella decisione finale rispetto alle conclusioni della Commissione tecnica, carente di motivazione ed in contrasto con le risultanze dell’istruttoria, violativo dei principi di buona fede ed affidamento e di quello di consequenzialità dei propri atti.
Ha quindi dichiarato l’elusività della deliberazione di giunta comunale n. 1207-08, ritenendola altresì adottata in carenza assoluta di potere per essere intervenuta successivamente all’adozione dei provvedimenti del Commissario ad acta e ne ha accertato la nullità.
Ha stabilito inoltre che l’attività ulteriore avrebbe dovuto essere compiuta dall’organo di amministrazione straordinaria, in totale autonomia di poteri, con “l’obbligo di porre in essere, in via sostitutiva, tutti gli atti necessari all’esecuzione della predetta decisione n. 4267-07 (vale a dire, sussistendone gli altri presupposti normativi, in particolare la variante urbanistica a cui lo stesso Comune si era impegnato con il bando di gara e la stipulazione del contratto con l’Impresa), finalizzati alla concreta “realizzazione della nuova cittadella della giustizia”, utilizzando, se del caso, ove ritenuto utile ed opportuno, gli uffici della Prefettura di Bari, o altri ritenuti idonei.”
Rilevata la positiva verifica da parte del Commissario ad acta circa la corrispondenza della proposta Pizzarotti al bando nonostante i mutamenti intervenuti nel quadro economico, ha stabilito che “dovrà procedersi all’adozione degli atti necessari alla concreta realizzazione della stessa, verificando, quanto agli ulteriori presupposti in fatto e in diritto, la coerenza di tali atti con il sistema normativo ed il quadro amministrativo comunale.”
Ha poi giudicato la necessità di variante urbanistica come “autolimitazione per l’ente comunale” da cui il Comune non potrebbe discostarsi se non per particolari condizioni, nella specie non adombrate, disponendo che “il Commissario, nella qualità indicata, dovrà attivare le procedure occorrenti perché tale variante venga predisposta e, previa verifica degli altri presupposti normativi, adottata secondo le procedure di legge, utilizzando se del caso, ove legittimamente possibile, i procedimenti accelerati che la legge appresta per casi di realizzazione di opere di interesse generale o di interesse pubblico strettamente inteso. Nella vigenza della variante di piano, ove intervenuta, il Comune di Bari, per il tramite necessario del Commissario ad acta, dovrà in seguito altresì porre in essere ogni atto occorrente a verificare la possibilità di stipulare accordi contrattuali vincolanti con i soggetti interessati alla realizzazione dell’opera, ed in caso di esito positivo provvedere alla stipula di detti accordi”.
Ha quindi assegnato il termine di centottanta giorni per la conclusione del procedimento.
Il Commissario ad acta, con proprio provvedimento in data 27 maggio 2010, ha dato atto “che l’avviso di ricerca di mercato dell’agosto 2003, così come innanzi è stato descritto nelle sue fasi e momenti, non ha avuto esito positivo.”
A tali conclusioni è giunto, quanto alla prima proposta avanzata dall’impresa nel 2004 a seguito della prima riduzione degli stanziamenti statali (da euro 43.500.000,00 ad euro 18.500.000,00), poiché tra la proposta dell’impresa e l’obiettivo del Comune non vi è congruenza, non avendo l’impresa inteso di proporsi come locatrice e poiché la perdita di parte del finanziamento è tale da non consentire di raggiungere l’obbiettivo del Comune; quanto alla seconda proposta, intervenuta in seguito alla perdita dell’intero finanziamento statale, consistente nell’offerta in locazione di fabbricati da realizzare da parte privata, poiché l’opera è priva delle caratteristiche di opera soggettivamente ed oggettivamente pubblica o di interesse pubblico, la collaborazione del privato al perseguimento degli obiettivi comunali è consistita nella mera presentazione di un progetto da realizzare mediante locazione, assolutamente inadeguato rispetto all’obiettivo comunale della realizzazione materiale e completa delle strutture giudiziarie rispetto a cui l’impresa è titolare di un mero interesse di fatto.
