IN ATTESA DELLE SEZIONI UNITE (E IN DISSENSO CON L’ORDINANZA DI RIMESSIONE) LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI RINVIA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA LA QUESTIONE DELL’INCIDENZA DELLA MANIPOLAZIONE DELL’EURIBOR SULLA VALIDITA’ DEI MUTUI A TASSO VARIABILE

Corte d’Appello di Cagliari 24 gennaio 2025

 

Va rimessa alla Corte di giustizia dell’UE la quesitone se alla luce del disposto dell’art. 16 c. 1 Reg. CE n. 1/2003, la prova delle manipolazioni dell’Euribor, come accertate nelle decisioni della Commissione e nella sentenza della Corte di Giustizia, debba ritenersi definitivamente raggiunta anche per le giurisdizioni nazionali e se la restrizione della concorrenza oggetto delle pronunce della Commissione e della CGUE costituisca intesa vietata dall’art. 101 TFUE soltanto nel mercato dei derivati o in qualunque mercato sia stato impiegato il parametro Euribor manipolato.

Osserva il giudice del rinvio che sarebbe contraddittorio ipotizzare che i dati forniti per la determinazione dell’Euribor nel periodo dell’accertata manipolazione possano essere utilmente richiamati in un qualsiasi mercato, tra cui quello dei mutui a tasso variabile.

Ritenere, infatti, che il secondo comma dell’art. 101 TFUE abbia ad oggetto soltanto la censura alla pratica anticoncorrenziale e non produca effetti a cascata sui rapporti negoziali che recepiscono il frutto dell’accordo vietato, ne svilirebbe la portata deterrente e ridurrebbe il divieto a mero precetto astratto, poiché sarebbe proprio l’impiego dei dati distorti a concretare gli effetti anticoncorrenziali del mercato.

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
con la quale è sollevato rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, 23 Statuto della Corte.

1. Con sentenza n. 15/2023 il Tribunale di Oristano rigettava le domande proposte da OMISSIS nei confronti di OMISSIS per ottenere la rideterminazione della somma dovuta a titolo di interessi corrispettivi dovuti sul mutuo fondiario a tasso variabile stipulato tra le parti in data 15-12-2005, e rinegoziato il 20-02-2015 in n. 241 rate mensili, e accertare di conseguenza il controcredito a favore del mutuatario (v. conclusioni rassegnate dall’attore in primo grado).

1.1 L’attore denunciava la nullità per indeterminatezza e inaffidabilità di alcune clausole del contratto dedotto in giudizio, tra le quali – per quel che qui interessa – quella contenente la determinazione del tasso di interesse corrispettivo mediante rinvio al parametro Euribor.

1.2 II Tribunale, preso atto della rinuncia dell’attore alla domanda di accertamento del carattere usurario del tasso pattuito, riteneva che il saggio degli interessi corrispettivi convenuto in contratto (inizialmente previsto in misura pari al 3,60% con adeguamento dal semestre solare successivo al tasso risultante dalla somma di una quota fissa dell’1,50% e di una quota variabile costituita dal tasso mensile di 1/12 del tasso Euribor a sei mesi moltiplicato per i giorni effettivi del semestre di applicazione, diviso per 360) fosse determinato e rispettoso della normativa di settore.

In particolare, riconosciuta la determinabilità dell’oggetto anche nell’ipotesi di rinvio ad elementi esterni al contratto purché prestabiliti e obiettivamente individuabili, il primo giudice osservava che il tasso variabile rispondeva a criteri predeterminati, sottratti alla discrezionalità dell’istituto mutuante, così da escludere qualsiasi profilo di nullità del contratto.

1.3 Avverso tale decisione il sig. OMISSIS ha proposto impugnazione, deducendo, tra le altre censure, l’erronea valutazione dell’impiego del parametro Euribor nella convenzione di interessi a fronte della sua artificiosa manipolazione – essendo provata la condotta illecita di alcune banche costituite in cartello diretta ad alterarne il valore, come accertato dalla Commissione Europea Antitrust nelle decisioni del 4-12-2013 e del 7-12-2016 – in violazione dell’art. 101 TFEU, con conseguente nullità ex artt. 1346-1418 c.c. della clausola che lo recepiva.

