SULLA NOZIONE DI CONTRATTO A TITOLO ONEROSO E SULLA DISTINZIONE TRA UTILITÀ ECONOMICA E UTILITÀ FINANZIARIA

Anche un affidamento concernente servizi a titolo gratuito configura un contratto a titolo oneroso, soggetto alla disciplina del Codice dei contratti pubblici; la garanzia di serietà e affidabilità, intrinseca alla ragione economica a contrarre, infatti, non necessariamente trova fondamento in un corrispettivo finanziario della prestazione contrattuale, che resti comunque a carico dell’Amministrazione appaltante, ma può avere analoga ragione anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada ad essere generata dal concreto contratto.

REPUBBLICA ITALIAiNA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 294 del 2017, proposto da:
Comune di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Valerio Zimatore, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Angelo Secchi, 9;
contro
Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Catanzaro, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Catanzaro, Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Catanzaro, Ordine dei Geologi della Provincia di Catanzaro, Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Catanzaro, Collegio dei Periti Industriali e Periti Industriali Laureati della Provincia di Catanzaro, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Alfredo Gualtieri, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Cosco in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 88;
Consiglio Nazionale degli Ingegneri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Demetrio Verbaro, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Passeggiata di Ripetta, 16;
Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Colabianchi, Marco Antonucci, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alberto Colabianchi in Roma, via Oslavia 30;
Consiglio Nazionale dei Geologi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Daniela Jouvenal, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Daniela Jouvenal Long in Roma, Piazza di Pietra, 26;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO :SEZIONE I n. 02435/2016, resa tra le parti, concernente la DETERMINA DI APPROVAZIONE BANDO E DISCIPLINARE DI GARA DI PROCEDURA APERTA PER L’ AFFIDAMENTO DELL’ INCARICO PER LA REDAZIONE DEL PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI CATANZARO (PROT AGID N 20160009935 DEL 14/11/2016).

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Catanzaro, dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Catanzaro e dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Catanzaro e dell’Ordine dei Geologi della Provincia di Catanzaro e del Collegio dei Geometri e Geometri Laureati della Provincia di Catanzaro e del Collegio dei Periti Industriali e Periti Industriali Laureati della Provincia di Catanzaro e del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e del Consiglio Nazionale dei Geologi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2017 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Zimatore, Verbaro per sé e per delega di Gualtieri, Jouvenal e Colabianchi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1.- Il Comune di Catanzaro ha interposto appello avverso la sentenza 13 dicembre 2016, n. 2435 del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sez. I, che ha accolto il ricorso dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggistici e Conservatori, dell’Ordine degli Ingegneri, dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Catanzaro, dell’Ordine dei Geologi della Calabria, del Collegio dei Geometri e del Collegio dei Periti Industriali della Provincia di Catanzaro avverso i provvedimenti dirigenziali comunali dell’ottobre 2016 di approvazione del bando e del disciplinare di gara della “procedura aperta per l’affidamento dell’incarico per la redazione del piano strutturale del Comune di Catanzaro e relativo regolamento urbanistico”, nonché del capitolato speciale, ed ancora avverso la presupposta delibera di Giunta comunale del 17 febbraio 2016 con cui è stata condivisa la possibilità di formulare un bando contemplante incarichi professionali a titolo gratuito.
La delibera di Giunta, dando attuazione alla deliberazione consiliare n. 25 del 13 maggio 2015 disponente la predisposizione di un nuovo strumento urbanistico generale, rilevava l’assenza di copertura finanziaria per una spesa stimata in circa euro 800.000,00; e stabiliva, previo parere favorevole della Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, del 29 gennaio 2016, di formulare un bando che prevedesse incarichi professionali da affidare a titolo gratuito, delegando il dirigente del Settore Pianificazione Territoriale all’approvazione dello stesso.