Ha poi considerato che la proposta consistente in un atto di impegno a locare, in quanto promessa unilaterale atipica, non è produttiva di effetti e non sarebbe praticabile sul piano operativo.
Ha inoltre ritenuto che non può essere ammesso alla fase contrattuale un soggetto terzo non presente nella fase procedimentale; che i tempi di costruzione e di acquisizione da parte del terzo della proprietà confliggono con l’interesse dell’amministrazione a “chiudere” subito il contratto ; che il ricorso a tale modello contrattuale costituisce istituto eccezionale e marginale, applicabile solo ove risultino impraticabili le procedure ordinarie, nella specie configurabili tramite la procedura selettiva ex art. 153 d.lgs. n. 163 del 2006 per la quale si sarebbe già attivato il Comune di Bari; che osterebbe altresì la non conformità urbanistica delle aree interessate dal progetto non superabile attraverso la variante urbanistica , che il Comune avrebbe previsto nell’avviso di gara solo in ragione della natura pubblica del bene da realizzarsi, sotto il duplice profilo dei finanziamenti pubblici e della natura pubblica del soggetto proprietario.
Per la dichiarazione di nullità del suddetto provvedimento ha proposto nuovo ricorso per incidente di esecuzione l’impresa Pizzarotti, assumendone il contrasto con i contenuti e le conclusioni raggiunte nelle precedenti determinazioni dello stesso Commissario (provvedimenti del 6 e 21 novembre 2008) e con i principi stabiliti nella decisione del Consiglio di Stato n. 2153-2010; contravvenendo, invero, a quanto disposto in merito alla necessità di portare a compimento il procedimento già correttamente impostato con il provvedimento 21 novembre 2008, il Commissario avrebbe finito con il rimettere tutto in discussione ritornando su questioni già vagliate e sulle quali si erano già pronunciati sia il Consiglio di Stato che le Sezioni Unite della Corte di cassazione (ordinanze nn. 30059-08 e 18375-09).
Con sentenza di esecuzione n. 8420 del 3 dicembre 2010, questo Consiglio ha accolto il ricorso dell’impresa Pizzarotti.
Secondo questo Consiglio, le contrastanti conclusioni circa l’esito dell’avviso della ricerca di mercato (positive in base al provvedimento 21 novembre 2008, negative in base al provvedimento 27 maggio 2010) già evidenziano la contraddittorietà e l’elusività del provvedimento impugnato. E’ chiaro, infatti, che l’esito della ricerca di mercato non può che essere uno solo ed è quello già definitivamente accertato con il provvedimento del 21 novembre 2008.
Sempre nella predetta sentenza di esecuzione n. 8420 del 3 dicembre 2010, questo Consiglio ha osservato che, quanto ai motivi addotti dal Commissario, l’offerta in locazione degli edifici non realizzabili tramite il finanziamento statale risale alla prima offerta ed è stata sempre mantenuta nelle successive proposte. Tale modalità di acquisizione degli immobili fu ritenuta, pertanto, sin dalla selezione dell’impresa e, di seguito, fino al provvedimento del Commissario delegato del 28 novembre 2008 , conforme agli obiettivi del Comune e non in contrasto con i tempi necessari alla realizzazione degli immobili.
Lo stesso è a dirsi per la natura dei beni da realizzare, la cui rispondenza all’interesse pubblico e funzionalità agli obiettivi generali di carattere pubblico sono state a suo tempo discrezionalmente valutate e confermate dal Commissario ad acta.
Quanto al coinvolgimento del terzo acquirente e locatore degli immobili da adibire ad uffici giudiziari, nella predetta sentenza di esecuzione n. 8420 del 3 dicembre 2010 si è osservato che vale la medesima considerazione della già operata positiva valutazione di tale modulo convenzionale sia in sede di procedura selettiva sia in sede di prima delibazione del Commissario.