1.4 Nelle more della trattazione del procedimento, fissato per la rimessione della causa a decisione all’udienza del 26-03-2026, l’appellante ha sollecitato la domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE, in ordine alla quale è stata fissata udienza collegiale di discussione in contraddittorio con la controparte.

All’udienza del 13-12-2024 l’appellante ha insistito nella richiesta di rinvio e l’appellata si è opposta, obiettando che il mutuo in questione era stato rinegoziato nel 2015 e che in primo grado l’attore non chiedeva la restituzione di somme indebite.

La Corte si è riservata di decidere.

2. Parte appellante ha sollecitato la sottoposizione alla CGUE di un quesito interpretativo dell’art. 101 TFUE, ritenuto rilevante per la decisione della presente causa, nella quale era domandata la declaratoria di nullità della clausola del contratto di mutuo contenente il richiamo al parametro Euribor nonché la rideterminazione del piano di ammortamento, imputando a capitale le somme pagate in eccesso a titolo di interessi di modo che il controcredito opponibile al creditore producesse effetto anche sulla successiva rinegoziazione.

Ha altresì sollecitato la decisione della Corte di Giustizia sull’interpretazione delle decisioni rese dalla Commissione Europea Antitrust del 4/12/2013 e del 7/12/2016.

2.1 In primo luogo, l’appellante ha fatto riferimento al panorama giurisprudenziale di merito e alle sentenze rese dalla Suprema Corte di Cassazione in merito alla validità della clausola contenente il rinvio al parametro Euribor pubblicato nel periodo dal 29-09-2005 al 30-05-2008, questione che era stata oggetto di due pronunce della Commissione Europea Antitrust (del 4/12/2013 e del 7/12/2016, che si riferiscono al medesimo caso AT39914), la quale aveva sanzionato le banche componenti il Panel (B., D.B., Società G., R.J.M., H. e C.A.) per aver partecipato ad un cartello vietato dall’art. 101 TFUE allo scopo di conseguire profitti nel mercato dei derivati attraverso la manipolazione dei dati sull’Euribor.

2.2 In particolare, sono state richiamate le sentenze della Cassazione Civile n. 7678/2020 (sezione I), n. 34889/2023 (sezione III), n. 12007/2024 (sezione III) e l’ordinanza interlocutoria n. 19900/2024 (sezione I), con la quale sono stati rimessi gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite delle seguenti questioni:

– Se il contratto di mutuo contenente la clausola di determinazione degli interessi parametrata all’indice Euribor costituisca un negozio “a valle” rispetto all’intesa restrittiva della concorrenza accertata, per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, dalla Commissione dell’Unione Europea con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, o se, invece, indipendentemente dalla partecipazione del mutuante a siffatta intesa e dalla sua conoscenza dell’esistenza di tale intesa e dell’intenzione di avvalersi del relativo risultato, tale non sia, mancando il collegamento funzionale tra i due atti, necessario per poter ritenere che il contratto di mutuo costituisca lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzare e ad attuarne gli effetti;

– Se l’alterazione dell’Euribor a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi rappresenti una causa di nullità della clausola di determinazione degli interessi di un contratto di mutuo parametrata su tale indice per indeterminabilità dell’oggetto o piuttosto costituisca un elemento astrattamente idoneo ad assumere rilevanza solo nell’ambito del processo di formazione della volontà delle parti, laddove idoneo a determinare nei contraenti una falsa rappresentazione della realtà, ovvero quale fatto produttivo di danni.

2.3 Invero, la sezione rimettente – “tabellarmente competente per le controversie sia in materia di concorrenza e impresa in generale, sia in materia di contratti bancari”, pag. 6 ordinanza – ha ritenuto di non condividere l’interpretazione assunta dalla sezione terza nelle pronunce n. 34889 del 13 dicembre 2023 e n. 12007 del 3 maggio 2024. In particolare, ha dissentito dalla prima decisione, che ha considerato la sentenza della Commissione Europea Antitrust del 4-12-2013 prova privilegiata dell’accordo manipolativo della concorrenza nel procedimento instaurato per la declaratoria di nullità dei tassi manipolati, rilevando che le decisioni della Commissione Europea sono sì vincolanti per il giudice nazionale, ai sensi dell’art. 16, par. 1 Regolamento CE n. 1/2003, ma non costituiscono prova privilegiata; quanto alla seconda decisione – laddove affermava che, nel caso in cui il parametro esterno cui il contratto faccia riferimento sia alterato da una attività illecita posta in essere da terzi, lo stesso non è più in grado di esprimere la effettiva volontà negoziale delle parti – osservava che l’intesa restrittiva accertata dalla Commissione era finalizzata alla riduzione dei flussi di cassa che i partecipanti avrebbero dovuto pagare per gli EIRD e aveva dunque riguardato un mercato, quello degli EIRD, diverso da quello dei mutui a tasso variabile.