Tali atti sono stati impugnati dagli indicati ordini professionali con il ricorso in primo grado, articolato in censure incentrate sull’illegittimità del bando di gara nella parte in cui ha previsto la natura gratuita del contratto di appalto di servizi, indicando, al punto 2.1 del bando, un corrispettivo pari ad euro uno, laddove l’appalto si caratterizza come contratto a titolo oneroso, sia nella disciplina del Codice civile, sia in quella dei contratti pubblici.
2. – La sentenza qui appellata ha accolto il ricorso, nell’assunto che si verta di un appalto di servizi (avente ad oggetto la “elaborazione, stesura e redazione integrale del piano strutturale del Comune di Catanzaro” in forma imprenditoriale) e che non è configurabile un appalto pubblico di servizi a titolo gratuito, ovvero atipico rispetto alla disciplina di cui al d.lgs. n. 50 del 2016.
3. – L’appello critica la sentenza deducendo motivi in rito (di inammissibilità del ricorso di primo grado) e nel merito, essenzialmente convergenti nell’allegazione dell’erroneità della sentenza gravata per avere individuato una corrispondenza tra onerosità dell’incarico professionale e garanzia dei requisiti di qualità dell’offerta, e dunque dell’appalto di servizi.
4. – Si sono costituiti in resistenza l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, l’Ordine degli Ingegneri, l’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Catanzaro, l’Ordine dei Geologi della Calabria, il Collegio dei Geometri, il Collegio dei Periti Industriali della Provincia di Catanzaro, il Collegio Nazionale degli Ingegneri, il Collegio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, il Consiglio Nazionale dei Geologi, chiedendo la reiezione dell’appello.
5. – Nella camera di consiglio del 9 marzo 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
1.-Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello, sollevata dal Consiglio Nazionale dei Geologi nell’assunto che il Comune di Catanzaro si sia limitato ad una mera reiterazione delle censure in primo grado.
L’appello evidenzia con chiarezza le specifiche censure sulle statuizioni in rito e nel merito della sentenza impugnata. La tipologia delle censure dedotte, convergenti in un dissenso di base sull’impianto motivazionale della prima sentenza, comporta che l’appellante abbia dovuto sollecitare al giudice di appello un vero e proprio riesame dei motivi originariamente formulati.
2.- Il primo motivo di appello, in rito, con cui si deduce l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso introduttivo, è infondato.
Anzitutto, sotto il profilo della tardività dell’impugnativa della deliberazione di Giunta municipale n. 33 del 17 febbraio 2016, atto presupposto della determinazione indittiva del bando, vale rilevare che la medesima è stata fatta oggetto di gravame in via cautelativa.
La delibera, nel recepire la proposta del dirigente del Settore Pianificazione Territoriale e PUC, si limita a «condividere la possibilità di formulare un bando che preveda incarichi professionali a titolo gratuito, delegando il Dirigente del Settore Pianificazione territoriale all’approvazione dello stesso con determinazione dirigenziale». Si tratta dunque di un atto, che, seppure presupposto, è privo di autonoma lesività, come si inferisce anche dal letterale tenore: poteva dunque, se del caso, essere impugnato solamente con il bando di gara, mediante il quale è divenuto attuale l’interesse al ricorso.
2.1.-L’eccezione di difetto di interesse e di legittimazione al ricorso degli Ordini e Collegi professionali è poi argomentata nella considerazione che la natura onerosa di un incarico professionale non è un interesse generalizzato ed omogeneo delle categorie professionali, ma solo di quei professionisti che considerano la retribuzione elemento indispensabile del rapporto d’opera intellettuale.
La sentenza bene ha evidenziato che va riconosciuta «la legittimazione ad agire dell’ordine professionale che faccia valere l’interesse omogeneo della categoria, anche se in concreto il provvedimento ritenuto lesivo sia ritenuto “vantaggioso” da singoli professionisti». La legittimazione attiva degli ordini professionali, enti esponenziali della categoria unitariamente considerata, va infatti affermata nei confronti di atti che si assumano lesivi dell’interesse istituzionale della categoria stessa (Cons. Stato, VI, 18 aprile 2012, n. 2208).