“E’ naturale ed evidente”, ha infatti statuito la sentenza n. 8420-2010, “che l’individuazione del soggetto, indicato nell’originaria proposta come “idoneo e qualificato” debba avvenire anteriormente alla stipula di qualunque convenzione, che questa debba produrre anche nei suoi confronti effetti obbligatori, che il terzo debba presentare tutti i requisiti, compresi quelli di capacità economica, che valgano ad assicurare l’adempimento delle obbligazioni, che debba, cioè, essere esperita una adeguata istruttoria culminante, nel caso di accertata presenza di tutti i presupposti in fatto e in diritto, nella conclusione di un contratto, come già affermato da questa Sezione. Per converso, emerge dall’atto oggetto del presente incidente di esecuzione che il Commissario non ha neppure tentato di approfondire questi aspetti, arrestandosi su ragioni astrattamente ostative smentite da quanto in precedenza accertato, così contravvenendo all’ordine del giudice che era quello di verificare i presupposti in fatto ed in diritto per dare concreta realizzazione alla proposta, rispetto alla quale l’interesse dell’impresa realizzatrice non è evidentemente solo di fatto , ma corrisponde al bene della vita consistente nella realizzazione e nella successiva vendita degli immobili”.
Lo stesso è a dirsi, sempre nella predetta sentenza di esecuzione n. 8420 del 3 dicembre 2010, per l’atto di impegno a locare, giudicato dal Commissario inidoneo perché improduttivo di effetti: il Commissario non ha minimamente tenuto conto della disponibilità dell’impresa (v. nota 19 maggio 2010) a puntualizzare e precisare, in una fase di confronto, gli atti convenzionali, coinvolgendo tutti i soggetti (compreso il terzo locatore) che avrebbero dovuto prendervi parte, ma si è limitato a trincerarsi dietro l’improduttività di effetti della promessa unilaterale.
Quanto, infine, alla non conformità urbanistica del progetto, nella predetta sentenza di esecuzione n. 8420 del 3 dicembre 2010 si è richiamato quanto stabilito dal giudice dell’ottemperanza nella decisione n. 2153-2010 in merito alla necessità da parte del Commissario di attivazione delle procedure occorrenti per la sua predisposizione e adozione, previa verifica degli altri presupposti normativi.
Inoltre, e il dato argomentativo è particolarmente saliente e pregnante proprio ai fini della valutazione della vicenda amministrativa che si intende sottoporre allo scrutinio della Corte di Giustizia, la predetta sentenza di esecuzione n. 8420 del 3 dicembre 2010 ha specificato espressamente, al punto 31 che “Inconferenti al caso di specie appaiono anche le considerazioni del Commissario delegato in merito all’insussistenza dei presupposti per la vendita di cosa futura. Sono di palmare evidenza, invero, le differenze intercorrenti tra la vendita di cosa futura – di cui può temersi l’utilizzazione allo scopo di dissimulare l’ appalto di lavori e per questo circoscritta al ricorrere delle condizioni richiamate dal Commissario e chiaramente esposte nel parere dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 17 febbraio 2000, richiamata nella delibera dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici 9.6.2004, n. 105 – e la locazione di cosa futura, utilizzata dall’amministrazione, nel quadro di una generale politica di dismissione del patrimonio immobiliare, per fronteggiare la mancanza di risorse finanziarie necessarie per l’appalto e per la necessità di beni dotati di ben individuate caratteristiche strutturali e topografiche, non corrispondenti evidentemente, nella specie, a giudizio dell’amministrazione comunale, a quelle degli edifici condotti in locazione al medesimo canone”.
Per la sentenza n. 8420 del 2010, inoltre, è stata ritenuta tardiva e contraddittoria rispetto al decisum del giudice e al proprio atto del 21 novembre 2008 di dichiarazione di congruità della proposta con gli obiettivi del Comune, la valutazione del Commissario circa la preferibilità del ricorso allo strumento della finanza di progetto, peraltro mancante dell’indicazione del servizio sulla cui gestione il proponente potessa fondare un asseverabile piano economico-finanziario.