2.4 Al riguardo ha obiettato l’appellante che, proprio in virtù dell’art. 16 comma 1 Reg. CE n. 1/2003 (“Quando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell’artt. 81 o 82 del trattato che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione”) doveva ritenersi provata la manipolazione del parametro Euribor, oggetto degli accordi sanzionati, in tutti i mercati ove ne veniva fatta applicazione. E ciò in quanto non è la formazione di un’intesa a integrare la violazione della concorrenza bensì la sua esecuzione mediante la stipulazione dei contratti a valle che recepiscono il parametro manipolato.

2.5 L’appellante ha quindi dissentito dall’argomento esposto nell’ordinanza n. 19900/2024, insistendo sull’interesse degli utenti del singolo contratto – che contenga il rinvio al parametro Euribor manipolato – ad ottenere il riconoscimento della nullità di detto tasso in quanto frutto dell’intesa illecita, sul presupposto che il precetto di cui agli artt. 101 e 102 TFUE produce effetto indistintamente nella collettività, come del resto sancito dalla Corte di Giustizia nella sentenza 30-01-1974, causa 127/73.

Richiamando il testo dell’art. 101 TFUE – ricalcato dall’art. 2 della L. italiana n. 287 del 1990 – l’odierno appellante ha quindi sostenuto che dalla nullità dell’intesa programmata per la manipolazione discenda la nullità dei parametri manipolati e quindi la nullità della clausola contrattuale che li recepisca, come del resto argomentato nelle sentenze n. 34889/2023 e n. 12007/2024.

2.6 In questi termini l’appellante ha sollecitato l’iniziativa di cui all’art. 267 TFUE affinché la CGUE si pronunci sull’interpretazione dell’art. 101 del Trattato e chiarisca la portata di tale disposizione laddove stabilisce che “Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra stati membri e che abbiano per oggetto o per l’effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza ed in particolare quelli consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni della transazione… Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto”.

3. Come è noto, l’Euribor (acronimo di Euro Inter Bank Offered Rate) è il tasso elaborato sulla media delle quotazioni segnalate per operazioni interbancarie da un gruppo di banche europee (E., oggi E.). Si tratta cioè di un tasso medio ricavato dalle stime ritenute applicabili in impieghi a breve termine da un primario istituto europeo nei confronti di altro istituto primario, privo di riferimento a specifiche rilevazioni di transazioni. Ricevute le quotazioni, la T.R., cui è affidata la procedura di calcolo, provvede ad elaborare l’Euribor.

3.1 Con le decisioni 4-12-2013 e 7-12-2016 la Commissione Antitrust Europea aveva accertato un’infrazione unica e continuata nella condotta di certe banche appartenenti al panel per aver partecipato ad un cartello costituito allo scopo di alterare il procedimento di fissazione del prezzo di alcuni componenti dei derivati e quindi il rendimento medio Euribor pubblicato nel periodo dal 29-09-2005 al 30-05-2008, condotta consistita nell’aver comunicato e/o ricevuto preferenze per un settaggio a valore costante in dipendenza delle proprie posizioni commerciali o esposizioni, nell’essersi scambiate informazioni non di dominio pubblico sulle intenzioni per l’invio di futuri dati per l’Euribor, nell’aver allineato i dati da comunicare alle informazioni confidenziali ricevute, nell’essersi uniformati ad un livello specifico nella comunicazione dei dati, nell’aver comunicato alle altre banche la quotazione appena inoltrata all’E. o ancora prima di inviarla.