Appare difficilmente contestabile che il bando di indizione della gara per un appalto di servizi gratuito interferisce sugli interessi collettivi ed istituzionalizzati degli ordini professionali oggi appellati, e non tutela interessi di singoli iscritti o di gruppi di iscritti.
2.2.-Quanto, poi, all’inammissibilità per mancata notifica ai controinteressati, individuabili nell’ambito degli ordini e collegi professionali, vale rilevare che l’impugnazione di un bando di gara non ha controinteressati, posto che, per costante giurisprudenza, la qualifica di controinteressato richiede un requisito formale (usualmente dato dall’indicazione del nominativo nel provvedimento amministrativo impugnato) ed un requisito sostanziale (costituito dalla sussistenza di un interesse favorevole al mantenimento della situazione attuale definita dal provvedimento stesso).
3. – Il secondo e terzo, tematicamente centrali, motivi di appello censurano, con argomenti complementari, la sentenza che ha ritenuto non configurabile un appalto pubblico di servizi a titolo gratuito (finalizzato alla pianificazione urbanistica, e con rimborso delle sole spese previamente autorizzate dal RUP), e dunque (ha ritenuto) illegittima la relativa gara, in quanto non conforme al paradigma normativo dell’art. 3, comma 1, lett. ii), d.lgs. n. 50 del 2016, e inoltre perché inidonea a garantire la qualità dell’offerta e, ancora prima, a consentire una sua effettiva valutazione.
Per l’appello, l’ordinamento in generale in realtà non vieta una prestazione d’opera professionale a titolo gratuito a vantaggio di una pubblica Amministrazione, e neppure con riguardo al sistema dei contratti pubblici (nel cui ambito, del resto, è ammessa la sponsorizzazione). L’Amministrazione appellante aggiunge che la valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa dei professionisti è qui -necessariamente- avvenuta con la sola esclusione dell’elemento prezzo (pari a zero in tutte le offerte), che rappresenta il parametro proprio dell’offerta economica : vale a dire, è avvenuta circoscrivendo preventivamente lo spazio della valutazione all’offerta tecnica, e secondo i criteri comunque a tale scopo fissati dal disciplinare di gara alla pagina 16.
I motivi d’appello, ritiene il Collegio, sono fondati.
Il bando di gara qualifica l’”affidamento dell’incarico per la redazione del piano strutturale comunale del Comune di Catanzaro e relativo R.E.U.” alla stregua di un appalto di servizi, e, tra le “informazioni complementari” (punto VI.3), precisa che «l’appalto è a titolo gratuito. E’ prevista una somma totale di €. 250.000,00 comprensiva di IVA a solo titolo di rimborso spese per come indicato nel disciplinare di gara». Il capitolato speciale, all’art. 4, conferma : «si precisa che l’incarico è a titolo gratuito e che l’importo del rimborso di tutte le spese documentate e preventivamente autorizzate dal RUP, di qualunque genere ed in ogni caso dovute relative alle prestazioni da effettuare, sostenute dai professionisti costituenti il Gruppo di progettazione incaricato e dai propri consulenti e collaboratori per lo svolgimento dell’incarico affidato ammonta ad € 250.000,00, finanziati con fondi del bilancio comunale». Analogo contenuto si desume dal disciplinare di gara, il quale precisa che l’importo dell’appalto posto a base di gara è di euro 1,00, e che il costo della polizza assicurativa, riferita all’incarico professionale, rientra nel rimborso spese.
Il Collegio rileva che si tratta, anzitutto, di verificare se la legge consente la gratuità di un siffatto contratto : cioè se un contratto di prestazione di servizi (professionali), che preveda il solo (seppure ampio) rimborso delle spese contrasti o non contrasti con il paradigma normativo dell’appalto pubblico (di servizi), posto che l’art. 3 (definzioni), lett. ii), del d.lgs. 12 aprile 2016, n. 50 definisce gli “appalti pubblici” come «contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti e la prestazione di servizi», derivando queste connotazioni di onerosità dal diritto europeo.