Conclusivamente, la predetta sentenza di esecuzione n. 8420 del 3 dicembre 2010 ha accolto il ricorso dell’impresa e, pertanto, ha dichiarato la nullità dell’atto del Commissario ad acta delegato in data 27 maggio 2010 in quanto emesso in violazione del giudicato.
Successivamente, il nuovo Commissario, Giuseppe Albenzio, designato dal Prefetto di Bari con provvedimento 29 gennaio 2011, in forza di quanto disposto da questa Sezione con le già cit. sentenze n. 2153-2010 e n. 8420-2010, dopo la proroga del termine per l’esecuzione dell’incarico disposta da questa Sezione con sentenza 3 agosto 2011, n. 4710, ha posto in essere tutte le attività necessarie per addivenire all’adozione della delibera di variante urbanistica al P.R.G. del Comune di Bari per i terreni interessati dalla costruzione della “Cittadella della Giustizia”: la variante è stata adottata con delibera commissariale n. 1-12 del 23 aprile 2012.
Successivamente, inoltre, con determinazione dirigenziale del Servizio Ecologia della Regione, in riferimento alla Procedura di Valutazione Ambientale Strategica della Variante al P.R.G. da “Zona per attività di tipo A” in “Area destinata alle sedi giudiziarie, ivi comprese le strutture carcerarie e i servizi connessi alle attività giudiziarie”, oggetto del giudizio, è stato espresso il prescritto parere motivato.
L’impresa Pizzarotti ha contestato la sottoposizione della Variante di Piano Regolatore adottata dal Commissario ad acta in luogo del Comune di Bari inottemperante, assumendone la valenza elusiva del giudicato.
Il Commissario ad acta per suo conto, con istanza del 10 agosto 2012 ha presentato dettagliate ed analitiche relazioni in merito alle attività svolte, chiedendo di ratificare l’operato, anche in riferimento alla nomina del RUP e del progettista della variante; di dare istruzioni sul prosieguo dell’attività dell’Ufficio commissariale, con particolare riferimento alla preannunziata apertura di procedura di infrazione da parte della Commissione Europea, autorizzando il Commissario a svolgere le ulteriori attività ritenute necessarie per l’esecuzione delle decisioni del Consiglio di Stato in oggetto; di liquidare un acconto sulle competenze professionali del Commissario e dei professionisti che hanno collaborato alle attività sopra descritte (secondo le parcelle dagli stessi presentate) e il rimborso delle spese di amministrazione, viaggio e alloggio sino ad ora sostenute di prorogare il termine per l’esecuzione dell’incarico commissariale per il tempo necessario al completamento delle procedure per l’adozione della variante urbanistica e dei successivi strumenti contrattuali (termine non inferiore ad un anno solare).
In seguito, con relazione del 23 ottobre 2012 il Commissario ad acta ha rilevato che, nelle more dell’espletamento delle attività relative alla variante urbanistica di cui sopra si è detto, la Commissione europea, su esposto del Sindaco di Bari, ha aperto l’istruttoria per la verifica dell’eventuale violazione e/o elusione della normativa europea in tema di affidamento di appalti pubblici di lavori per importi superiori ad € 4.845.000,00.
La Commissione, nel corso della pre-istruttoria di cui alla procedura EU-Pilot 232 1/11 MARK, ha chiesto al Dipartimento per le politiche europee e, per il tramite di esso, all’Ufficio commissariale, chiarimenti sui punti rilevanti della vicenda; detti chiarimenti sono stati forniti dal Commissario con relazioni del 29.9.2011, 19.11.2011, 7.12.2011, e nel corso degli incontri avuti con i funzionari della Commissione in Bruxelles in data 16.1.2012 e in Roma in data 22.3.2012.
