A PROPOSITO DEGLI “EVENTI” PERTURBATIVI NEL DELITTO DI ATTI PERSECUTORI

Cass. penale, Sez. V, 21 gennaio 2021, n. 2555 – Pres. Miccoli, Rel. Riccardi

 

La prova del nesso causale tra la condotta minatoria o molesta e l’insorgenza degli eventi di danno alternativamente contemplati dall’art. 612 bis c.p. (perdurante e grave stato di ansia o di paura; fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto; alterazione delle abitudini di vita), non può limitarsi alla dimostrazione dell’esistenza dell’evento, né collocarsi sul piano dell’astratta idoneità della condotta a cagionare l’evento, ma deve essere concreta e specifica, dovendosi tener conto della condotta posta in essere dalla vittima e dei mutamenti che sono derivati a quest’ultima nelle abitudini e negli stili di vita (Sez. III, n. 46179 del 23/10/2013, Bernardi, Rv. 257632, in una fattispecie in cui è stato ritenuto che la pressione ossessiva esercitata dall’imputato su una donna che aveva manifestato l’intenzione di interrompere la relazione sentimentale e la ravvisata invasione della sua sfera privata non includessero “in re ipsa” la determinazione di un perdurante e grave stato di ansia o di paura, potendo cagionare altri e diversi stati psicologici, come per esempio una forte irritazione).

Se, ai fini della integrazione del reato di atti persecutori non si richiede l’accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 612 bis c.p. non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (art. 582 c.p.), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica, va nondimeno chiarito che gli eventi alternativi tipizzati dalla norma incriminatrice – e in particolare il “grave stato di ansia o di paura” – non possono essere obliterati mediante una elusione o una svalutazione probatoria (nell’accertamento) o mediante una interpretazione eccessivamente ampia e rarefatta, che riduca l’evento ad un mero fastidio, ad una irritazione, ad una insofferenza per le condotte dell’agente. La fattispecie incriminatrice, infatti, individua, quale uno dei tre eventi alternativi rilevanti. il “perdurante e grave stato di ansia o di paura”: deve, dunque, trattarsi di un turbamento significativo, che, oltre a dover essere “perdurante” e “grave”, attinga gli estremi dell’ansia o della paura; sicché non può integrare l’evento tipico del reato di atti persecutori una sensazione di mero fastidio, una irritazione, una insofferenza per le condotte dell’agente, pena la non consentita diluizione della tipicità della fattispecie incriminatrice e la potenziale strumentalizzazione della norma penale per il conseguimento di interessi sovente extrapenali.

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ordinanza emessa il 09/07/2020 il Tribunale della libertà di Napoli ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di P.A. e I.M. avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere applicativa della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa, in relazione al reato di atti persecutori ai danni della nuora D.L.G..

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di P.A. e I.M., Avv. Carlo De Stavola, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizi motivazione.

Lamenta, in particolare, il vizio di motivazione apparente, non avendo il Tribunale in alcun modo motivato in merito alle censure proposte, che riguardavano la idoneità delle condotte – quali la condotta della I. di pronunciare frasi minacciose e ingiuriose ad alta voce dal proprio appartamento al piano superiore, o il tentativo di spiare dalle finestre – ad ingenerare uno dei tre eventi alternativi previsti dall’art. 612 bis c.p., considerando l’età avanzata (72 anni I. e 78 P.), e lo stato di disabilità del P.. Invero, il fastidio o l’insofferenza per i comportamenti della I. non possono essere equiparabili agli eventi del reato di atti persecutori. Infine, l’ordinanza ha omesso di motivare sul concorso di persona di P., che non risulta essere stato neppure presente ai fatti.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è fondato.

2. L’ordinanza impugnata ha confermato la misura cautelare del divieto di avvicinamento nei confronti dei due odierni ricorrenti, suoceri della persona offesa, ritenendo che le condotte dei due anziani autori fossero di natura persecutoria e tali da ingenerare un grave stato di ansia o di paura nella persona offesa.

Giova al riguardo premettere che la vicenda si innesta su quella concernente l’ex marito di D.L.G., e figlio degli odierni ricorrenti, al quale era stata applicata la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalle persone offese (la ex moglie e le figlie minori); ne era conseguito l’allontanamento dall’abitazione familiare.

Ciò posto, gli odierni ricorrenti, genitori di P.G., avevano iniziato a porre in essere una serie di comportamenti molesti nei confronti della nuora, D.L.G., che aveva continuato a vivere, unitamente alle figlie, nell’abitazione familiare, nello stesso stabile ove dimoravano i suoceri; ritenendola responsabile dei problemi giudiziari del figlio, in particolare la I. aveva iniziato a pronunciare frasi minacciose e ingiuriose ad alta voce dal proprio appartamento ubicato al piano superiore, o aveva tentato di spiare dalle finestre dell’abitazione della persona offesa.

La motivazione dell’ordinanza impugnata appare tuttavia carente sotto un triplice profilo.

2.1. Innanzitutto, il Tribunale non ha approfondito la tipicità delle condotte contestate ai fini dell’integrazione del reato di atti persecutori, che richiede la reiterazione di molestie e minacce; appare, infatti, eccessivamente assertiva la connotazione di molestia e/o di minaccia attribuita ad espressioni, non meglio individuate, pronunciate mentre i due indagati si trovavano nella propria abitazione, e udite dalla persona offesa residente al piano inferiore, e priva di un approfondimento in merito alla effettiva capacità ‘persecutorià, che non può essere attribuita, in maniera generale e indistinta, a qualsivoglia manifestazione verbale, magari espressione di mero sfogo e generica disapprovazione.