In particolare, per gli appalti nei settori ordinari, la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, afferma:
– considerando (4): «La normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici non intende coprire tutte le forme di esborsi di fondi pubblici, ma solo quelle rivolte all’acquisizione di lavori, forniture o prestazioni di servizi a titolo oneroso per mezzo di un appalto pubblico».
– art. 2 (definzioni) n. 5): ««appalti pubblici»: contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi».
Occorre dunque chiarire la portata ed il significato, nei particolari contesti detti, dell’espressione «a titolo oneroso».
Va considerato che la nozione è replicata anche per le contestuali direttive 2014/23/UE e 2014/25/UE. L’intero settore degli appalti pubblici e delle concessioni è dunque caratterizzato da questa necessaria connotazione.
Ciò rilevato, si deve considerare che il fondamento della disciplina sui contratti pubblici riposa in principi generali del diritto dell’Unione Europea: il divieto di discriminazione in base alla nazionalità (art. 18 T.F.U.E.), le libertà di circolazione delle merci, di prestazione dei servizi, di stabilimento, e di circolazione dei servizi, le regole di concorrenza enucleate dall’art. 101 del T.F.U.E.. I contratti pubblici debbono perciò formarsi in un mercato concorrenziale e la loro disciplina è improntata alla concorrenza.
La caratterizzazione di “onerosità” appare da riferire a questa contestualizzazione al mercato di matrice europea; sembra muovere dal presupposto che il prezzo corrispettivo dell’appalto costituisca un elemento strumentale e indefettibile per la serietà dell’offerta, e l’inerente affidabilità dell’offerente nell’esecuzione della prestazione contrattuale. Al fondamento pare esservi il concetto che un potenziale contraente che si proponga a titolo gratuito, dunque senza curare il proprio interesse economico nell’affare che va a costosamente sostenere, celi inevitabilmente un cattivo e sospettabile contraente per una pubblica Amministrazione.
Il tema ha naturalmente diverse declinazioni, a seconda che riguardi contratti “attivi” (comportanti per l’Amministrazione un’entrata) o contratti “passivi” (comportanti per l’Amministrazione una spesa). Per quanto riguarda gli appalti pubblici, si verte in principio di contratti passivi e su questi occorre concentrare l’attenzione.
La par condicio tra partecipanti alla gara, presidio della concorrenzialità, è necessaria nel presupposto che la tutela della concorrenza rechi con sé la garanzia di efficienza del mercato.
In una tale prospettiva – osserva il Collegio – una lettura sistematica delle previsioni ricordate, con considerazione degli interessi pubblici immanenti al contratto pubblico e alle esigenze che lo muovono, induce a ritenere che l’espressione “contratti a titolo oneroso” può assumere per il contratto pubblico un significato attenuato o in parte diverso rispetto all’accezione tradizionale e propria del mondo interprivato. In realtà, la ratio di mercato cui si è accennato, di garanzia della serietà dell’offerta e di affidabilità dell’offerente, può essere ragionevolmente assicurata da altri vantaggi, economicamente apprezzabili anche se non direttamente finanziari, potenzialmente derivanti dal contratto.
La garanzia di serietà e affidabilità, intrinseca alla ragione economica a contrarre, infatti, non necessariamente trova fondamento in un corrispettivo finanziario della prestazione contrattuale, che resti comunque a carico della Amministrazione appaltante: ma può avere analoga ragione anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada ad essere generata dal concreto contratto.