3.2 L’autorità antitrust riteneva che la manipolazione dei tassi Euribor avesse inciso sul normale andamento del mercato degli EIRD attraverso un innalzamento dell’Euribor allo scopo di favorire la circolazione dei prodotti derivati ad un prezzo falsato e ridurre anticipatamente il fattore di incertezza che sarebbe altrimenti stato presente nel mercato, lucrandone un forte guadagno una volta tornato l’Euribor a valori più bassi e così attuando una violazione del principio di libera concorrenza sancito dall’art. 101 TFUE.

3.3 In particolare, nell’identifica re le condotte vietate la Commissione faceva riferimento: a) allo scambio di preferenze per un settaggio a valore costante, basso o alto di certi valori Euribor; queste preferenze andavano a dipendere dalle proprie posizioni commerciali o esposizioni; b) allo scambio di informazioni dettagliate non di dominio pubblico sulle posizioni commerciali o sulle intenzioni per futuri invii di dati Euribor; c) all’accordo per allineare le proprie posizioni sui derivati sulla base delle condotte sopra descritte; d) all’accordo per allineare alcuno degli invii futuri di dati per l’Euribor sulla base delle informazioni ottenute attraverso le condotte precedenti; e) all’invio di dati Euribor che seguisse una determinata direzione o un livello specifico; f) all’anticipata diffusione tra i traders dei dati da comunicare all’agente calcolatore dell’Euribor. L’autorità antitrust affermava quindi che “i valori di riferimento che vengono riflessi nei prezzi EIRD si applicano a tutti i partecipanti a quel mercato e che i tassi pregiudizievoli hanno un’importanza fondamentale per l’armonizzazione delle condizioni finanziarie del mercato comune e per le attività bancarie degli stati membri”.

3.4 La decisione C (2013) 8512 final si era conclusa con l’accertamento della violazione dell’art. 101 TEDE a carico di alcune banche, che avevano chiesto il procedimento di transazione ai sensi dell’art. 10 bis del regolamento CE n. 773/2004.

3.5 Con la decisione C(2016) 8530 final del 7 dicembre 2016 la Commissione aveva accertato la medesima infrazione nei confronti delle società del gruppo H., in quanto partecipanti ad accordi e/o pratiche aventi lo scopo di falsare il corso normale delle componenti dei prezzi nel settore dei derivati sui tassi di interesse in euro indicizzati all’Euribor o all’EONIA.

3.6 L’impugnazione proposta delle società H. per l’annullamento dell’art. 1 e dell’art. 2, lett. b) della decisione del 2016 o, in subordine, per la riduzione della sanzione inflitta era stata accolta dal Tribunale dell’Unione Europea con sentenza del 24 settembre 2019 limitatamente all’art. 2, lett. b) e respinta nel resto. Con particolare riferimento alla sussistenza dell’infrazione per oggetto, il Tribunale aveva condiviso la decisione della Commissione circa il concerto di un piano di insieme finalizzato a restringere la concorrenza attraverso la creazione di un’asimmetria informativa, dal momento che i partecipanti conoscevano in anticipo, con una certa precisione, il livello al quale l’Euribor sarebbe stato fissato o doveva essere fissato dagli altri partecipi alla collusione

3.8 Con sentenza del 12 gennaio 2023 resa nel caso C-883/19 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha deciso sull’impugnazione proposta dalle società H. avverso la sentenza dal Tribunale UE, respingendo tra gli altri, per quel che qui interessa, il secondo motivo, con il quale era dedotto un errore di diritto nella qualificazione dell’oggetto della manipolazione (del 19-03-2007) come infrazione per oggetto ai sensi dell’art. 101 TFUE, affermando (par. 120) che “A tal riguardo, come emerge dalla giurisprudenza della Corte, una pratica concordata può avere un oggetto anticoncorrenziale sebbene sia priva di collegamenti diretti con i prezzi al dettaglio. Infatti, la formulazione dell’art. 101, par. 1 TFUE non consente di ritenere che siano vietate unicamente le pratiche concordate che abbiano effetti diretti sul prezzo pagato dai consumatori finali. Per contro, da tale art. 101, paragrafo 1, lettera a) TFUE si evince che una pratica concordata può avere un oggetto anticoncorrenziale qualora consista nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione”, (par. 121) “In ogni caso, l’art. 101 TFUE, come le altre regole in materia di concorrenza enunciate nel Trattato, non è destinato a tutelare soltanto gli interessi immediati di concorrenti o consumatori, bensì la struttura del mercato e, in tal modo, la concorrenza in quanto tale”.