Con nota del 3 ottobre 2012 il Dipartimento per le Politiche Europee della Commissione Europea ha comunicato all’Ufficio commissariale l’apertura di una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica italiana da parte della Commissione europea, ai sensi dell’art. 258 TFUE, in ordine all’attività negoziale demandata al Commissario dalle decisioni del Consiglio di Stato sopra descritte.
Il Commissario, nella precitata relazione, al fine di evitare un fermo delle procedure di esecuzione delle decisioni del Consiglio di Stato, in attesa della conclusione della succitata procedura di infrazione e dell’eventuale giudizio dinanzi alla Corte di Giustizia, ha affermato che potrebbero essere soddisfatte le esigenze dell’Amministrazione, alternativamente:
– con l’autorizzazione al Commissario ad acta di rinviare la stipulazione dell’atto negoziale di completamento della esecuzione delle decisioni giudiziali, quale contratto di locazione semplice, al momento in cui l’immobile da adibire ad uffici giudiziari sia completato ed “esistente”, senza la previa sottoscrizione di alcun atto di impegno, atteso che le obbligazioni che dovrebbero essere in esso contenute coincidono in sostanza con i deliberati delle precedenti sentenze i quali, ribaditi nell’emananda decisione del Collegio nella presente sede, possono ritenersi idonei a vincolare sin d’ora e direttamente il Commissario ad acta a sottoscrivere con l’Impresa Pizzarotti, o con il terzo soggetto che questa si è riservata di indicare, il contratto di locazione per l’immobile una volta che sarà completato e, quindi, esistente (con le caratteristiche individuate dalla Commissione di manutenzione e poste a base delle sentenze pronunziate e nei tempi pure già ivi considerati);
– con la indizione di una gara pubblica per l’affidamento in locazione all’Amministrazione comunale di un edificio da adibire a sede di tutti gli uffici giudiziari di Bari che risponda al “quadro esigenziale” predisposto dalla Commissione di Manutenzione presso la Corte d’Appello, quale sub-procedimento affidato al Commissario ad acta nell’ambito della procedura di esecuzione delle decisioni in epigrafe indicate, al fine di dissipare definitivamente i dubbi della Commissione europea; in tal senso, dovrebbero essere date all’Ufficio commissariale le necessarie competenze ed istruzioni.
3. Ritiene il Collegio, a questo punto, che debba essere rimessa alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai sensi dell’art. 267 del Trattato CE, la questione pregiudiziale se, lo stipulando “contratto di locazione di cosa futura”, anche sotto la forma ultima suggerita di “atto di impegno a locare” “equivalga ad un appalto di lavori, sia pure con alcuni elementi caratteristici del contratto di locazione” e, quindi, non possa essere compreso fra i contratti esclusi dall’applicazione della disciplina di evidenza pubblica secondo l’art. 16 DIR 2004/18/CE, trasposto nell’art. 19 d.lgs. 163-2006, Codice dei contratti pubblici, ove si menzionano soltanto i contratti di acquisto o locazione di “fabbricati esistenti”, così come evidenziato, anche sotto il profilo della descrizione minuziosa del fatto, ricostruito in questa ordinanza e oggetto del predetto atto di avvio della procedura di infrazione disposta dalla Commissione Europea.
La Commissione ha in particolare osservato che va esclusa l’interpretazione della disposizione comunitaria suddetta come applicabile ai contratti di locazione di cosa futura che non solo non sono ricompresi tra le eccezioni alla procedura di appalto pubblico, ma in concreto costituiscono anche un impegno negoziale scritto tra un operatore economico ed un’amministrazione aggiudicatrice finalizzato a realizzare un’opera pubblica, in base ad indicazioni fornite da altra Amministrazione aggiudicatrice (cit. documento della Corte d’appello) in un documento paragonabile ad un capitolato speciale, pur nelle diverse alternative operative che il Commissario ad acta prospetta nella sua relazione contenente richiesta di chiarimenti ex art. 112, comma 5, c.p.a.