Del resto, quanto alla ragione economica del contraente, la giurisprudenza da tempo ammette l’abilitazione a partecipare alle gare pubbliche in capo a figure del c.d. “terzo settore”, per loro natura prive di finalità lucrative, vale a dire di soggetti che perseguano scopi non di stretto utile economico, bensì sociali o mutualistici; a loro è stato ritenuto non estensibile il principio del c.d. “utile necessario” fondato sull’innaturalità ed inaffidabilità, per un operatore del mercato, di un’offerta in pareggio, perché contro il naturale scopo di lucro (Cons. Stato, V, 20 febbraio 2009, n. 1018 e n. 1030; VI, 16 giugno 2009, n. 3897; V, 10 settembre 2010, n. 6528; V, 13 luglio 2010, n. 4539; V, 26 agosto 2010, n. 5956; III, 9 agosto 2011, n. 4720; III, 20 novembre 2012, n. 5882; VI, 23 gennaio 2013, n. 387; III, 15 aprile 2013, n. 2056; V, 16 gennaio 2015, n. 84; III, 17 novembre 2015, n. 5249; III, 27 luglio 2015, n. 3685; V, 13 settembre 2016, n. 3855). Il fatto stesso della presenza di questa consolidata giurisprudenza dimostra che l’utile finanziario in realtà non è considerato elemento indispensabile dal diritto vivente dei contratti pubblici: e conferma l’assunto qui testé enunciato.
La circostanza che l’offerta senza prefissione di utile presentata da un siffatto tipo di soggetto non sia presunta, solo per questo, anomala o inaffidabile, e non impedisca il perseguimento efficiente di finalità istituzionali che prescindono da tale vantaggio stricto sensu economico, dimostra che le finalità ultime per cui un soggetto può essere ammesso a essere parte di un contratto pubblico possono prescindere da una stretta utilità economica.
E’ proprio per questo riguardo che è stato rilevato come non contrasti con la definizione di operatore economico contenuta nelle direttive europee la detta connotazione propria delle associazioni di volontariato.
A maggiore ragione, dunque, può esservi ammesso l’aspirante contraente cui si chiede di prescindere non già da un’utilità economica, ma solo da un’utilità finanziaria : perché l’utilità economica si sposta su leciti elementi immateriali inerenti il fatto stesso del divenire ed apparire esecutore, evidentemente diligente, della prestazione richiesta dall’Amministrazione.
Conseguenza di una tale considerazione è la preferenza, nell’ordinamento dei contratti pubblici, per un’accezione ampia e particolare (rispetto al diritto comune) dell’espressione «contratti a titolo oneroso», tale da dare spazio all’ammissibilità di un bando che preveda le offerte gratuite (salvo il rimborso delle spese), ogniqualvolta dall’effettuazione della prestazione contrattuale il contraente possa figurare di trarre un’utilità economica lecita e autonoma, quand’anche non corrispostagli come scambio contrattuale dall’Amministrazione appaltante.
L’assunto trova del resto conforto nella giurisprudenza europea, per la quale vale ricordare Corte Giust. U.E., 12 luglio 2011, in causa C-399/98 (Bicocca), a tenore della quale la direttiva 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, osta ad una normativa nazionale in materia urbanistica (art. 28 legge n. 1150 del 1942 e art. 12 legge reg. Lombardia n. 60 del 1977) che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla stessa direttiva. Detta sentenza, per quanto qui rileva, ha affermato (§§ 76 e ss.) che se si ha riguardo all’obiettivo della direttiva 93/37/CEE sugli appalti pubblici di lavori, la sua previsione secondo cui «gli appalti pubblici di lavori sono contratti a titolo oneroso» va interpretata “in modo da assicurare l’effetto utile della direttiva medesima”: infatti per attribuire a un contratto pubblico il carattere di oneroso non è necessario un esborso pecuniario, perché ad analogo rilievo funzionale assolve la realizzazione a scomputo di opere di urbanizzazione secondaria.