3.9 Per effetto dell’accoglimento del primo e del terzo motivo, la Corte ha statuito definitivamente sulla controversia, confermando la qualificazione delle condotte come restrizione della concorrenza per oggetto.

4. A norma dell’art. 267 TFUE, il giudice di uno stato membro può rivolgersi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea qualora reputi necessaria per la definizione del procedimento a lui sottoposto la decisione della Corte su una questione relativa all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione Europea.

4.1 Nel giudizio di secondo grado promosso dal sig. OMISSIS si controverte sulla validità della clausola del contratto di mutuo fondiario avente ad oggetto il tasso (variabile) di interesse corrispettivo, determinato in misura pari alla somma di una quota fissa dell’1,50% e di una quota variabile costituita dal tasso mensile di 1/12 del tasso Euribor a sei mesi moltiplicato per i giorni effettivi del semestre di applicazione, diviso per 360. Il contratto era stato stipulato nel 2005 e successivamente rinegoziato nel 2015 in 241 rate fino al 2035.

4.2 Secondo l’allegazione dell’attore, la manipolazione del parametro Euribor pubblicato nel periodo oggetto dell’infrazione contestata dalla Commissione Antitrust comporta la nullità in parte qua, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado, della clausola che la recepisce, con la conseguenza che il relativo credito da indebito comporterebbe la necessità di una diversa imputazione dei pagamenti eseguiti a capitale ed interessi e una rimodulazione del piano di ammortamento anche nel mutuo rinegoziato.

4.3 L’interpretazione del divieto contenuto nell’art. 101 TFUE, laddove statuisce “Gli accordi o decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto”, è questione di interesse generale, in quanto dirimente per la decisione di numerose controversie pendenti in ordine alla nullità della clausola contrattuale che richiami l’Euribor, pubblicato nel periodo 29-09-2005/30-05-2008, per la determinazione del tasso di interesse variabile, anche se inserita in contratti con programmazione di durata stipulati in data antecedente alla accertata pratica anticoncorrenziale.

D’altronde, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 2207 del 2005), affrontando il tema della legittimazione del consumatore a proporre azione di nullità per paralizzare gli effetti di un’intesa vietata dalle norme a tutela della concorrenza, affermavano il seguente principio: “La legge antitrust 10-10-1990 n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque vi abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto di poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall’altro, che il cosiddetto contratto a valle costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. Pertanto, siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall’ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto ex art. 2043 cod. civ., il consumatore finale, che subisce un danno da una contrattazione che non ammette alternative per l’effetto di una collusione a monte, ha a propria disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della collusione, l’azione di accertamento della nullità dell’intesa e di risarcimento del danno di cui all’art. 33 della L. n. 287 del 1990”.

4.4 Non è fuor d’opera richiamare anche la decisione resa dalla Suprema Corte a Sezioni Unite (n. 41994/21) in materia di fideiussioni omnibus conformi al modello ABI dichiarato in parte qua anticoncorrenziale dal Provv. n. 55 del 2005 della B.D.. Per quel che qui interessa e tenendo conto che in quel caso la pratica anticoncorrenziale aveva comportato l’adozione di clausole standard nei contratti a valle, geneticamente viziate, il principio di diritto adottato dalle Sezioni Unite spiega che la destinazione ad una pluralità di operatori di condizioni contrattuali in violazione della L. n. 287 del 1990 altera la libertà del mercato non solo per l’attività imprenditoriale, ma anche per i consumatori, in quanto abbassa il livello qualitativo delle offerte rinvenibili erodendo la libera scelta; la tutela accordata dall’ordinamento – prosegue la Corte -, in quanto intende scongiurare la distorsione della concorrenza, in qualsiasi modo attuata, non può essere limitata all’azione risarcitoria posto che “la nullità dell’intesa a monte si riverbera sul contratto stipulato a valle, che ne costituisce un conseguenziale effetto, tanto da legittimare anche un’azione di ripetizione di indebito fondata sulla nullità del contratto medesimo”. Richiamando una precedente pronuncia a sezioni unite, ha soggiunto: “il consumatore, che è l’acquirente finale del prodotto offerto al mercato, chiude la filiera che inizia con la produzione del bene. Pertanto la funzione illecita di una intesa si realizza per l’appunto con la sostituzione del suo diritto di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente. E ciò quale che sia lo strumento che conclude tale percorso illecito. A detto strumento non si può attribuire un rilievo giuridico diverso da quello della intesa che va a strutturare, giacché il suo collegamento funzionale con la volontà anti-competitiva a monte lo rende rispetto ad essa non scindibile. In altri termini – stante il collegamento funzionale con la volontà anti-competitiva a monte – ai contratti a valle non può attribuirsi un rilievo giuridico diverso rispetto all’intesa che li precede: nulla essendo quest’ultimo, la nullità non può che inficiare anche l’atto conseguenziale”.