Per contro, il Commissario ad acta, nella relazione del 23 ottobre 2012, ha svolto osservazioni sulla inconfigurabilità del contratto di appalto alla stregua della direttiva sopracitata, sostenendo che nella locuzione “altri beni immobili” contenuta nel predetto art. 16, lett. a), della Direttiva citata, possono farsi rientrare anche i beni immobili non ancora realizzati oggetto di un contratto di locazione di cosa futura; questa ipotesi interpretativa troverebbe conforto nella finalità della Direttiva, come espressa nel Preambolo e nel Considerando n. 24 che stabilisce che “Nell’ambito dei servizi, gli appalti aventi per oggetto l’acquisto o la locazione di beni immobili o diritti su tali beni presentano caratteristiche particolari che rendono inappropriata l’applicazione delle norme di aggiudicazione degli appalti pubblici”; questa “non appropriatezza” potrebbe essere intesa come rivolta a tutti i diritti sui beni immobili, siano questi ultimi esistenti o meno.
Ha svolto alcune osservazioni anche l’impresa Pizzarotti che, tra l’altro, sottolinea come la procedura in questione non è diretta a realizzare un’opera pubblica nemmeno in senso soggettivo bensì un’opera realizzata da un soggetto privato, su aree di proprietà privata con esclusivo apporto di risorse private, per essere ceduta in locazione al Comune di Bari.
In particolare, essa rileva che il canone di locazione per 18 o anche per 12 anni da ultimo prospettato ammonta a euro 3.500.000 annui, oltre IVA, rispetto ad una spesa per la realizzazione dell’opera pari a euro 330.000.000.Ne consegue, afferma l’impresa, che il costo totale della locazione risulta enormemente più basso rispetto al valore dell’opera, di tal che le somme che il Comune dovrà versare al soggetto locatore non si possono qualificare come una forma indiretta di remunerazione della opera, sulla cui urgenza e necessità si è più volte espressa la Commissione di manutenzione presso la Corte d’appello di Bari.
A questo proposito il Collegio rileva che la ipotesi contrattuale di locazione (non ancora perfezionata) potrebbe trovare impedimento ove si accolga la tesi della Commissione europea, secondo cui il fatto che tale contratto non sia stato ancora concluso non impedisce di considerare che l’appalto sia stato affidato con delibera del Comune di Bari n.1045 n.1045/2003 e che dunque ci sia stata una decisione di aggiudicazione ai sensi dell’art.2 par. par 3, della direttiva 89//665/CEE, così come modificata.
Il sopravvenuto, serio dubbio ermeneutico in merito all’interpretazione delle disposizioni comunitarie derivante dall’avviata procedura di infrazione comunitaria impone al Consiglio di Stato, in qualità di giudice di ultima istanza, di provvedere (come peraltro richiesto anche dal Comune di Bari – cfr. note d’udienza del Comune per la Camera di Consiglio del 14 dicembre 2012) – a disporre in via pregiudiziale il rinvio della questione alla Corte di Giustizia, sussistendovi un chiaro obbligo (art. 267, comma 3, TFUE) discendente non solo dalla posizione formalmente di vertice che tale organo occupa nell’ordinamento giudiziario, ma anche dall’impossibilità che avverso le proprie sentenze sia possibile proporre un mezzo ordinario di impugnazione.
La giurisprudenza comunitaria ha, infatti, precisato che l’obbligo di rinvio a carico dei giudici di ultima istanza non trovi applicazione esclusivamente in tre ipotesi (cfr. Corte di Giustizia, 6 ottobre 1982, Cilfit, C-283/81; 15 settembre 2005, Intermodal Transports, C-495/03): 1) quando la sollevata questione di diritto dell’Unione non sia influente sulla causa di merito; 2) quando la risposta al quesito da sottoporre risulti da una giurisprudenza costante, indipendentemente dalla natura del procedimento in cui sia stata prodotta; 3) quando la corretta applicazione del diritto dell’Unione europea si imponga con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da apprestare alla questione sollevata.