Quel ragionamento incentrato sul principio dell’effetto utile, che vuole che le disposizioni siano lette, di preferenza, nel senso di favorire il raggiungimento dell’obiettivo da esse prefissato, avvalora le considerazioni qui sopra svolte.
Del resto, non è inconferente rilevare che assume ormai particolare pregnanza nell’ordinamento, evidenziando il rilievo dell’economia dell’immateriale, la pratica dei contratti di sponsorizzazione, che ha per gli stessi contratti pubblici la disciplina generale nell’art. 19 del d.lgs. n. 50 del 2016 (cfr. art. 199-bis d.lgs. n. 163 del 2006), e una particolare applicazione nel settore dei beni culturali (art. 120 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42). La sponsorizzazione non è un contratto a titolo gratuito, in quanto alla prestazione dello sponsor in termini di dazione del denaro o di accollo del debito corrisponde l’acquisizione, in favore dello stesso sponsor, del diritto all’uso promozionale dell’immagine della cosa di titolarità pubblica: il motivo che muove quest’ultimo è l’utilità costituita ex novo dall’opportunità di spendita dell’immagine, cioè la creazione di un nuovo bene immateriale. Per l’Amministrazione è finanziariamente non onerosa  cioè passiva: non comporta un’uscita finanziaria – ma comunque genera un interesse economico attivo per lo sponsor, insito in un prodotto immateriale dal valore aggiunto che va a suo vantaggio. In altri termini: la circostanza che vi sia verso lo sponsor una traslazione meramente simbolica, cioè di immagine, della cosa di titolarità pubblica non può essere considerata come vicenda gratuita, ma va posta in stretta relazione, nei termini propri dell’equilibrio sinallagmatico, con il valore della controprestazione, vale a dire della dazione dello sponsor.
Con la sponsorizzazione si ha dunque lo scambio di denaro contro un’utilità immateriale, costituita dal ritorno di immagine.
L’utilità costituita dal potenziale ritorno di immagine per il professionista può essere insita anche nell’appalto di servizi contemplato dal bando qui gravato: il che rappresenta un interesse economico, seppure mediato, che appare superare – alla luce della ricordata speciale ratio – il divieto di non onerosità dell’appalto pubblico, e consente una rilettura critica dell’asserita natura gratuita del contratto di redazione del piano strutturale del Comune di Catanzaro.
L’effetto, indiretto, di potenziale promozione esterna dell’appaltatore, come conseguenza della comunicazione al pubblico dell’esecuzione della prestazione professionale, appare costituire, nella struttura e nella funzione concreta del contratto pubblico, di cui qui si verte, una controprestazione contrattuale anche se a risultato aleatorio, in quanto l’eventuale mancato ritorno (positivo) di immagine (che è naturalmente collegato alla qualità dell’esecuzione della prestazione) non può dare luogo ad effetti risolutivi o risarcitori.
Non vi è dunque estraneità sostanziale alla logica concorrenziale che presidia, per la ricordata matrice eurounitaria, il Codice degli appalti pubblici quando si bandisce una gara in cui l’utilità economica del potenziale contraente non è finanziaria ma è insita tutta nel fatto stesso di poter eseguire la prestazione contrattuale.
Il mercato non ne è vulnerato. Al tempo stesso, non si vede per quale ragione le dette considerazioni di economia dell’immateriale non possano essere prese in considerazione quando giovano, come qui patentemente avviene, all’esigenza generale di contenimento della spesa pubblica.
4. – Resta comunque l’esigenza della garanzia della par condicio dei potenziali contraenti, che va assicurata dalla metodologia di scelta tra le offerte.
E’ infatti il caso di rilevare che è per questa essenziale ragione che un tale contratto pubblico, per quanto “gratuito” in senso finanziario (ma non economico), non può che rimanere nel sistema selettivo del d.lgs. n. 50 del 2016: altrimenti, se ne fosse fuori, portando alle conseguenze un diverso ragionamento, l’Amministrazione appaltante potrebbe scegliere il contraente a piacimento, con ciò ingenerando un’evidente lesione della par condicio dei potenziali interessati al contratto proprio per quell’utile immateriale e ledendo gli stessi principi di derivazione eurounitaria del mercato concorrenziale che sono alla base delle commesse pubbliche.