4.5 In quest’ottica di “vasi comunicanti” tra la pratica anticoncorrenziale e i singoli negozi che ne concretino gli obiettivi, è appena il caso di osservare che soltanto l’azione di nullità (o la relativa eccezione in un procedimento avente ad oggetto la determinazione del quantum dovuto), rispetto ad una iniziativa risarcitoria, realizza appieno la tutela accordata al consumatore finale del prodotto, ponendolo al riparo dagli effetti dell’intesa vietata.

4.6 Pronunciandosi sugli effetti che l’Euribor frutto di intesa nulla avrebbe sui contratti di mutuo stipulati dai consumatori finali, la Cassazione (sentenza n. 34889/2023; cfr. conf. n. 4001/2024) ha ricordato che la giurisprudenza di legittimità aveva già affermato che le intese vietate dalla legge antitrust non consistevano soltanto in accordi in senso tecnico ma anche in comportamenti non contrattuali o non negoziali (n. 827/1999: “da ciò consegue che, allorché l’articolo in questione stabilisce la nullità delle intese non abbia inteso dar rilevanza esclusivamente all’eventuale negozio giuridico originario postosi all’origine della successiva sequenza comportamentale, ma a tutta la più complessiva situazione – anche successiva al negozio originario – la quale – in quanto tale – realizzi un ostacolo al gioco della concorrenza”), di talché la decisione del 4-12-2013 della Commissione Antitrust doveva considerarsi prova privilegiata a supporto della domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi manipolati e alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, a prescindere dal fatto che la banca avesse o no partecipato all’intesa illecita “giacché raggiunta dal divieto di cui all’art. 2 della L. n. 287 del 1990 è qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte (Cass. 12/12/2017 n. 29810)”.

4.7 Ponendosi il problema che le parti del contratto non siano consapevoli dell’alterazione del parametro utilizzato nella singola regolamentazione degli interessi, Cassazione n. 12007/2024 ha osservato “Non può, peraltro, trascurarsi che, anche se le parti del singolo contratto non siano consapevoli delle intese o pratiche illecite di terzi volte ad alterare il parametro esterno costituito dall’Euribor, qualora tali intese o pratiche abbiano effettivamente raggiunto, in concreto, il risultato dell’effetto manipolativo perseguito, applicando ugualmente quel parametro, nel suo valore falsato, il concreto regolamento di interessi resterebbe alterato, a danno di uno dei contraenti… Laddove, però, si accerti che il parametro richiamato sia stato alterato da una attività illecita posta in essere da terzi, viene meno il risultato, almeno parzialmente prevedibile, del meccanismo costituente il presupposto del riferimento al parametro esterno voluto dalle parti: è inevitabile, allora, concludere che esso non potrebbe ritenersi più in grado di esprimere la effettiva volontà negoziale delle parti stesse, almeno con riguardo alla specifica clausola che prevede il richiamo in questione, per tutto il tempo in cui l’alterazione del meccanismo esterno di determinazione del corrispettivo dell’operazione ha prodotto i suoi effetti”. Ha quindi affermato che si pone il problema della sostituzione “laddove il parametro esterno richiamato nel contratto, invece di venire oggettivamente meno, perché in radice non più esistente, divenga sostanzialmente inidoneo a costituire l’espressione della volontà negoziale delle parti (eventualmente anche solo per un determinato periodo), perché alterato nella sua sostanza, a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi, che siano tali da privarlo in radice delle caratteristiche per le quali le parti lo avevano richiamato nel contratto, quale presupposto del loro regolamento di interessi: in siffatta situazione, l’oggetto della clausola contrattuale, se il valore genuino e non alterato del dato di riferimento esterno non sia ricostruibile, sarà di impossibile determinazione e la clausola stessa dovrà ritenersi viziata da parziale nullità (originaria o sopravvenuta, a seconda dei casi), limitatamente al periodo in cui manchi il predetto dato. D’altra parte, applicare il parametro illecitamente alterato sarebbe palesemente contrario all’effettivo regolamento degli interessi voluto dalle parti, che hanno fatto riferimento a quel parametro proprio in virtù del suo ordinario – e non alterato – meccanismo di determinazione”.

