Cass. penale, Sez, VI, 20 gennaio 2025, n, 2231 – Pres. Fidelbo, Rel Ricciarelli
La corruzione è autonomamente disciplinata ove la stessa concerna atti giudiziari.
L’art. 319-ter c.p. fa, a tal fine, riferimento ai fatti indicati negli articoli 318 e 319, commessi per favorire o per danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.
In tale ottica si è rilevato che costituisce “atto giudiziario” l’atto funzionale ad un procedimento giudiziario, sicché rientra nello stesso anche la deposizione testimoniale resa nell’ambito di un processo penale.
Ciò significa che Il patto corruttivo può aver ad oggetto anche la condotta di un testimone volta a favorire una parte in un processo.
Deve, dunque, ribadirsi che il delitto di corruzione in atti giudiziari, come più in generale il delitto di corruzione, postula l’acquisizione della veste di pubblico ufficiale da parte di uno dei soggetti dell’illecito accordo.
Prima di tale momento il delitto di corruzione non è configurabile cosicché non sono configurabili neppure indizi che possano assumere rilievo pregiudicante.
Diventa così rilevante definire il momento dell’acquisizione della
qualità.
Per quanto sul punto si rinvengano pronunce non del tutto collimanti, si ritiene che nel quadro del vigente sistema processuale meriti piena condivisione l’assunto secondo cui debba darsi rilievo, al più tardi. al momento dell’ammissione della prova, a partire dal quale, a prescindere da quello della concreta ed effettiva citazione. Il testimone assume nel processo una specifica veste sulla base di un motivato provvedimento giudiziale, che vale a riconoscere la rilevanza del patrimonio conoscitivo del soggetto, che non può più dirsi rimesso alla disponibilità di una parte, tanto da imporre. se del caso. il consenso delle altre parti o il provvedimento motivato di revoca In caso di rilevata superfluità, agli effetti dell’art. 495, commi 4 e 4-bis cod. proc. pen.
Mentre nel vecchio sistema la qualità di pubblico ufficiale veniva acquisita al momento della “citazione” da parte del giudice, nel nuovo tale qualità si acquisisce al momento in cui il giudice, dopo avere valutato la domanda, abbia ritenuto la ammissibilità della prova e disposto la citazione del teste a norma dell’art. 398 c.p.p. nella fase delle indagini preliminari, a norma dell’art. 468 nella fase predibattimentale, e a norma dell’art. 495 nella fase dibattimentale, nella ipotesi di presentazione diretta del testi ex comma 3 dell’art. 468″.
Deve escludersi che assuma rilievo dirimente il momento in cui sia disposta l’effettiva citazione del teste, giacché la veste di pubblico ufficiale si correla al ruolo che almeno dal dell’ammissione delle prove viene attribuito al soggetto.
Nel contempo è inconferente, che dopo tale momento gli accordi avessero trovato attuazione attraverso le periodiche erogazioni o la serie di altre utilità va infatti rilevato che, se del caso, tali condotte sarebbero valse ad Inverare gli accordi e a conferire agli stessi la natura corruttiva, che, tuttavia, prima dell’assunzione della veste qualificata gli stessi non potevano avere.
Orbene, deve sul punto rilevarsi come il delitto di corruzione in atti giudiziari riferito al soggetto da escutere come teste non implichi necessariamente che nel patto illecito sia dedotta la falsa testimonianza volta a favorire il corruttore, essendo sufficiente che venga prospettata una condotta inerente alla veste del pubblico ufficiale, che parimenti sia idonea a favorire o danneggiare una parte secondo gli auspici del corruttore: tale condotta ben può essere, in teoria, costituita dal fatto di sottrarsi indebitamente all’esame, per sfuggire In tal modo alla verità ed evitare di pregiudicare il corruttore.
L’art. 377 cod. pen. prevede la sanzione penale solo nei confronti di chi offra o prometta denaro o altra utilità a soggetto di cui è stata autorizzata la citazione come teste o di cui è stata disposta l’ammissione come teste, al fine di indurlo a rendere falsa testimonianza, sempreché l’offerta o la promessa non vengano accettate, ovvero, nel caso in cui siano accettate, la falsità non venga commessa.
Viene in rilievo un elemento negativo della fattispecie, che da un lato vale ad inquadrare il delitto nel novero dei reati di pericolo (la compromissione del corretto andamento dell’amministrazione della giustizia) e dall’altro spiega la ragione per cui la sanzione sia prevista solo a carico dell’induttore e non invece anche a carico del soggetto indotto, neppure quando lo stesso abbia inizialmente accettato l’offerta o la promessa.
Correlativamente, essendo contemplata dall’art. 377 cit. non solo l’ipotesi dell’induzione unilaterale ma anche quella dell’accettazione, Implicante la conclusione di un accordo finalizzato alla falsa testimonianza, deve convenirsi che la sovrapposizione delle fattispecie concerne anche la fase dell’accordo che, coinvolgendo il testimone, riguarda per ciò stesso il pubblico ufficiale.
Tale sovrapposizione non può implicare la contemporanea applicabilità delle due norme, in quanto le stesse sono riferite allo stesso tipo di intesa illecita e in quanto si registra una sovrapposizione anche del bene giuridico protetto (il pregiudizio all’amministrazione della giustizia si Invera sotto il profilo del potenziale inquinamento dell’accertamento giudiziale e dunque dell’attività giudiziaria in funzione del vantaggio o del danno di una parte del processo).
Né potrebbe farsi luogo ad un’applicazione disgiunta, ritenendo configurabile l’ipotesi dì cui all’art. 319-ter a carico del corrotto e l’ipotesi di cui all’art. 377 a carico dell’induttore, posto che tale norma esclude implicitamente la punizione del soggetto cui si rivolge l’attività induttiva e prevede una sanzione, a rigore, ingiustificatamente inferiore rispetto a quella prevista dall’art. 319-ter
Sembra, Invece, che debba prendersi atto della riferibilità delle due norme alla stessa materia e che in tale prospettiva debba applicarsi il principio di specialità di cui all’ art. 15 cod. pen., dando rilievo ai profili struttura li delle due fattispecie.
Nella medesima prospettiva può rimarcarsi che, se il delitto di corruzione si perfeziona con l’accordo in varia guisa finalizzato, l’ipotesi di cui all’art. 377 cod. può parimenti Implicare un accordo finalizzato alla falsa testimonianza. salva la previsione della punizione del solo induttore, alla condizione che Il fine della falsa testimonianza non sia conseguito: ed allora il profilo specializzante finisce per essere costituito proprio dall’elemento negativo già in precedenza posto in evidenza, potendosi solo alla luce della verifica della finalizzazione e del suo esito sciogliere il dilemma in ordine alla configurabilità di un reato unilaterale o di un reato bilaterale, integrato per effetto dell’accordo, ma riconoscibile e destinato ad assumere autonomo rilievo, in aggiunta alla falsa testimonianza, una volta escluso l’elemento negativo specializzante.
Deve ulteriormente chiarirsi come la sovrapposizione tra le fattispecie sia configurabile ove l’accordo concerna la falsa testimonianza e non la violazione di altri doveri gravanti sul testimone.