La gratuità finanziaria, anche se non economica, del contratto si riflette infatti sulla procedura di selezione, che non può non esservi in concreto adattata.
La descritta concezione “debole” di «contratto a titolo oneroso» va dunque ulteriormente valutata in compatibilità con il d.lgs. n. 50 del 2016 anche per ciò che riguarda la procedura di scelta del contraente, improntata al criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che, di suo, si baserebbe sul miglior rapporto tra qualità e prezzo.
Ma la caratterizzazione che si è finora esaminata corrisponde fatalmente a una lex specialis del tutto particolare, che non può che riservare punti zero alla componente economica. Sicché il vaglio della domanda si esaurisce nella valutazione dell’offerta tecnica, in ipotetica criticità con la configurazione di tale criterio ad opera dell’art. 83 d.lgs. n. 50 del 2016.
Occorre dunque valutare la compatibilità di una siffatta tipologia contrattuale con le regole dell’evidenza pubblica ed i principi eurounitari, in particolare sotto il profilo della suscettibilità di adeguata valutazione delle offerte prive di un contenuto economico. Si tratta di una valutazione da svolgere in concreto ed ex ante.
A questo riguardo, osserva il Collegio che i criteri di aggiudicazione enucleati alle pagg. 16 e seguenti del disciplinare di gara, basati sulla componente tecnica (professionalità, adeguatezza dell’offerta, caratteristiche metodologiche dell’offerta), cui sono attribuiti novanta punti, e residualmente sul tempo, al quale sono riservati dieci punti, appaiono comunque sufficientemente oggettivi per una valutazione dell’offerta e non contrastano dunque con il rammentato art. 83. E’ questo, del resto, il solo modo in cui può essere inteso in un tal caso il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Un tale carattere sintetico e sincopato del criterio di aggiudicazione in concreto stabilito è infatti coerente con la delineata nozione di onerosità del concreto contratto, che impone un’applicazione adattata della disciplina del Codice degli appalti pubblici sui criteri di aggiudicazione.
4.1.- Occorre aggiungere, vista anche la riproposizione dei motivi assorbiti in primo grado da parte del Consiglio Nazionale degli Ingegneri e da parte dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, dell’Ordine degli Ingegneri ed altri della Provincia di Catanzaro, che nel caso di specie la scelta di questo contratto risulta presidiata, per l’assoluta particolarità della fattispecie, da un’attenta valutazione a monte in ordine alla necessarietà di pervenire al nuovo piano strutturale, oltre che della non (integrale) copertura in bilancio del costo stimato, anche nella misura minima, del compenso professionale.
Al contempo, il valore dell’appalto è stato parametrato al valore della prestazione, ad evitare l’elusione delle regole dell’evidenza pubblica.
Il ricorso ad un siffatto contratto è stato sottoposto al parere della Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, che, con atto 10 febbraio 2016, ha ritenuto, seppure con ragionamento diverso, che l’Amministrazione comunale può «procedere alla indizione di un bando pubblico per il conferimento di incarico gratuito di redazione del nuovo piano di sviluppo comunale, con la previsione del mero rimborso delle spese sostenute. Tuttavia, il bando dovrà integrare tutti gli elementi necessari per l’esatta individuazione del contenuto della prestazione richiesta, onde consentire la valutazione oggettiva degli elaborati tecnici che vengono così prodotti, senza pretesa di corrispettivo, dai tecnici interessati a prestare appunto gratuitamente la propria opera professionale».
5. – In conclusione, alla stregua di quanto esposto, l’appello va accolto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.
La complessità e novità della questione trattata costituisce motivo per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Paolo Troiano, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere, Estensore