2.2. In secondo luogo, il Tribunale non risulta avere motivato sulla idoneità, nè astratta, nè concreta, delle condotte contestate a determinare uno degli eventi alternativi previsti dall’art. 612 bis c.p., tenendo conto in concreto dell’età molto avanzata degli indagati e dello stato di disabilità del P..

2.3. Infine, l’ordinanza appare del tutto carente nella motivazione concernente uno degli elementi della fattispecie penale, l’evento cagionato dalle condotte persecutorie.

Invero, il Tribunale si limita ad evidenziare “una condotta funzionale ad ingenerare nella vittima uno stato di ansia e di paura” (p. 3), senza in alcun modo approfondire la sussistenza in concreto di un tale stato di ansia o di paura, e affermando, in maniera assertiva, una astratta idoneità delle condotte contestate a determinare l’evento.

Al riguardo, va rammentato che, ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori, è sufficiente la realizzazione anche di uno solo degli eventi alternativamente previsti dall’art. 612-bis c.p. (Sez. 5, n. 36139 del 04/04/2019, D, Rv. 277027), e che la prova dell’evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata (Sez. 5, n. 17795 del 02/03/2017, S, Rv. 269621).

Inoltre, la prova del nesso causale tra la condotta minatoria o molesta e l’insorgenza degli eventi di danno alternativamente contemplati dall’art. 612 bis c.p. (perdurante e grave stato di ansia o di paura; fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto; alterazione delle abitudini di vita), non può limitarsi alla dimostrazione dell’esistenza dell’evento, nè collocarsi sul piano dell’astratta idoneità della condotta a cagionare l’evento, ma deve essere concreta e specifica, dovendosi tener conto della condotta posta in essere dalla vittima e dei mutamenti che sono derivati a quest’ultima nelle abitudini e negli stili di vita (Sez. 3, n. 46179 del 23/10/2013, Bernardi, Rv. 257632, in una fattispecie in cui è stato ritenuto che la pressione ossessiva esercitata dall’imputato su una donna che aveva manifestato l’intenzione di interrompere la relazione sentimentale e la ravvisata invasione della sua sfera privata non includessero “in re ipsa” la determinazione di un perdurante e grave stato di ansia o di paura, potendo cagionare altri e diversi stati psicologici, come per esempio una forte irritazione).

Nel caso in esame, la gravità indiziaria del reato di atti persecutori è stata fondata su una affermazione apodittica ed assertiva, che, oltre a non avere approfondito la idoneità delle condotte contestate a causare l’evento, non ha neppure verificato il profilo concreto del turbamento psicologico in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui sono state consumate le condotte; il turbamento psicologico è stato ritenuto sussistente in re ipsa, sul mero piano dell’astratta idoneità della condotta a cagionare l’evento, ma senza tener conto, in concreto e specificamente, degli indici sintomatici del grave stato di ansia o di paura della persona offesa; in altri termini, non vi è menzione alcuna degli elementi sintomatici che avrebbero dimostrato la sussistenza dello stato di ansia e di paura della persona offesa, in tal senso non potendo ritenersi di per sè sufficienti le condotte reiterate di molestia (pure genericamente richiamate).

Giova, infine, aggiungere che, se, ai fini della integrazione del reato di atti persecutori non si richiede l’accertamento di uno stato patologico ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima, considerato che la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 612 bis c.p. non costituisce una duplicazione del reato di lesioni (art. 582 c.p.), il cui evento è configurabile sia come malattia fisica che come malattia mentale e psicologica (Sez. 5, n. 18646 del 17/02/2017, C, Rv. 270020), va nondimeno chiarito che gli eventi alternativi tipizzati dalla norma incriminatrice – e in particolare il “grave stato di ansia o di paura” – non possono essere obliterati mediante una elusione o una svalutazione probatoria (nell’accertamento) o mediante una interpretazione eccessivamente ampia e rarefatta, che riduca l’evento ad un mero fastidio, ad una irritazione, ad una insofferenza per le condotte dell’agente.

La fattispecie incriminatrice, infatti, individua, quale uno dei tre eventi alternativi rilevanti, il “perdurante e grave stato di ansia o di paura”: deve, dunque, trattarsi di un turbamento significativo, che, oltre a dover essere “perdurante” e “grave”, attinga gli estremi dell’ansia o della paura; sicchè non può integrare l’evento tipico del reato di atti persecutori una sensazione di mero fastidio, una irritazione, una insofferenza per le condotte dell’agente, pena la non consentita diluizione della tipicità della fattispecie incriminatrice e la potenziale strumentalizzazione della norma penale per il conseguimento di interessi sovente extrapenali.

2.4. Va, da ultimo, rilevato che l’ordinanza non chiarisce quale sia stato il contributo concorsuale ascrivibile al P., emergendo, dalla ricostruzione dei fatti sintetizzata dal Tribunale, che le espressioni e le condotte moleste e minacciose siano state pronunciate o poste in essere dalla I..

3. Ne consegue che l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Conclusione
Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021