Il Collegio ritiene inoltre rilevante la questione, in quanto anche se si fosse formato il giudicato sul punto, come eccepisce l’impresa Pizzarotti, la questione di compatibilità comunitaria può essere comunque idonea a paralizzarne l’esecuzione, ove non si ritenga possibile eseguire una sentenza in contrasto con il diritto comunitario.
4. Il Collegio al riguardo rileva che il giudicato che si è formato in merito alla vicenda in oggetto, con la citata sentenza n. 4267-2007 di questo Consiglio, ritenuto non esaurito il procedimento con l’approvazione degli esiti della ricerca di mercato, cui era seguita la nota del Ministero della Giustizia n. 249 del 4 febbraio 2004 di sollecito circa la verifica della realizzabilità dell’opera anche in seguito dei mutamenti del quadro economico, è circoscritto dalla statuizione, suscettibile di molteplici e diverse soluzioni attuative, in un contesto del tutto peculiare, secondo cui l’Amministrazione comunale “nel rispetto dei principi di ragionevolezza, buona fede ed affidamento, deve, dando consequenzialità ai propri atti, dare al procedimento una conclusione plausibilmente congrua, verificando, nell’ambito delle proposte pervenute, la possibilità di realizzazione dell’opera nei limiti del mutato quadro economico”.
Con le successive sentenze di esecuzione e con l’attività svolta dal Commissario ad acta che ne hanno dato in concreto effettuazione si è posta in essere un’attività che potrebbe ritenersi, se la questione pregiudiziale fosse risolta dalla Corte di Giustizia secondo la tesi del Comune di Bari e della stessa Commissione Europea che ha avviato, come detto, la procedura d’infrazione comunitaria, contrastante con la citata norma comunitaria.
Pertanto, potrebbe già in astratto porsi, come eccepito dal Comune di Bari nel presente procedimento, un problema di esatta perimetrazione degli effetti del giudicato, rendendo così rilevante la questione pregiudiziale comunitaria medesima.
Peraltro, è noto che, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, in sede di giudizio di ottemperanza il giudice amministrativo può esercitare cumulativamente, ove ne ricorrano i presupposti, sia poteri sostitutivi che poteri ordinatori e cassatori e può, conseguentemente, integrare l’originario disposto della sentenza con statuizioni che ne costituiscono non mera esecuzione, ma attuazione in senso stretto, dando luogo al c.d. giudicato a formazione progressiva (da ultimo, cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 2 febbraio 2011, n. 748; principio autorevolmente confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Pl., 15 gennaio 2013, n. 2, intervenuta dopo l’udienza di discussione ma prima della redazione del presente provvedimento).
Tale interpretazione giurisprudenziale, pur non suffragata da alcuna norma specifica di diritto positivo, costituisce diritto vivente; nondimeno l’eventuale esistenza di un giudicato non rende irrilevante la questione pregiudiziale comunitaria.
Infatti, la Corte di Giustizia UE ha ritenuto, in alcuni casi, che il giudicato formatosi nei singoli ordinamenti nazionali, in riferimento alla definitività di situazioni giuridiche contrastanti con il diritto comunitario, non è ostativa alla corretta applicazione del diritto comunitario al caso concretamente già oggetto del giudicato medesimo.
In relazione alla tesi della ricorrente Pizzarotti, che richiama indirizzi della giurisprudenza comunitaria nel senso che essa valorizzi il principio di certezza del diritto e, per corollario, l’intangibilità dei giudicati emanati dal giudici nazionali, il Collegio rileva che la Corte di Giustizia ha espressamente affrontato, risolvendola negativamente, la questione se il principio dell’autorità di cosa giudicata di cui all’art. 2909 c.c. possa essere invocato come motivo di impossibilità di recupero di un aiuto di stato dichiarato incompatibile dalla Commissione (Corte di Giustizia CE, sentenza del 18 luglio 2007, C-119/05, Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato c. Lucchini SpA).