4.8 In senso difforme si è espressa Cassazione sez. I n. 19900/2024 laddove ha affermato che la restrizione della concorrenza valutata dalla Commissione Antrust aveva riguardato soltanto il mercato dei derivati e non potrebbe produrre effetti nel mercato dei mutui a tasso variabile che facciano applicazione del parametro Euribor frutto dell’intesa illecita, con la conseguenza che detti contratti non potrebbero costituire lo sbocco dell’intesa vietata: “Essi, dunque, non costituiscono il mezzo di violazione della normativa antitrust, in quanto, come osservato, l’intesa illecita concerneva il mercato degli EIRD e ciò a prescindere da ogni considerazione in ordine alla conoscenza dell’esistenza dell’intesa illecita e/o dall’intenzione di avvalersi del relativo risultato oggettivo”; La I Sezione ha, inoltre, puntualizzato che le decisioni della Commissione Antitrust sono vincolanti, ma non costituiscono prova privilegiata.

5. La questione dell’interpretazione dell’art. 101 TUFE presenta interesse generale per l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione ed è rilevante per la decisione del giudizio pendente avanti questa Corte, iscritto al n. 151 del Ruolo Affari Contenziosi per l’anno 2023.

Con sentenza del 30 gennaio 1974 C-174/73 la Corte di Giustizia ha affermato il seguente principio: “Poiché, per loro natura, i divieti sanciti dagli artt. 85, paragrafo 1, e 86 sono atti a produrre direttamente degli effetti nei rapporti tra i singoli, detti articoli attribuiscono direttamente a questi dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare.

In tal modo i giudici nazionali sono in grado di garantire, su richiesta delle parti o d’ufficio, il rispetto delle regole di concorrenza a beneficio dei singoli. Inoltre, l’art. 85, paragrafo 2, consente loro di determinare, conformemente alla procedura nazionale applicabile, le conseguenze di diritto civile implicite nel divieto di cui all’art. 85”.

Analogo principio è stato affermato nella sentenza del 14-12-1993 C-319/82.

5.1 Tanto premesso, si rende necessario chiarire se, alla luce del disposto dell’art. 16 comma 1 Reg. CE n. 1/2003, la prova delle manipolazioni dell’Euribor, come accertate nelle decisioni della Commissione sopra indicate e nella sentenza Corte di Giustizia nella causa C-883/19, H.H. e altri contro Commissione, debba ritenersi definitivamente raggiunta anche per le giurisdizioni nazionali e se la restrizione della concorrenza oggetto delle pronunce della Commissione e della CGUE costituisca intesa vietata dall’art. 101 soltanto nel mercato dei derivati o in qualunque mercato sia stato impiegato il parametro Euribor manipolato.

5.2 Invero, sarebbe quantomeno contraddittorio ipotizzare che i dati forniti per la determinazione dell’Euribor nel periodo dell’accettata manipolazione possano essere utilmente richiamati in un qualsiasi mercato, tra cui quello dei mutui a tasso variabile.

D’altronde, ritenere che il secondo comma dell’art. 101 Trattato abbia ad oggetto soltanto la censura alla pratica anticoncorrenziale e non produca effetti a cascata sui rapporti negoziali che recepiscono il frutto dell’accordo vietato ne svilirebbe la portata deterrente e ridurrebbe il divieto a mero precetto astratto giacché è proprio l’impiego dei dati distorti a concretare gli effetti anticoncorrenziali del mercato.

In ragione di quanto sopra, questa Corte

P.Q.M.
RIMETTE

gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE, 23 Statuto Corte

SOSPENDE

Il procedimento di secondo grado n. 151/2023.

Conclusione
Così deciso in Cagliari, il 24 gennaio 2025.

Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2025.