Inoltre, la Corte di Giustizia ha stabilito, pur con alcune condizioni, che l’Amministrazione ha l’obbligo di agire in via di autotutela quando il provvedimento adottato contrasti con il diritto comunitario, restando indifferente l’esistenza di un giudicato di segno eventualmente diverso (In particolare, richiamandosi alla propria precedente giurisprudenza, Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 12 febbraio 2008, Kempter, causa C-2-06 e Corte di Giustizia CE 13 gennaio 2004, C-453-00, Kühne & Heitz).
Pertanto, nel caso di specie, si ritiene di dover anche sottoporre in via subordinata, ammesso che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, stabilisca che lo stipulando “contratto di locazione di cosa futura”, anche sotto la forma ultima suggerita di “atto di impegno a locare” o in tutte le forme proposte del Commissario ad acta nella sua relazione “equivalga ad un appalto di lavori, sia pure con alcuni elementi caratteristici del contratto di locazione” e, quindi, non possa essere compreso fra i contratti esclusi dall’applicazione della disciplina di evidenza pubblica secondo l’art. 16 DIR 2004/18/CE, la questione pregiudiziale se possa il giudice nazionale e, segnatamente, codesto Giudice remittente, ritenere inefficace il giudicato eventualmente formatosi sulla vicenda in oggetto, e descritto in parte narrativa, in quanto abbia consentito la sussistenza di una situazione giuridica contrastante con il diritto comunitario degli appalti pubblici.
Pertanto, anche in considerazione dell’avvio del procedimento di infrazione comunitaria come sopra descritto, il Collegio giudica rilevanti le seguenti questioni pregiudiziali dinnanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato CE e in relazione all’art. 23 dello Statuto della Corte di Giustizia, dell’art. 3 della l. 13 marzo 1958, n. 204, della Nota informativa riguardante le domande di pronuncia pregiudiziale da parte delle giurisdizioni nazionali, diramata dalla Corte di Giustizia e pubblicata sulla G.U.C.E. del 28 maggio 2011:
– “Se lo stipulando contratto di locazione di cosa futura, anche sotto la forma ultima suggerita di atto di impegno a locare equivalga ad un appalto di lavori, sia pure con alcuni elementi caratteristici del contratto di locazione e, quindi, non possa essere compreso fra i contratti esclusi dall’applicazione della disciplina di evidenza pubblica secondo l’art. 16 DIR 2004/18/CE”;
– “Se, in caso di pronunciamento positivo sul primo quesito, possa il giudice nazionale e, segnatamente, codesto Giudice remittente, ritenere inefficace il giudicato eventualmente formatosi sulla vicenda in oggetto, e descritto in parte narrativa, in quanto abbia consentito la sussistenza di una situazione giuridica contrastante con il diritto comunitario degli appalti pubblici e se sia quindi possibile eseguire un giudicato in contrasto con il diritto comunitario”.
5. Ai sensi della «nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali» 2011/C 160/01 in G.U.C.E. 28 maggio 2011, vanno trasmessi alla cancelleria della Corte mediante plico raccomandato in copia gli atti del giudizio, comprensivi della presente ordinanza nonché di tutte le sentenze parziali adottate dal Collegio e indicate nell’oggetto della presente ordinanza.
Deve, conseguentemente, disporsi la sospensione del presente giudizio in relazione a tutti gli aspetti ancora pendenti, in attesa della decisione della Corte di Giustizia, cui l’affare deve essere rimesso, restando impregiudicata ogni altra questione, anche sulle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le questioni pregiudiziali indicate in motivazione e, riservata ogni altra decisione, anche sulle spese, sospende il giudizio.
Dispone che il presente provvedimento, unitamente a copia degli atti di giudizio indicati in motivazione, sia trasmesso, a cura della Segreteria della Sezione, alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/04/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)